GLI ULTIMI GIORNI DELLA STORIA DELLA CRESCITA
DI RAUL ILARGI MEIJER
theautomaticearth.com
Sto ragionando sulle similitudini tra una crisi finanziaria e, per esempio, una crisi familiare, la morte di una persona amata o di un caro amico, un divorzio, o un fallimento personale.
E mi chiedo perché nel caso della nostra recente (anzi attuale) crisi finanziaria, non lasciamo passare nei nostri mezzi di comunicazione, e nel nostro modo di pensare, nient’altro che l’idea di ripresa e di un ritorno alla crescita. Hanno sempre reagito tutti in questo modo dopo le precedenti crisi finanziarie – la storia ne è piena – o sta accadendo qualcosa di diverso?
Perché insistiamo a tornare su quello che avevamo una volta, anche se non abbiamo modo di sapere se mai potremo riaverlo? Perché non ci concentriamo – un po’ di più – su ciò che ci sta davanti, invece che su ciò che è alle nostre spalle? E’ perché amavamo così tanto ciò che avevamo? O c’è qualcos’altro?
Anche se noi amiamo molto ciò che è stato tanto importante per noi, arriva il momento di andare avanti, dopo ogni sventura, ogni morte in famiglia, ogni fallimento. E nel nostro intimo lo sappiamo bene. La vita non sarà mai la stessa, ma sarà ancora vita. E’ forse corretto dire che, in generale, la vita cambia, non si ripete. La vita cambia, noi cambiamo, ogni giorno, ogni istante, ogni millesimo di secondo.
Questo rifiuto di voltare pagina e scoprire che cosa c’è dall’altro lato, ha conseguenze enormi.
Ci lasciamo talmente sommergere dai nostri debiti, che è irragionevole ritenerli soltanto nostri, perché è drammaticamente evidente, anche se non lo ammetteremmo mai (forse troppo doloroso?), che non potremo mai onorarli. Lasciamo questo privilegio ai nostri figli, e alle generazioni che verranno dopo di loro.
Senza dubbio avremmo dovuto proteggerci da noi stessi, rendendo illegale e punibile per legge l’assumere un tale comportamento (qualcosa tipo i Servizi di Protezione dell’Infanzia). Facciamo invece la scelta di chiudere gli occhi su questo. Potremmo – dovremmo – ancora scrivere una simile legislazione, ma a quanto pare, l’attuale politica e l’attuale “pensiero” economico non faranno che esacerbare una situazione che è già molto peggiore di quanto sappiamo.
Il “senso comune” prevalente sembra essere quello che miracolosamente ci libereremo del giogo del pareggio di bilancio, idea probabilmente giustificata dal fatto che un ritorno alla crescita ha guadagnato lo statuto di una legge, vuoi della fisica, vuoi di una divinità di nostra scelta, crescita che conseguentemente farà sparire i debiti, così come si scioglie la neve del Kilimangiaro.
Il senso comune prevalente, come dovrebbe essere ovvio, è nel migliore dei casi una speranza, ma più realisticamente, pura fantasia, che è diventata il nostro principale, meglio dire unico, approccio alla crisi che stiamo vivendo. Se ci crediamo, i nostri leaders ci condurranno nel paradiso della crescita.
Ma che succede se questa è la fine della storia della crescita? Che succede se essa è ormai alle nostre spalle? Non è vero che la crescita è stata un fattore costante nelle vite dei nostri antenati. Non è vero che le leggi della fisica non pongono limiti alla crescita infinita. La crescita è qualcosa di transitorio, è una fase.
Quasi tutti abbiamo sentito parlare dei sette stadi del lutto: shock, rifiuto, rabbia, compromesso, colpa, depressione, accettazione. A che punto siamo nel percorso attraverso queste fasi, quando si tratta di crisi finanziaria, e di crescita? C’è solo uno stadio che anche remotamente sembra quello giusto: il rifiuto. Non siamo ancora nemmeno vicini allo stadio della rabbia, non quando si tratta di una vasta popolazione.
Semplicemente rifiutiamo che qualcosa sia davvero cambiato. E anche se si vuole pretendere che nulla è cambiato, nessuno può negare la possibilità che lo sia. Ed è esattamente ciò che si verifica: il rifiuto, dovunque ci si guardi intorno.
La cosa diversa che sta accadendo è che i nostri cervelli sono stati rapiti da chi (probabilmente non sempre in modo cosciente) cerca di rafforzare le proprie posizioni di potere politico e finanziario facendoci credere alla storia della crescita anche se da molto tempo – per quel che possiamo vedere – essa è finita. E’ questo il motivo per cui ascoltiamo solo la storia della crescita, ed ogni altro tipo di storia viene bandito.
E’ una forma di progresso, anche se non positiva. Le idee di Freud vengono (ab)usate per nascondere la realtà a noi stessi (per “vendere” il messaggio), mentre le idee di Keynes sono abusate per nascondere il fatto evidente che non si può comprare la crescita attraverso dei debiti che i nostri figli dovranno rimborsare. Semplicissimo, se ci si pensa.
Se sai vendere bene alla gente detergenti e presidenti, estrapolare delle idee è facile. E se quelle idee concernono l’economia, che nessuno conosce bene, e tutti gli esperti e la stampa accreditata inviano lo stesso messaggio nelle 24 ore, il cerchio si chiude. Ciò che resta allora sono siti come Automatic Earth ed altri, per trovare storie alternative, ma questo non può competere con una devastante propaganda.
Stiamo vedendo, stiamo vivendo, gli ultimi giorni della storia della crescita. Quando la classe dirigente deciderà di chiudere questa storia, state attenti. L’imperatore è un vecchio e brutto anatroccolo quando è nudo. Non lasciate che i vostri figli lo vedano.
