Argo16, Ustica e Bologna: tre stragi costate la vita a 170 italiani. Perché lo Stato continua ad occultare la verità?
1 - Le stragi di Bologna e di Ustica ebbero forse un drammatico e “illustre” precedente, anche se oggi quasi totalmente dimenticato.
I fatti risalgono al settembre-novembre 1973. Quaranta anni or sono. Era in atto allora la “guerra del Kippur” in Medio Oriente.
Cinque terroristi arabi vengono sorpresi il 5 settembre 1973 a Ostia, presso Roma, con due ordigni lancia-missili portatili, intenti ad organizzare l'abbattimento di un aereo di linea israeliano in manovra sul vicino aeroporto di Fiumicino.
Vengono arrestati: uno sul posto e gli altri quattro in un vicino albergo.
Tre dei terroristi sono trattenuti in carcere e l’apertura del processo per loro ha luogo il 17 dicembre seguente. (Quello stesso giorno avvenne a Roma – Aeroporto Fiumicino una strage commessa da terroristi probabilmente palestinesi, con decine di vittime tra morti e feriti. Strage fino a ora impunita).
Verranno liberati ed accompagnati (a loro volta) in Libia da personale dei servizi segreti nel marzo 1974.
Prima, il 30 ottobre 1973, due dei terroristi ottengono, su cauzione, la libertà provvisoria. Vengono ospitati in un appartamento a Roma e il giorno successivo dopo essere stati accompagnati a Ciampino vengono imbarcati e trasportati segretamente in Libia con un aereo dell'Aeronautica Militare, nome in codice Argo16, dove i terroristi sono liberati. Secondo ciò che si seppe poi, sarebbe stato Aldo Moro, allora ministro degli Esteri, a patrocinare quella soluzione. Un’operazione filoaraba quanto meno discutibile.
Pochi giorni dopo quella missione e precisamente il 23 novembre 1973, Argo16 con a bordo il colonnello pilota Ananio Boreo capo equipaggio; il tenente colonnello pilota Mario Grande secondo pilota; il maresciallo Francesco Bernardini marconista, e il maresciallo di seconda classe Aldo Schiavon motorista, decollato dall’aeroporto di Venezia - Tessera precipita al suolo, schiantandosi in località Porto Marghera di Venezia. Non vi sono superstiti.
Gli organismi militari, la stampa, la Commissione permanente presso lo Stato Maggiore Aeronautica per l'esame ed il parere sulle responsabilità conseguenti a incidenti di aerei militari, sentenziano all'unisono: mero incidente di volo, il caso è chiuso.
Giuseppe Niccolai, allora coraggioso membro della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, in data 10 agosto 1974, cioè a nove mesi di distanza dall'accaduto, presentò al Ministro della Difesa una interrogazione, con la quale avanzava l'ipotesi che quell'aereo, che aveva poco prima riportato in terra islamica dei terroristi, non era caduto per «incidente» ma per sabotaggio.
Da allora (10 agosto 1974 - 28 marzo 1979, ultima risposta del Ministro, allora Ruffini) egli, in prima persona, o attraverso altri colleghi, non si diede pace. Agli Atti parlamentari, presentati reiteratamente, risposte dapprima evasive, addirittura offensive, poi una parziale ammissione; cioè dalla negazione che un incidente del genere fosse mai avvenuto, alla ammissione che, in effetti, l'incidente era avvenuto a Venezia ma che, insomma, «dagli esami di laboratorio del relitto», non si era in grado di precisare la causa dell'incidente, però si escludeva, tassativamente, il sabotaggio.
Si doveva aspettare il maggio 1986 per saperne di più. Infatti il generale Ambrogio Viviani, capo del controspionaggio militare dal 1970 al 1974 e scomparso recentemente, in una intervista concessa al settimanale "Panorama", tendeva a confermare ciò che Niccolai diceva da anni: quell'aereo militare che per ordine del Governo italiano aveva riportato in Nord Africa i terroristi, poi, a missione compiuta, sarebbe stato fatto precipitare, per vendetta, dai servizi segreti israeliani.
