CASO CUCCHI, TUTTI ASSOLTI IN APPELLO!!!
Come è possibile che nessuno sia colpevole per la tragica morte di questo giovane?
Come è possibile che la maggioranza dei decessi di questo tipo non ricevono giustizia?
NON CI SONO PAROLE... solo tanta, tanta, tanta amarezza e tristezza...
VIVA SOLIDARIETA' alla famiglia di Stefano!
Staff nocensura.com
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Sono passati cinque anni dall'ottobre in cui il trentunenne, arrestato, morì con il volto e la schiena coperti di lividi all'ospedale Pertini di Roma. La corte in primo grado aveva assolto i poliziotti e condannato per omicidio colposo i medici. Ora sono stati tutti assolti per insufficienza di prove. In lacrime la madre
Di Francesca Siron - l'Espresso
Tutti assolti. Medici, infermieri e poliziotti. Per insufficienza di prove. Questa la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma nel processo di secondo grado per la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni arrestato il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma, con il volto, gli occhi e la schiena coperti di lividi, e lesioni ovunque. «Non ci arrenderemo mai finchè non avremo giustizia», hanno commentato i genitori, piangendo: «Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli. Noi vogliamo sapere esattamente chi siano i responsabili». «Per quale motivo sarebbe allora morto Stefano?», ha chiesto il padre, Giovanni: «Mio figlio era sano, non è possibile quello che è successo». «È una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta», ha pianto la madre, Rita Calore: «Lo Stato si è autoassolto. Per lui, unico colpevole sono le quattro mura».
Ilaria, la sorella, ha aggiunto, in lacrime: «La giustizia ha ucciso Stefano. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l'udienza di convalida del suo arresto per droga, e il giudice non vide che era stato massacrato». «Stefano», ha continuato: «si è spento da solo tra dolori atroci.Di sicuro andrò avanti e non mi farò frenare perché pretendo giustizia. Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita». Il legale di famiglia, Fabio Anselmo, ha già annunciato il ricorso: «Era quello che temevo», ha detto: «Vedremo le motivazioni, e poi faremo ricorso ai giudici della Suprema Corte».
In primo grado i giudici avevano condannato per omicidio colposo i medici e assolto i tre agenti che lo avevano avuto in custodia, scrivendo che Stefano era morto per una «sindrome di inanizione», ovvero per malnutrizione, e che i 5 medici e l'infermiere condannati avevano agito con «imperizia, imprudenza e negligenza». Oggi i giudici presieduti da Mario Lucio D’Andria, hanno assolto sia i medici (il primario del reparto detenuti del Pertini, Aldo Fierro, i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Silvia Di Carlo e Rosita Caponetti) che i tre infermieri e i tre agenti della polizia penitenziaria, per insufficienza di prove. «Sono veramente felice di questa sentenza», ha commentato uno degli infermieri assolti anche in secondo grado, Giuseppe Flauto: «Sono felicenon solo per me, ma anche per i medici del Pertini perché più volte è stato detto di loro che non erano degni di vestire il camice. Oggi c'è stata una giustizia vera; non era giusta la nostra assoluzione senza la loro».
Ilaria Cucchi in lacrime dopo la lettura della sentenza d'appello
«La verità la dicono le foto di mio fratello. È stato massacrato», aveva detto stamattina Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano: «Abbiamo di lui una foto segnaletica e le foto di quando ce l'hanno restituito, cadavere. Le ho guardate e riguardate tante volte. È stato massacrato. Ecco la verità».
Il procuratore generale Mario Remus aveva chiesto alla Corte di condannare tutti gli imputati. Due dei poliziotti, Nicola Minichini e Antonio Domenici, avevano chiesto allora di poter fare dichiarazioni spontanee, le prime dopo cinque anni di silenzio. «Siamo innocenti», avevano detto questa mattina.
«Dopo 25 anni di servizio», aveva letto Minichini: «riesco a riconoscere i segni dei pugni e posso dire che quei segni sotto gli occhi di Stefano Cucchi davano più l’impressione di una malattia, che non di pugni». «Sono innocente», aveva continuato il poliziotto: «ho solo avuto la sventura di avere effettuato il servizio in quel momento».
«Provo rispetto», aveva concluso: «per la famiglia Cucchi, per il loro dolore. Nessuno potrà mai dire che io abbia avuto un atteggiamento poco educato nei loro confronti in questi anni nonostante le accuse infamanti e le numerose interviste rilasciate. Tutti hanno espresso solidarietà alla loro famiglia ma per noi nessuna parola, solo un uragano di fango».
