L' ATTENTATO A PAPA WOJTYLA E LA MORTE DI PAPA LUCIANI
Nella primavera del 1981, mentre mi trovo a Milano, Michele Lucchese mi si avvicina e mi dice che deve assolutamente parlarmi di una cosa della massima importanza. “Enzo, questi sono gli ordini. Il 12 maggio devi prendere un treno per Roma. Stammi bene a sentire. Alla stazione Termini ci saranno due persone ad aspettarti al binario numero 3. Li conosci. Uno è Saverio Furnari, il Capo Decina della famiglia di Castelvetrano. Fa parte del “gruppo di fuoco”. L'altro è Vincenzo Santangelo. E' un uomo d'onore anche lui. E' il fratello di Lillo Santangelo, figlioccio del nostro capo assoluto Francesco Messina Denaro. Loro ti diranno il da farsi. Dovrai prendere in custodia due Turchi che ti saranno consegnati da un Bulgaro. Questo Bulgaro è una persona fidata e importante. Basta. Non posso anticiparti niente. Ti dico solo che nella Città Eterna sta per scoppiare una bomba che rimarrà nella Storia! Caro Enzuccio, preparati, so che non mi deluderai”.
Come concordato con Michele Lucchese, la sera del 12 maggio 1981 prendo il treno per Roma. Arrivato alla stazione Termini la mattina seguente, seguo alla lettera gli ordini e mi avvio al binario numero 3. Come mi era stato anticipato, Furnari e Santangelo sono lì ad aspettarmi sulla banchina. Vedo subito che non sono soli. Con loro c'è una persona che non conosco.
Furnari me lo presenta immediatamente. “Lui è Antonov, il Bulgaro. E' in rapporti stretti con la mafia turca e con Cosa Nostra. Sarà lui a dirti cosa devi fare. Ma prima andiamo a fare colazione”. Dopo aver preso un caffè, ci avviamo tutti e quattro verso piazza San Pietro.
Appena entrati nella piazza, Furnari mi si avvicina e mi sussurra all'orecchio: “Adesso ti metti completamente a disposizione di Antonov ed esegui alla perfezione tutto ciò che ti dice!”.
Guardo il Bulgaro. Sa già cosa deve dirmi. Mi indica un punto, proprio all'inizio della piazza: “Io e te ci incontreremo là questo pomeriggio”.
Dopo mangiato mi reco nel punto esatto indicatomi da Antonov. Saranno state più o meno le quattro del pomeriggio. Lui è lì che mi aspetta già da un pezzo. Ricordo che la piazza era già gremita di fedeli in attesa di vedere il Santo Padre. Il Bulgaro si guarda attorno.
Quando è sicuro che nessuno lo stia ascoltando mi dice: “In questo punto preciso ti porterò due Turchi. Tu li condurrai dove ti è stato ordinato. Adesso però prima accompagnami all'interno della piazza per una cinquantina di metri. Poi tornerai qui e aspetterai che torno con i Turchi. Sappi però che non ci metterò meno di un'ora”.
Ci avviamo tra la folla all'interno della piazza.
A un certo punto Antonov si blocca: “Bene. Tu, i due Turchi, non li conosci, ma sappi che loro, in questo momento, ti hanno visto insieme a me e ti hanno riconosciuto. Hanno l'ordine di seguirti. Faranno tutto quello che gli dirai”.
Faccio cenno col capo di avere capito: “E se succede un imprevisto?”.
Antonov ci ha già pensato: “Non preoccuparti. Se, per qualsiasi motivo, non li posso accompagnare, verranno loro da te nel posto in cui ti trovi. Gli ho indicato il punto esatto. Ti diranno queste parole: “Ciao Antonov”. Ecco, tieni, prendi questo rosario. Ricordati di tenerlo sempre nella mano sinistra, ben in vista. Quando i Turchi verranno da te, tu li saluterai con la mano sinistra. E ricordati: sono armati”.
Circa un'ora dopo la piazza era stracolma di gente. Non ci si poteva quasi muovere. Faceva caldo. E quella ressa ti toglieva il fiato. Io ero lì, nel posto stabilito, ad aspettare che il Bulgaro mi portasse i due Turchi. Papa Wojtyla stava compiendo il suo solito tragitto transennato attraverso la folla. Ricordo un mare di mani e di sguardi a cercare la benedizione del Papa. Ad un certo punto, in lontananza, nel rumore generale, sento un colpo fortissimo, come uno scoppio. Forse uno sparo. Per un attimo, il silenzio. La gente confusa, disorientata, impaurita. Qualcuno comincia a gridare: “Gli hanno sparato! Gli hanno sparato!”. In un attimo si scatena il putiferio. Ricordo un casino enorme. Gente che urla, gente che corre, gente che piange. Io rimango al mio posto. Poco dopo, saranno passati una decina di minuti, venti al massimo, vedo arrivare Antonov di corsa. C'è un Turco insieme a lui.