Davanti a quella dichiarazione la denuncia alla Procura della Repubblica di Venezia; l’ interrogatorio avvenuto nel giugno 1986; l'arresto del generale Viviani per reticenza nell'agosto 1986; l'avviso di reato inviato al generale Vito Miceli, allora capo del SID, al generale Adelio Maletti e al colonnello Viezzer dell'Ufficio D dei Servizi Segreti. Il tutto deciso dal giudice istruttore Carlo Mastelloni che ("la Repubblica", 9 novembre 1988), formalizzò l'accusa di favoreggiamento nei riguardi dei «personaggi» nominati. La motivazione: occultamento di prove dell'abbattimento di Argo16 da parte degli israeliani. Infine, la Corte d’Assise di Venezia, il 16 dicembre 1999 sentenziò definitivamente che non vi fu alcun sabotaggio, si trattò di incidente: tutti assolti. Su parte della vicenda, peraltro, permane il “segreto di Stato”.
2 - Adesso si sta facendo maggior luce su Bologna. Una luce per alcuni inaspettata (o addirittura non desiderata?). Relativamente alla strage di Bologna del 2 agosto 1980 da qualche tempo sono emerse connessioni con i terroristi islamisti (la “pista palestinese”). Fu la strage di Bologna la sanzione palestinese per la rottura del «lodo Moro»? (Il «lodo Moro», espressione coniata dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, ha formato per anni uno dei segreti più celati e gravidi di conseguenze della storia repubblicana. Da un lato esentava il nostro Paese da attentati terroristici e permetteva trattamenti di favore da parte dei paesi arabi produttori di petrolio –il che dimostrerebbe come al di la delle formali divisioni, gli islamisti agiscano tesi a un comune e coerente fine strategico–, dall'altro innescava la riprovazione dei nostri alleati atlantici e di Israele).
La sua violazione, col sequestro di due missili a Ortona il 7 novembre del 1979 e l'arresto e la condanna nel gennaio 1980 del responsabile del Fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) in Italia, Abu Anzeh Saleh, fu alla base dell'eccidio del 2 agosto 1980?
E Ustica ? Parafrasando il rétore Eumenio, “la verità arriverà a coloro che sanno attenderla”.
Consideriamo ora come la tragedia di Bologna (85 morti), la tragedia di Ustica (81 morti), Argo16 (4 morti), possano aiutare a comprendere -da più vasta prospettiva- certi scenari geopolitici. Anche se pare non siano ancora bastati trenta anni per capire che cosa accadde veramente alla stazione ferroviaria di Bologna e nei cieli di Ustica, e ventisei ne occorsero per stabilire che cosa era accaduto, nel novembre 1973, nel cielo di Venezia.
Intanto gli italiani, civili o militari che fossero, pare potessero essere massacrati. Chi resta avrebbe un dovere: se civile -finanche parente delle vittime- tacere e prendersi per verità anche menzogne le più plateali; se militare, occultare prove, per ordine della «ragione di Stato».
È una storia che si ripete.
Da quando l'Italia repubblicana ebbe vita, al massacro di Portella delle Ginestre (1 maggio 1947), seguirono purtroppo molte stragi ( … Piazza Fontana, Fiumicino, Italicus, Rapido 904, Capaci, etc ) aventi prevalentemente connotazioni di criminalità organizzata, sulle quali non molto di certo si è saputo, e tardi: con una serie sorprendente di silenzi, confusioni, reticenze, complicità, depistaggi, connivenze.
Possiamo dirla ispirandoci al Manzoni : “lega occulta di consigli funesti e gesta atroci”?
Ora la “morale” possono cominciare a trarla i lettori (anche se io preferirei parlare di ETICA). Mentre al “diritto” spettano altre sedi.