Alle richieste del procuratore si erano aggiunte durante il dibattimento quelle del legale della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo: «Chiediamo che venga annullata la sentenza di primo grado e che vengano restituiti gli atti alla procura: si è fatto un processo per lesioni senza aver prima contestato il reato di omicidio preterintenzionale», aveva detto l’avvocato stamattina: «Stefano Cucchi faceva pena perchè aveva la schiena ridotta in quelle condizioni. Il suo ricovero non è avvenuto per magrezza ma per politraumatismo e questo non dimentichiamolo. I periti hanno spiegato che le condizioni di Stefano hanno rallentato il meccanismo di guarigione e allora come si può sostenere che quelle lesioni non abbiano avuto delle conseguenze anticipandone la morte?».
«Cucchi», aveva aggiunto: «non era un tossicodipendente come è stato descritto, lo era nel 2003, ma in quei giorni svolgeva una vita del tutto normale come ci hanno riferito alcuni testimoni».
Intanto a Roma è stata approvata la mozione del gruppo Sel del Campidoglio per dedicare una piazza o una via della capitale a 'Stefano Cucchi, ragazzo". «Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre del 2009 per evidenti responsabilità istituzionalidurante la custodia cautelare conseguente al fermo di polizia» ha spiegato Gianluca Peciola, capogruppo Sel e primo firmatario della mozione votata: «A cinque anni dalla sua morte l'intitolazione di una piazza o di una via è un importante riconoscimento da parte dell'Assemblea Capitolina alle battaglie della famiglia per la verità e la giustizia».
«Quello che è accaduto a Stefano», ha aggiunto Peciola: «non deve succedere mai più. Nel nostro sistema carcerario devono trovare cittadinanza lo Stato di Diritto e il rispetto dei diritti umani. Questo atto serva da monito a quanti nelle nostre Istituzioni continuano a perpetrare la violenza nei confronti delle persone che sono prese in custodia».
Ma nemmeno questa battaglia è passata indenne alle polemiche dopo la sentenza d'assoluzione della Corte d'Assise d'Appello di Roma per tutti gli imputati al processo. Il presidente del sindacato di polizia Sap infatti ha chiesto «un immediato dietrofront del consiglio comunale di Roma che, su proposta di Sel, aveva addirittura approvato l'intitolazione di una piazza per Cucchi. Visto che il Campidoglio aveva negato la possibilità di una via per la Fallaci, ci auguriamo adesso una valutazione positiva per eroi veri, come Raciti.Attendiamo la risposta del sindaco Marino».
Fonte: espresso.repubblica.it
Come è possibile che la maggioranza dei decessi di questo tipo non ricevono giustizia?
NON CI SONO PAROLE... solo tanta, tanta, tanta amarezza e tristezza...
VIVA SOLIDARIETA' alla famiglia di Stefano!
Staff nocensura.com
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Sono passati cinque anni dall'ottobre in cui il trentunenne, arrestato, morì con il volto e la schiena coperti di lividi all'ospedale Pertini di Roma. La corte in primo grado aveva assolto i poliziotti e condannato per omicidio colposo i medici. Ora sono stati tutti assolti per insufficienza di prove. In lacrime la madre
Di Francesca Siron - l'Espresso
Tutti assolti. Medici, infermieri e poliziotti. Per insufficienza di prove. Questa la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma nel processo di secondo grado per la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni arrestato il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma, con il volto, gli occhi e la schiena coperti di lividi, e lesioni ovunque. «Non ci arrenderemo mai finchè non avremo giustizia», hanno commentato i genitori, piangendo: «Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli. Noi vogliamo sapere esattamente chi siano i responsabili». «Per quale motivo sarebbe allora morto Stefano?», ha chiesto il padre, Giovanni: «Mio figlio era sano, non è possibile quello che è successo». «È una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta», ha pianto la madre, Rita Calore: «Lo Stato si è autoassolto. Per lui, unico colpevole sono le quattro mura».
Ilaria, la sorella, ha aggiunto, in lacrime: «La giustizia ha ucciso Stefano. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l'udienza di convalida del suo arresto per droga, e il giudice non vide che era stato massacrato». «Stefano», ha continuato: «si è spento da solo tra dolori atroci.Di sicuro andrò avanti e non mi farò frenare perché pretendo giustizia. Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita». Il legale di famiglia, Fabio Anselmo, ha già annunciato il ricorso: «Era quello che temevo», ha detto: «Vedremo le motivazioni, e poi faremo ricorso ai giudici della Suprema Corte».