Appena mi vede mi urla: “Vattene! Vattene immediatamente! Portati via il Turco!”.
Antonov è sudato, agitatissimo, ha la faccia sconvolta. Lo prendo con me. Insieme ci dirigiamo di corsa alla stazione Termini. L'appuntamento è sempre al binario numero 3. Furnari e Santangelo sono già lì ad aspettarmi. Tutto come previsto. Hanno già pronti i biglietti del treno per Milano. Furnari mi dice: “Enzo, rilassati. Non c'è bisogno di correre. Il treno è in ritardo di un'ora”. Partiamo tutti e quattro da Roma che è già sera tardi. La mattina del 14 arriviamo in stazione a Milano. Lì ci dividiamo. Io, quella sera, ho un appuntamento a casa di Michele Lucchese. Furnari e Santangelo invece si prendono in consegna il Turco. Li saluto, li abbraccio e mi avvio all'esterno della stazione.
LA MORTE DI PAPA LUCIANI
La casa di Michele Lucchese si trovava a Paderno Dugnano in una zona, per così dire, “sicura”, cioè controllata meticolosamente dal nostro amico, il Maresciallo dei Carabinieri, Giorgio Donato. A mezzogiorno mi incontro con lui. Appena mi vede, Lucchese mi chiede di raccontargli per filo e per segno tutto quello che ho fatto e visto nella mia “giornata romana”. Io, con pazienza infinita, gli riferisco tutti i dettagli dell'operazione, compresa l'agitazione che avevo notato sul volto di Antonov.
“Michele, non mi avevi mica detto che si doveva fare un attentato al Papa!”.
Lui sorride.
Poi mi dice: “Vedi? In questo momento Furnari e Santangelo sono a pranzo insieme al Turco in quel ristorante. Tu adesso ci vai e, mentre Santangelo rimane col Turco, tu mostri a Furnari il punto esatto in cui devono fargli fare la fine de lu sceccu!”.
Che, in siciliano, significa “fare la fine dell'asino”.
“Caro Enzo, devi sapere che un asino si usa finché serve. E' nato per essere usato. Quando non serve più, lo si ammazza!”
Sapevo fin troppo bene cosa volessero dire quelle parole.
Poi mi dà appuntamento a casa sua per la sera stessa.
Dopo aver fatto come mi aveva ordinato, la sera mi presento da lui.
Lucchese, come al solito, mi accoglie calorosamente.
“Allora?”
“Furnari e Santangelo sono con il Turco. Lo stanno portando nel luogo che gli ho indicato”.
“Bravissimo! Enzo, non ho voluto che partecipassi anche tu all'omicidio del Turco. Ho preferito che stessi qui, a farmi compagnia. Spero che capirai. Ora, però, prima, fammi fare una telefonata”.
Lucchese prende in mano la cornetta e compone un numero. Dalle sue prime parole capisco che dall'altra parte del filo c'è il Comandante dei Carabinieri, Giorgio Donato.
Ricordo queste parole: “Azione avviata!”
Dopo aver terminato la telefonata, si volta verso di me con aria soddisfatta: “La zona è sotto controllo. Questo amico è troppo in gamba!”
Poi, mentre aspettiamo che tornino Furnari e Santangelo, Lucchese inizia a parlarmi del motivo per cui era stato pianificato l'attentato al Papa.