La sorte che -temo- in genere tocca ai servi. Bocche chiuse, sangue, morte, beffe. Sì, saremo anche tra le prime potenze industriali del mondo, ma sul piano della indipendenza nazionale il nostro posto, nella classifica mondiale, temo sia al di sotto dei Paesi del terzo mondo. Quelli almeno la propria dignità di Nazione, pur sottosviluppata, cercano di conservarla e difenderla.
Noi, no. Noi, spesso abbiamo indossato la livrea del servo.
Anche se talvolta i nostri politicanti affermano «alleati sì, servi no», andando fieri, lo sguardo a terra e il mento all’aria, nei consessi atlantici ed europei (allestiti temo per farci obbedire, non per consentirci di decidere tra pari grado).
Al colonnello Boreo, al tenente colonnello Grande, ai marescialli Bernardini e Schiavon, il ricordo, il rinnovato addio. Si può morire in tanti modi. Morire per fatalità: certo, capita. Morire forse per mano vendicatrice di coloro i quali da noi italiani avevano, in sostanza, ricevuto il gesto, non piccolo, di salvare la vita a loro concittadini passeggeri di un aereo di linea. Forse ci hanno ripagati per aver liberato dei mancati assassini. Massacrando nostri soldati. Forse la Storia giudicherà diversamente dalla sentenza della Corte d’Assise di Venezia.
Ma per voler restare nella cronaca, allora, ecco la articolata domanda sostanziale: siamo certi che arriveremo, in tutti i casi, a conoscere, e poi accettare e divulgare la verità storica completa?
E saremo capaci pertanto, finalmente di assumere e mantenere le scelte più idonee alla difesa dei nostri interessi nazionali?
Oppure occorreranno altre stragi?
Praticare il “doppio gioco” è una pessima tattica. Tanto nei rapporti tra individui quanto nei rapporti tra Stati. Il nemico ti disprezza, l’amico ti abbandona, e si finisce col prenderle da entrambi.
E per riferirci alla più stringente attualità, certe discutibili rinunce alla nostra sovranità nazionale (non già -si badi bene- “limitazioni” della medesima in condizioni di parità con altri Stati = articolo 11 della nostra Costituzione) non possono che imprimere negli interlocutori la percezione di un Paese debole, quanto meno diretto da capi deboli: un invito per i nemici ad aggredire secondo i loro talenti, per gli amici ad imporsi secondo i loro interessi. Riflettano su questo concetto, e magari abbiano l’onestà di compiere un poco di autocritica, i nostri politici.
Le stragi di Bologna e di Ustica e un loro drammatico possibile precedente quasi totalmente dimenticato (spiegato poi dalla verità processuale), oggi possono fornire quanto meno una indicazione.
Una specie di “filo conduttore continuo” = sono probabilmente episodi cruenti correlati alla guerra che l’islam muove all’Occidente, o ne sono probabilmente sua diretta conseguenza. E questi episodi funesti possono stimolarci a una più coerente, leale e stabile scelta di campo. E palesano necessario riaffermare la priorità di difesa del nostro “fronte interno”.
C'è solo da augurarsi che i caduti di stragi “senza nomi certi dei colpevoli” (ma “con possibile comune eziologia”): di Argo16, di Ustica, di Bologna (salvo altre), e le loro famiglie (gratificate da menzogne le più spudorate sulla fine dei loro cari perfino -fatto ignobile- da chi portava una divisa = vergogna!, e per anni ), abbiano giustizia e si conosca finalmente la completa verità storica.
E che i nostri politici non ripetano errori del passato mettendoci a rischio di incassare altre stragi.
Nota: Le informazioni che ho riportato le ho attinte da vari siti della rete informatica. Mi scuso per eventuali involontarie inesattezze. Dei commenti assumo la responsabilità invocando il diritto a manifestare il mio pensiero.
Fonte: ioamolitalia.it
Commenti