In primo grado i giudici avevano condannato per omicidio colposo i medici e assolto i tre agenti che lo avevano avuto in custodia, scrivendo che Stefano era morto per una «sindrome di inanizione», ovvero per malnutrizione, e che i 5 medici e l'infermiere condannati avevano agito con «imperizia, imprudenza e negligenza». Oggi i giudici presieduti da Mario Lucio D’Andria, hanno assolto sia i medici (il primario del reparto detenuti del Pertini, Aldo Fierro, i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Silvia Di Carlo e Rosita Caponetti) che i tre infermieri e i tre agenti della polizia penitenziaria, per insufficienza di prove. «Sono veramente felice di questa sentenza», ha commentato uno degli infermieri assolti anche in secondo grado, Giuseppe Flauto: «Sono felicenon solo per me, ma anche per i medici del Pertini perché più volte è stato detto di loro che non erano degni di vestire il camice. Oggi c'è stata una giustizia vera; non era giusta la nostra assoluzione senza la loro».
«La verità la dicono le foto di mio fratello. È stato massacrato», aveva detto stamattina Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano: «Abbiamo di lui una foto segnaletica e le foto di quando ce l'hanno restituito, cadavere. Le ho guardate e riguardate tante volte. È stato massacrato. Ecco la verità».
Il procuratore generale Mario Remus aveva chiesto alla Corte di condannare tutti gli imputati. Due dei poliziotti, Nicola Minichini e Antonio Domenici, avevano chiesto allora di poter fare dichiarazioni spontanee, le prime dopo cinque anni di silenzio. «Siamo innocenti», avevano detto questa mattina.
«Dopo 25 anni di servizio», aveva letto Minichini: «riesco a riconoscere i segni dei pugni e posso dire che quei segni sotto gli occhi di Stefano Cucchi davano più l’impressione di una malattia, che non di pugni». «Sono innocente», aveva continuato il poliziotto: «ho solo avuto la sventura di avere effettuato il servizio in quel momento».
«Provo rispetto», aveva concluso: «per la famiglia Cucchi, per il loro dolore. Nessuno potrà mai dire che io abbia avuto un atteggiamento poco educato nei loro confronti in questi anni nonostante le accuse infamanti e le numerose interviste rilasciate. Tutti hanno espresso solidarietà alla loro famiglia ma per noi nessuna parola, solo un uragano di fango».
Alle richieste del procuratore si erano aggiunte durante il dibattimento quelle del legale della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo: «Chiediamo che venga annullata la sentenza di primo grado e che vengano restituiti gli atti alla procura: si è fatto un processo per lesioni senza aver prima contestato il reato di omicidio preterintenzionale», aveva detto l’avvocato stamattina: «Stefano Cucchi faceva pena perchè aveva la schiena ridotta in quelle condizioni. Il suo ricovero non è avvenuto per magrezza ma per politraumatismo e questo non dimentichiamolo. I periti hanno spiegato che le condizioni di Stefano hanno rallentato il meccanismo di guarigione e allora come si può sostenere che quelle lesioni non abbiano avuto delle conseguenze anticipandone la morte?».
«Cucchi», aveva aggiunto: «non era un tossicodipendente come è stato descritto, lo era nel 2003, ma in quei giorni svolgeva una vita del tutto normale come ci hanno riferito alcuni testimoni».
Intanto a Roma è stata approvata la mozione del gruppo Sel del Campidoglio per dedicare una piazza o una via della capitale a 'Stefano Cucchi, ragazzo". «Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre del 2009 per evidenti responsabilità istituzionalidurante la custodia cautelare conseguente al fermo di polizia» ha spiegato Gianluca Peciola, capogruppo Sel e primo firmatario della mozione votata: «A cinque anni dalla sua morte l'intitolazione di una piazza o di una via è un importante riconoscimento da parte dell'Assemblea Capitolina alle battaglie della famiglia per la verità e la giustizia».
«Quello che è accaduto a Stefano», ha aggiunto Peciola: «non deve succedere mai più. Nel nostro sistema carcerario devono trovare cittadinanza lo Stato di Diritto e il rispetto dei diritti umani. Questo atto serva da monito a quanti nelle nostre Istituzioni continuano a perpetrare la violenza nei confronti delle persone che sono prese in custodia».
Ma nemmeno questa battaglia è passata indenne alle polemiche dopo la sentenza d'assoluzione della Corte d'Assise d'Appello di Roma per tutti gli imputati al processo. Il presidente del sindacato di polizia Sap infatti ha chiesto «un immediato dietrofront del consiglio comunale di Roma che, su proposta di Sel, aveva addirittura approvato l'intitolazione di una piazza per Cucchi. Visto che il Campidoglio aveva negato la possibilità di una via per la Fallaci, ci auguriamo adesso una valutazione positiva per eroi veri, come Raciti.Attendiamo la risposta del sindaco Marino».
Fonte: espresso.repubblica.it
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