“Enzo, ci sono un paio di cose che devi sapere. Papa Wojtyla aveva intenzione di seguire il solco appena tracciato da Papa Luciani, e cioè rompere gli equilibri all'interno del Vaticano. Ti rivelo una cosa. Papa Luciani era intenzionato a fare una vera e propria rivoluzione all'interno del Vaticano. Siccome desiderava tanto che la Chiesa fosse più povera, aveva preparato un progetto per ridimensionare la ricchezza del Vaticano e aveva studiato un piano per aiutare le famiglie povere del mondo, innanzitutto quelle italiane. Ovviamente, tutto ciò si doveva fare per mezzo della I.O.R., la Banca del Vaticano, che sarebbe stata data in gestione a persone laiche secondo l'insegnamento di Gesù: “Dare a Cesare quel che è di Cesare”. Papa Luciani non sopportava l'idea che Cardinali e Vescovi gestissero queste enormi ricchezze e, quindi, la sua prima intenzione era quella di rimuovere proprio quei Cardinali che usavano e manipolavano il Vescovo Marcinkus e che sfruttavano non solo la sua capacità di gestire lo I.O.R., ma anche e soprattutto i suoi contatti e le sue potenti amicizie a livello europeo ed internazionale. Se Papa Luciani non fosse morto, da lì a pochi giorni sarebbero stati rimossi e sostituiti immediatamente sia Marcinkus che altri quattro Cardinali e forse anche, se non erro, il Segretario di Stato o il Segretario del Papa. Al loro posto sarebbero subentrati altrettanti Vescovi e Cardinali di massima fiducia. Costoro, in gran segreto, avevano preparato insieme a Papa Luciani un piano ben preciso. Dopo essersi inseriti ognuno al posto giusto, si sarebbero attivati subito per distribuire il 90% delle ricchezze del Vaticano in diverse parti del mondo, in modo tale da costruire case, scuole, ospedali etc... Il 10% delle rimanenti ricchezze sarebbe stato affidato e fatto gestire allo Stato Italiano per conto e in base ai bisogni della Chiesa. Insomma, voleva fare una vera e propria rivoluzione e cogliere tutti di sorpresa!
Purtroppo, il Povero Papa non ha potuto portare a termine il proprio piano, in quanto uno dei Cardinali di fiducia lo ha tradito ed è andato a raccontare tutto a Marcinkus e agli altri Cardinali! Costoro, appena vennero a conoscenza della cosa, si attivarono immediatamente e con la loro diabolica intelligenza riuscirono, senza lasciare nessuna traccia, ad uccidere il loro Papa con una grande quantità di gocce di calmante, grazie anche all'aiuto del suo medico personale”.
Rimasi completamente stupefatto dalle parole di Lucchese.
“Michele, e chi sarebbero questi quattro cardinali?”
“Enzo. Io ti posso riferire quello che mi ha detto il Notaio Albano”.
“E che dice il notaio?”
“Dice che erano quattro le “anime nere” che si aggiravano dentro il Vaticano ed esercitavano un forte potere sfruttando le doti manageriali del Vescovo Marcinkus. Mi ha fatto quattro nomi. Innanzitutto il Cardinale Macchi, uno dei prediletti di Papa Paolo VI, che l'aveva anche ordinato Suo Segretario. Faceva parte dei cavalieri del Santo Sepolcro, proprio come il Vescovo Marcinkus”.
“Cardinal Macchi! Questo nome non mi è nuovo... Ma certo! Ha lo stesso nome di un mio compagno delle Elementari! E chi altri?”
“La seconda “anima nera” era il Cardinal Villot, Vallot o Vellot, scusami ma adesso non ricordo bene...”
“Che nome strano! Non termina nemmeno con una vocale. Deve essere straniero”.
“Esatto, Enzo. Questo Cardinale, pur non essendo Italiano, ha fatto delle cose straordinarie e ha salvato la finanza del Vaticano, quella finanza che Papa Luciani voleva distruggere.
E poi c'era il Cardinale Benelli...”
“Benelli! Come la marca della mia prima moto! Si chiamava proprio così. Mi ricordo ancora. Me la regalò Casesic, il mio padrino di Cresima...”
“Per ultimo mi fece il nome del Cardinale Gianvio, che mi sembra fosse anche Segretario. Tutti e tre comunque facevano parte dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Enzuccio, figghiu miu, devi capire che questi quattro Cardinali avevano in mano lo I.O.R. e le finanze del Vaticano! E avevano pure un filo diretto proprio con il Notaio Albano che, come ben sai, all'interno di Cosa Nostra è come un fiore all'occhiello”.
“Senti, Michele. Una curiosità. Ma l'altro Turco, che fine ha fatto?”
“L'altro turco, a quanto pare, tu non l'hai neppure incontrato. Si chiama Ali Agca. L'altra notte ha pernottato in un albergo a Palermo, prima di arrivare a Roma per l'attentato. Devi sapere che tutte e due i Turchi sono stati addestrati in Sicilia da uomini di Cosa Nostra. Nel caso, dopo l'attentato, fosse riuscito a fuggire, c'era già pronto un piano per ucciderlo!”.
Siamo andati avanti a parlare ancora per un paio d'ore, fino a notte inoltrata, finché non sentiamo arrivare Furnari e Santangelo.
Vincenzo Calcara
Fonte: http://vincenzocalcara.blogspot.it/2011/02/l-attentato-papa-wojtyla-e-la-morte-di.html
Visto su: No a Massoneria e Nwo Macerata (Facebook)
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