Se Renzi volesse fare i miracoli per risolvere la crisi basterebbe avere una banca pubblica

Se Renzi volesse fare i miracoli per risolvere la crisi basterebbe avere una banca  pubblica
Di Magdi Cristiano Allam
Se veramente Matteo Renzi volesse diventare l’uomo dei miracoli per riuscire dove non non ce l’hanno fatta Berlusconi, Monti, Bersani e Letta, se per caso fosse alla ricerca della bacchetta magica per risolvere i problemi cronici dell’Italia che si trascinano sin dal 1981, sarebbe sufficiente che facesse una cosina piccina piccina, assolutamente lecita per la severissima Matrigna Europa, accettabile persino dalla cattivissima Maestrona Merkel e addirittura a costo zero: creare una banca pubblica. Con una qualsiasi banca pubblica chiunque, persino Renzi, potrebbe far risparmiare allo Stato almeno 65 miliardi sugli 85 miliardi di interessi che annualmente paghiamo per il debito pubblico.
Scopriamo subito che l’Italia, caso raro in Europa, non ha una sola banca interamente pubblica. La Cassa Depositi e Prestiti lo è all’80,1%, mentre la Banca d’Italia è al 94,33% privata, rappresentando il più sconvolgente caso di conflitto d’interessi in Italia, in quanto il controllore e il controllato sono lo stesso soggetto, di fronte a cui il conflitto d’interessi di Berlusconi fa sorridere, anche se chissà perché nessun magistrato se n’è finora accorto.
Nei prossimi giorni su iniziativa di Loris Palmerini, sistemista informatico, assistito da Marco Della Luna, avvocato, autore di CimitEuro e SbankItalia, coaudiuvato da Giovanni Zibordi, analista finanziario e Claudio Bertoni, imprenditore, verrà presentato alla Corte dei Conti un esposto denuncia contro i governi italiani per aver operato, privandosi di una banca pubblica, contro l’interesse dello Stato e contro il bene della popolazione.

La soluzione ai nostri guai, che da Ciampi a Dini ai tempi della lira e poi soprattutto con Monti è stata perseguita con la scure dell’austerità, è in realtà scritta nell’articolo 123 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Scopriamo che il governo italiano può tranquillamente creare una banca statale con cui finanziarsi al minor tasso d’interesse. La banca statale può accedere al prestito da parte della Banca Centrale Europea, anch’essa banca privata di diritto pubblico, al tasso dello 0,25% accordato alle banche commerciali, per poi prestarlo allo Stato a un tasso anche dell’1% rispetto alla media del 4% con cui lo Stato s’indebita con le banche commerciali.
Ciò che i governi e mezzi di comunicazione ci raccontano è che in Italia siamo rimasti senza soldi perché per decenni abbiamo speso più di quanto non ci saremmo potuti permettere, accumulando una montagna di debiti che impone a tutti noi di stringere la cinghia, accettare durissimi sacrifici, per far rientrare i conti. In realtà il problema non è la spesa pubblica, che rientra nella media europea, ma gli interessi sul debito che in negli ultimi trenta anni sono stati pari a 3.100 miliardi. È addirittura vero il contrario: l’Italia è il Paese al mondo che spende meno rispetto a quanto guadagna attraverso le tasse, registrando dal 1992 un avanzo di bilancio pari a 740 miliardi. Nonostante più di 20 anni di austerità lo Stato non è riuscito a ridurre il debito pubblico a causa dell’inarrestabile crescita degli interessi. L’Italia si è auto-condannata al suicidio costringendosi a indebitarsi con le banche per ripianare il debito, mentre fino al 1981 il debito era una semplice partita di giro tra il Tesoro e la Banca d’Italia, che riacquistava i titoli invenduti ad un tasso inferiore a quello dell’inflazione.
Con una banca pubblica che presterebbe denaro allo Stato al tasso dell’1% anziché del 4%, considerando che debito pubblico è di 2.000 miliardi, significherebbe arrivare a pagare interessi per 20 miliardi invece di 85 miliardi.
Ziboldi e Bertoni hanno rivolto un’interpellenza alla Banca Centrale Europea e il 14 gennaio 2014 hanno ricevuto una risposta positiva: “Il divieto di scoperto bancario e di altre forme di facilitazione creditizia in favore dei governi non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca Centrale Europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”; “Gli istituti di credito possono liberamente prestare i soldi ai governi o comprare i loro titoli di Stato, nonché prestare soldi a qualsiasi cliente”.
Noi il suggerimento a Renzi l’abbiamo dato. Se a questo punto anziché dar vita a una banca pubblica per avere denaro a un interesse risibile dovesse proseguire a indebitare lo Stato acquisendo il denaro a elevati interessi dalle banche private, facendo gravare il costo sui cittadini, vorrà dire che anche Renzi ha più a cuore le banche che non gli italiani.

Fonte: ioamolitalia.it

L'articolo è uscito anche su Il Giornale


 

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