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Processo Mori: “Provenzano catturato in ritardo? Non fu un patto con il ROS, ma una rete di protezioni scoperte dal ROS”

ProvenzanoEppure c’è ancora chi ci crede. C’è ancora chi, acriticamente e senza conoscere i fatti crede che il ROS abbia protetto Provenzano per un patto scellerato con lo Stato. E bene ha fatto il Generale Mario Mori, 74 anni compiuti da qualche mese a denunciare venerdì scorso a Palermo quella gogna mediatica portata avanti da un circuito ben preciso, a sostegno di magistrati, come Ingroia, le cui mire politiche si sono chiaramente appalesate.
Bene a fatto a citare un comunista doc, il senatore Gerardo Chiaromonte,  prima di tutto “un uomo delle Istituzioni che aveva individuato e stigmatizzato, nel suo libro “ I miei anni all’Antimafia”, “ una giurisdizione parallela di tipo politico – mediatica “.
E a dimostrare che ha ben diritto a dirlo Mori, basterà ricordare che Antimafia 2000, la rivista on line fondata da Giorgio Buongiovanni, (l’ufologo che illuminato da stimmate ed astronavi aliene, decide di dedicare la sua vita anche all’antimafia), piuttosto che soffermarsi sulla serie interminabile di dettagli e riscontri presenti nelle dichiarazioni del Generale, ha rapidamente liquidato come “inconsistente quanto agguerrita la difesa del principale imputato“.
Eppure sarebbe bastato pubblicare come ha fatto Panorama il corposo testo delle spontanee dichiarazioni del Generale (oltre 160 pagine) per accorgersi che è ricco di riferimenti precisi a date, documenti, atti processuali e testimonianze che frantumano senza lasciare dubbi, le tesi dell’accusa.
A cominciare dal cuore del processo. Il ROS avrebbe evitato l’arresto di Provenzano, quel 31 ottobre 1995 a Mezzojuso, per un patto scellerato con lo Stato. Questa l’accusa di Riccio, l’ex colonnello della Dia e del ROS, condannato a Genova per droga.

Provenzano viene arrestato nel 2006. Nove anni dopo.
Mori ricorda che sin dall’estate del 1993 con la Procura di Palermo, subito dopo la cattura di RIINA cominciarono da parte del ROS le ricerche di Provenzano.
Nel 1994 anche la Squadra Mobile di Palermo diretta da un fuoriclasse delle indagini, il dott. Luigi Savina, ricominciò ad interessarsi efficacemente del capo mafioso nel
corso del 1994, senza venirne a capo. E non solo la polizia. Ma anche la DIA. Allora? Tutti d’accordo nel non catturarlo? Tutti protagonisti della trattativa?
“Ciò malgrado – ricorda Mori- questi riusciva sempre ad evitare la cattura, acquisendo la fama di criminale astuto e ben protetto, suscitando conseguentemente le ipotesi più avventurose sui sostegni di cui poteva godere.”
Ma in quegli anni il ROS di Mori, consegue comunque dei risultati importanti riuscendo ad indebolirne il circuito di riferimento, sopratutto economico. A partire dalle operazioni “Grande Oriente”, “Grande Mandamento” o operazione “Ghiaccio”, quest’ultima sul dottor Guttadauro, capomandamento del Brancaccio.
Ma di Provenzano nulla. Era protetto? Si. Lo dimostrarono le indagini dei carabinieri di Palermo che il 4 novembre 2003 – ricorda Mori, portarono all’arresto di Aiello Michele, Ciuro Giuseppe e Riolo Giorgio.
Ciuro – forse vale la pena che anche Antimafia 2000 lo ricordi, era lo stretto collaboratore di Antonio Ingroia. Il maresciallo che trascorreva le vacanze con il PM e con Marco Travaglio. Era lui una delle talpe di Provenzano attraverso AIELLO. Ecco perché sino al 2003 sarebbe stato impossibile catturare Provenzano.
attraverso l’attività dell’Aiello, interna alla struttura mafiosa, e quella dei due sottufficiali, collocati in posti chiave del complesso investigativo palermitano, l’uno in forza alla DIA e distaccato presso l’ufficio del dott. Antonio Ingroia, l’altro effettivo, con compiti tecnici alla locale Sezione del ROS, era stato possibile veicolare nel tempo una serie di informazioni assolutamente riservate che avevano consentito all’organizzazione, identificata nel gruppo dirigente mafioso dell’area bagherese, di sviluppare impunemente la propria attività criminale e quindi al suo capo, il Provenzano, di eludere le ricerche delle forze dell’ordine.” Si legge nella memoria di Mori che richiama atti processuali, fatti storici ma che molti si ostinano a voler dimenticare e far dimenticare.
Un appoggio quello di Aiello, Ciuro, Riolo e dei loro correi – avevano scritto nel 2004 i Pubblici Ministeri Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino, Maurizio De Lucia e, guarda, guarda: Antonino Di Matteo- che aveva prodotto anche la rivelazione di notizie segrete sulle indagini del ROS finalizzate alla cattura dei latitanti Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro”.
Un Provenzano quindi che solo quando era stato privato di questo appoggio “divenne un latitante come altri costretto a cambiare ripetutamente i suoi nascondigli, e in un ragionevole lasso di tempo, due anni e mezzo circa, anche per il susseguirsi delle operazioni contro il suo ambito di sostegno, fu preso.” Ricorda Mori. Ma non sono fantasie di Mori. Non dunque una difesa “inconsistente” come sostiene Antimafia 2000, forse ispirata più dallo spirito che da fatti terreni. Perché questi sono fatti e atti che stridono profondamente con le tesi dell’accusa.


di Angelo Jannone
Fonte: http://www.qelsi.it/2013/processo-mori-provenzano-catturato-in-ritardo-non-fu-un-patto-con-il-ros-ma-una-rete-di-protezioni-scoperte-dal-ros/ 

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