Romano Prodi su Italia, UE e globalizzazione
Per chi
non lo sapesse, Romano Prodi è professore di economia (industriale), e
viene dalla “scuola” di Andreatta.
Personaggio quest’ultimo che ha “privatizzato” di fatto la Banca
d’Italia ( di diritto pubblico solo ancora di pura facciata) sposando e
facendo attuare dalla “sua” Democrazia
Cristiana allora al “potere” quel “divorzio” tra quest’ultima e il
“Tesoro” che ha amputato lo Stato italiano di quell’essenziale
componente della sua potestas che
presiede alla politica
monetaria. Preludio essenziale all’allora futuro abbandono ( e
trasferimento a livello sovranazionale) della pratica prevista
dalla dottrina dello Stato
che vuole tra i caratteri essenziali appunto dello Stato nazionale
quello di “battere moneta”, il cui corollario più rilevante è quello di
poter fissare il tasso di sconto
ufficiale a sua volta fondamentale nel determinare costi e ampiezza
del credito, che altro non rappresenta che il flusso sanguigno
dell’intero organismo economico.
Questa è
una circostanza rilevante perché ha costituito una implicita
sconfessione della teoria keynesiana che deprivata della
possibilità di una attiva politica monetaria perde gran parte del suo
armamentario “interventista”, risultando la politica fiscale e quella
dell’intervento diretto o indiretto
sull’economia reale terreno molto meno mistificabile di scontro
politico e sociale. Ciò per le immediate ricadute sugli equilibri di
“classe” e dei più generali “interessi”
della società capitalistica di queste ultime misure, che
necessariamente sono per loro ineliminabile natura “discrezionali” e
“discriminanti”. Non potendo contare sull’
“illusione monetaria” che è sottesa alla maggiore “universalità” delle
categorie concettuali e operative delle grandezze appunto monetarie.
Per rimanere nell’ambito della metafora emato-anatomica,
mentre la moneta-“sangue” circola in tutto il corpo, la politica
fiscale e interventi nel mercato dei beni incidono ex definitione su parti specifiche
della anatomia del “corpo”-economico ( e non su altre).
Poiché è stato Presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004, quindi nel cruciale lasso di tempo che ha preparato e poi
attuato la moneta unica europea, Prodi nel diciottesimo DVD de l’Espresso dedicato a “Il modello europeo e la politica economica
comunitaria” deve dirci da quale interpolazione tra le varie
“idelogie” che si contrappongono in materia di filosofia economica ha
ricavato ciò che contribuito in non trascurabile parte
a realizzare: il “monstrum”
( tra l’altro) di una Banca
Centrale Europea che, nel mentre ha privato di ogni autonomia in
termini di politica monetaria le Banche Centrali delle “Nazioni”
aderenti all’area euro, ha “dimenticato” di
assorbirne il ruolo esclusivo di lender of last resort ( prestatore di
ultima istanza ).
Infatti
la prolusione del suo intervento si basa tutta e in modo insistito –
come se si trattasse della scoperta della
“pietra filosofale” per dirimere irrisolte ed eterne questioni in
materia di scelte nel “regno della scarsità” ( dimensione
dell’economia) – sulla esigenza di saper prendere
il meglio da “idelogie” che avrebbero in modo dannoso sin qui
diviso il mondo. Dunque false sarebbero le alternative tra liberismo,
socialismo, laissez-faire,
interventismo. La superiorità
del “modello renano” sul modello “anglosassone”, specie alla luce
della crisi economica in atto, lo proverebbe in modo inequivoco
traducendosi in un mix ottimo tra Stato e Mercato.
Insomma Prodi vorrebbe dirci che Keynes avrebbe desiderato forse un mix sub-ottimale tra interventismo elaissez-faire? E che un mix
ottimale tra Stato e mercato non è una “ideologia”? Non è stato concepito un tale ottimale mix in articulo mortis del
capitalismo
durante la grande crisi del ’29 a fronte del pericolo comunista in
URSS? Ma a Prodi manca qualsiasi rimembranza del “paradosso del
mentitore”: affermare la morte delle “ideologie”
costituisce in re
ipsa una idelogia, e precisamente quella post-modernista che in economia ha condotto al “pensiero unico”.
Ma
quello della “menzogna” è territorio scivoloso per il nostro ex
Presidente del Consiglio. Menzogna è infatti sul piano
storico quella che Mussolini al costituirsi dell’IRI non ebbe
migliore auspicio che affidarsi al pragmatismo nella missione di
quell’Istituto, come se Beneduce messo
lì al suo vertice dallo stesso “Duce” non avesse da tempo anticipato
il keynesismo almeno in termini pro-interventisti, e che dalla stessa
Gran Bretagna non si
fosse già da tempo manifestato un autentico pellegrinaggio
intellettuale tributario del solco in quella direzione inaugurato
dalI’Italia.[1]
Sul resto
delle “illuminazioni prodiane” al netto del soporifero stile
comunicativo del professore bolognese c’è poco da
dire, al di là di una serie di luoghi comuni in stile didascalico
circa le doglianze relative alla triste resa dei conti attuale a
fronte di ciò che la UE doveva e prometteva di
essere e non è poi stato attuato, e sull’esigenza per l’ex Bel
Paese di adeguarsi ai tempi imposti dal “mutamento del mondo”, cioè
dalla Globalizzazione. Come se questa fosse un
decreto del suo cattolico firmamento divino e non già un errore”
ideologico” che (tra l’altro cozza irrimediabilmente con la
filosofia economica supposta pragmatica del
modello renano ) riposa sul pur ricordato Keynes che denunciava,
nell’ultima pagina della General Theory, le
venefiche insidie di teorie sbagliate elaborate da “defunti
economisti”. Nel caso, vedi i pericoli della Globalizzazione e le
panzane della teoria dei costi/vantaggi
comparati in regime di free
trade che si devono a Ricardo e alla sua del tutto infondata
teoria del commercio internazionale trasformata in dogma dai suoi
posteri. Non facendo
eccezione a tanto folle fede nei dogmi chi come Prodi ha poca
dimestichezza con la logica, cadendo in modo tanto eclatante nel
trabocchetto dei suoi paradossi
non sapendo, anche per tal verso, di iscriversi tra i molti
“ideologi” della Globalizzazione a dispetto della sua fede
anti-ideologica. Per non dire della coerenza del Prodi ultimo
Presidente dell’IRI, che pur molto poco “renanamente” ne ha scritto
l’epitaffio regalando l’Istituto - attore principale della filosofia
dello “Stato imprenditore” e
artefice del dimenticato “miracolo economico” - a mo’ di saldo
inservibile alla logica delle privatizzazioni “thatcheriane”.
Vittorangelo Orati
Tratto da: lafinanzasulweb.it
Fonte: http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/article-prodi-sull-italia-la-ue-e-la-globalizzazione-117951191.html
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