Ombre sul (quasi) “beato” Paolo VI. “Legato a massoneria e servizi”
di Federico Prati - agerecontra.it
Il pentito di mafia Calcara: “Era
un massone, lui e il cardinale Macchi erano vicini a pezzi deviati dei
servizi segreti e di Cosa Nostra. E sull’omicidio Calvi…”
Calcara arriva a descrivere cinque diverse “entità“, che a suo dire sarebbero strettamente connesse e coinvolte in molti dei misteri e delle stragi che hanno afflitto la storia italiana del secondo dopoguerra. Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Massoneria, Servizi Segreti deviati e Chiesa (Conciliare): ecco le cinque entità di cui parla Vincenzo Calcara anche nel suo libro “Le cinque entità rivelate a Paolo Borsellino”.
Da sempre la Chiesa cattolica si considera inconciliabile con la massoneria. Ma, sul piano del potere temporale, le commistioni d’interessi e le frequentazioni con le logge segrete sono esistite, come prova il sodalizio finanziario tra monsignor Paul Casimir Markincus, patron dello Ior, e i piduisti Roberto Calvi e Michele Sindona.
Più volte e da più parti si è parlato di Paolo VI come di un massone. Don Villa, nemico giurato del cardinale Montini, scoprì che, sulla porta di bronzo della Basilica di San Pietro raffigurante lo stesso pontefice, Paolo VI era rappresentato con una stella a cinque punte sulla mano, vale a dire un pentalfa massonico, che fu poi prontamente rimosso.
Nel suo libro Calcara scrive che Paolo VI faceva parte “dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro quando era ancora cardinale”. Lui, insieme al cardinal Macchi, erano secondo Calcara in testa alla cosiddetta “Entità del Vaticano”, in grado di influenzare la vita politica ed economica italiana. Secondo quanto racconta Calcara lo stesso Vaticano ebbe un ruolo nella morte di Roberto Calvi, “attorno a cui vi erano dei Massoni collegati a Cosa Nostra”.
Calcara racconta di un incontro tra esponenti delle diverse entità: “Erano presenti tutti: Bernardo Provenzano, Francesco Messina Denaro, il vero braccio destro del Triumvirato della Commissione di Cosa Nostra, il potente uomo politico, il Cardinal Macchi, il notaio Albano, Francesco Nirta di San Luca… entrarono uno a uno come se stessero adempiendo a qualche prassi burocratica, per presenziare a una squallida cena ‘statale’, dove il potere era di casa (…) Dopo i soliti convenevoli, si misero attorno al tavolo accuratamente imbandito e iniziarono a parlare. Ricordo che quel giorno erano tutti incazzati con Calvi. Fra le altre cose il Cardinale Macchi, riferendosi al Dott. Calvi, pronunciò questa frase: ‘Gli ho garantito la mia protenzione facendo ricadere la colpa su Marcinkus, ma questo indegno non ha creduto! Lui è molto furbo”. “Con queste parole”, conclude Calcara, “si era decretata definitivamente la condanna a morte del Dott. Calvi”.
Fonte: agerecontra.it
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