Fonte: theautomaticearth.com
theautomaticearth.com
Sto ragionando sulle similitudini tra una crisi finanziaria e, per esempio, una crisi familiare, la morte di una persona amata o di un caro amico, un divorzio, o un fallimento personale.
E mi chiedo perché nel caso della nostra recente (anzi attuale) crisi finanziaria, non lasciamo passare nei nostri mezzi di comunicazione, e nel nostro modo di pensare, nient’altro che l’idea di ripresa e di un ritorno alla crescita. Hanno sempre reagito tutti in questo modo dopo le precedenti crisi finanziarie – la storia ne è piena – o sta accadendo qualcosa di diverso?
Perché insistiamo a tornare su quello che avevamo una volta, anche se non abbiamo modo di sapere se mai potremo riaverlo? Perché non ci concentriamo – un po’ di più – su ciò che ci sta davanti, invece che su ciò che è alle nostre spalle? E’ perché amavamo così tanto ciò che avevamo? O c’è qualcos’altro?
Anche se noi amiamo molto ciò che è stato tanto importante per noi, arriva il momento di andare avanti, dopo ogni sventura, ogni morte in famiglia, ogni fallimento. E nel nostro intimo lo sappiamo bene. La vita non sarà mai la stessa, ma sarà ancora vita. E’ forse corretto dire che, in generale, la vita cambia, non si ripete. La vita cambia, noi cambiamo, ogni giorno, ogni istante, ogni millesimo di secondo.
Questo rifiuto di voltare pagina e scoprire che cosa c’è dall’altro lato, ha conseguenze enormi.
Ci lasciamo talmente sommergere dai nostri debiti, che è irragionevole ritenerli soltanto nostri, perché è drammaticamente evidente, anche se non lo ammetteremmo mai (forse troppo doloroso?), che non potremo mai onorarli. Lasciamo questo privilegio ai nostri figli, e alle generazioni che verranno dopo di loro.
Senza dubbio avremmo dovuto proteggerci da noi stessi, rendendo illegale e punibile per legge l’assumere un tale comportamento (qualcosa tipo i Servizi di Protezione dell’Infanzia). Facciamo invece la scelta di chiudere gli occhi su questo. Potremmo – dovremmo – ancora scrivere una simile legislazione, ma a quanto pare, l’attuale politica e l’attuale “pensiero” economico non faranno che esacerbare una situazione che è già molto peggiore di quanto sappiamo.
Il “senso comune” prevalente sembra essere quello che miracolosamente ci libereremo del giogo del pareggio di bilancio, idea probabilmente giustificata dal fatto che un ritorno alla crescita ha guadagnato lo statuto di una legge, vuoi della fisica, vuoi di una divinità di nostra scelta, crescita che conseguentemente farà sparire i debiti, così come si scioglie la neve del Kilimangiaro.
Il senso comune prevalente, come dovrebbe essere ovvio, è nel migliore dei casi una speranza, ma più realisticamente, pura fantasia, che è diventata il nostro principale, meglio dire unico, approccio alla crisi che stiamo vivendo. Se ci crediamo, i nostri leaders ci condurranno nel paradiso della crescita.
Ma che succede se questa è la fine della storia della crescita? Che succede se essa è ormai alle nostre spalle? Non è vero che la crescita è stata un fattore costante nelle vite dei nostri antenati. Non è vero che le leggi della fisica non pongono limiti alla crescita infinita. La crescita è qualcosa di transitorio, è una fase.
Quasi tutti abbiamo sentito parlare dei sette stadi del lutto: shock, rifiuto, rabbia, compromesso, colpa, depressione, accettazione. A che punto siamo nel percorso attraverso queste fasi, quando si tratta di crisi finanziaria, e di crescita? C’è solo uno stadio che anche remotamente sembra quello giusto: il rifiuto. Non siamo ancora nemmeno vicini allo stadio della rabbia, non quando si tratta di una vasta popolazione.
Semplicemente rifiutiamo che qualcosa sia davvero cambiato. E anche se si vuole pretendere che nulla è cambiato, nessuno può negare la possibilità che lo sia. Ed è esattamente ciò che si verifica: il rifiuto, dovunque ci si guardi intorno.
La cosa diversa che sta accadendo è che i nostri cervelli sono stati rapiti da chi (probabilmente non sempre in modo cosciente) cerca di rafforzare le proprie posizioni di potere politico e finanziario facendoci credere alla storia della crescita anche se da molto tempo – per quel che possiamo vedere – essa è finita. E’ questo il motivo per cui ascoltiamo solo la storia della crescita, ed ogni altro tipo di storia viene bandito.
E’ una forma di progresso, anche se non positiva. Le idee di Freud vengono (ab)usate per nascondere la realtà a noi stessi (per “vendere” il messaggio), mentre le idee di Keynes sono abusate per nascondere il fatto evidente che non si può comprare la crescita attraverso dei debiti che i nostri figli dovranno rimborsare. Semplicissimo, se ci si pensa.
Se sai vendere bene alla gente detergenti e presidenti, estrapolare delle idee è facile. E se quelle idee concernono l’economia, che nessuno conosce bene, e tutti gli esperti e la stampa accreditata inviano lo stesso messaggio nelle 24 ore, il cerchio si chiude. Ciò che resta allora sono siti come Automatic Earth ed altri, per trovare storie alternative, ma questo non può competere con una devastante propaganda.
Stiamo vedendo, stiamo vivendo, gli ultimi giorni della storia della crescita. Quando la classe dirigente deciderà di chiudere questa storia, state attenti. L’imperatore è un vecchio e brutto anatroccolo quando è nudo. Non lasciate che i vostri figli lo vedano.
Fonte: theautomaticearth.com
Commenti