Il sistema-paese soffre di arretratezza tecnologica e
infrastrutturale, di inefficienza e dispendiosità della macchina
amministrativa, di lentezza e corruzione di quella giudiziaria, di costi
elevati di una politica e di una burocrazia ampiamente parassitarie,
per non parlare dell’influenza istituzionale della criminalità
organizzata e, ovviamente, della insostenibile pressione fiscale.
Il male di fondo, quello che toglie i mezzi anche per affrontare gli
altri mali, e da cui direttamente dipendono insolvenze, fallimenti,
licenziamenti, crollo di speranza, investimenti e consumi, è però un
altro, ossia la carenza di mezzi monetari, il costo eccessivo (rispetto
ai paesi competitori) del denaro, le difficoltà ad ottenere credito. Una
carenza crescente, sempre crescente, che, attraverso la deflazione,
rende sempre più oneroso, difficile o impossibile, il pagamento degli
interessi e dei debiti. E delle imposte. E dei contributi. Non
dimenticate che la Corte dei Conti ha rilevato che molti enti pubblici
sono morosi di parecchi miliardi di versamenti contributivi
all’Inpdap-Inps. Corre voce, probabilmente gonfiata, che questa mina
esploderà presto.
Immaginiamo una pozza in cui l’acqua stia calando lentamente
progressivamente. I pesci rossi, gialli e verdi boccheggiano. Perché
cala l’acqua nella pozza? In parte evapora, in parte defluisce seguendo
rigagnoli, in parte – la parte maggiore – si raccoglie in una cavità
nascosta sotto il fondo dello stagno.
I pesci non hanno più lo strumento della creazione di liquido e non
possono usarlo per compensare l’acqua che se ne va. Hanno ancora lo
strumento fiscale, con cui possono distribuire l’acqua diversamente tra
pesci rossi, gialli, verdi – ossia, tra settore pubblico e privato, tra
nord e sud – ma non possono trattenerla né rabboccarla. Anzi, le misure
fiscali tendono a far aumentare la fuga dei liquidi e scoraggiano gli
investimenti stranieri. La gente comune non ha ben chiaro che i soldi
che lo Stato prende con imposte e con la lotta all’evasione sono soldi
che semplicemente si spostano all’interno della pozza, ma non aumentano
la quantità di liquidi disponibile, quindi non alzano il livello
dell’acqua nella pozza, ma semmai accelerano il suo deflusso.
L’acqua che evapora sono quei capitali – miliardi di Euro – che si
spostano all’estero e vengono investiti in modi tali da sottrarsi al
fisco nazionale (vedi scandalo Offshore-Leaks: 32.000 miliardi di
dollari scoperti sinora, ovviamente in ambito globale). L’acqua che
defluisce nei rigagnoli sono i liquidi che vanno all’estero come
pagamenti di interessi e capitali (disavanzo commerciale), come rimesse
degli immigrati (pensiamo particolarmente ai cinesi), come trasferimenti
netti a favore di UE, MES, etc.
Su queste perdite di liquidi si può intervenire, ma solo
marginalmente e non certo risolutivamente, anche perché per attrarre
liquidità dall’estero mediante saldi attivi della bilancia commerciale,
turismo e investimenti, dovremmo svalutare rispetto ai partners, ma
questa opzione è preclusa dall’Euro, dalla cessone del controllo sui
cambi. Il calo del livello dell’acqua continuerà inevitabilmente e
mortalmente. Possiamo ritardare il calo, guadagnare qualche mese, ma non
fermarlo, non cambiare l’esito, e l’esito è che i pesci moriranno uno
dopo l’altro, sempre più velocemente. Lo stanno già facendo.
Diversamente dai pesci della pozza USA e della pozza del Sol Levante,
noi non possiamo creare acqua per ristabilire il livello vitale, poiché
anche questo potere l’abbiamo trasferito alla BCE, la quale, per
statuto, non può fare interventi di questo tipo, che invece fanno la Fed
con Obama e la BoJ con Shinzo Abe. La BCE e altri istituti
internazionali ed esteri intervengono abbassando i tassi e dando denaro
fresco alle banche e al settore finanziario, però questa liquidità non
arriva, sostanzialmente alla pozza, ai pesci, all’economia reale –
rimane dei circuiti finanziari, in impieghi che non pagano tasse nel
Paese, perché le banche usano quei soldi non per prestiti all’economia
reale, ma per chiudere buchi di bilancio (contenzioso sommerso) e per
investimenti speculativi, più redditizi e sicuri in un’epoca di
depressione con outlook sfavorevole. Anche i tassi rimangono alti e
handicappanti nella competizione internazionale.
In conclusione, le possibilità di intervento sono scarse, marginali e
nessuna è idonea a risanare la situazione e a rilanciare l’economia. Il
dibattito attuale è quindi improduttivo.
Rimane l’acqua nascosta nella caverna sotto il fondo dello stagno. E
la falla attraverso cui quell’acqua è finita nella caverna. E’ una falla
causata da principi contabili errati, cioè non corrispondenti alla
realtà economica, in materia monetaria e creditizia. Il concetto è
estremamente semplice – così semplice, da risultare sfuggente, ma è
oggettivo e verificabile. Si tratta di riuscire a riflettere sull’ovvio.
Se si chiude la falla, migliorano drasticamente i bilanci delle banche
commerciali, sia come conto economico, sia come stato patrimoniale;
inoltre la erogazione dei crediti diventa molto più leggera
patrimonialmente. Do per scontato che tutti sia noto che il sistema
bancario opera attraverso un moltiplicatore, che gli consente di
prestare un multiplo della raccolta – le banche non sono soltanto
intermediari del credito, non si limitano a prestare la raccolta
applicando una forbice sui tassi, ma creano liquidità – ecco perché il
credit crunch è anche un liquidity crunch.
La falla consiste nel mancato rilevamento contabile, in conto di
ricavo della banca, di una realtà economica oggettiva e fondamentale,
ossia dell’acquisizione di potere d’acquisto (valore) da parte dei mezzi
monetari – denaro primario e denaro creditizio, come assegni circolari,
bonifici, lettere di credito, saldi attivi di conti correnti. I mezzi
monetari non hanno un valore intrinseco non essendo fatti di metalli
pregiati, né sono convertibili in metalli pregiati. Il loro valore, cioè
il potere d’acquisto, non è prodotto dalla banca, ovviamente, la quale
non produce beni reali; esso deriva dalla loro accettazione da parte del
mercato, dal fatto che il mercato è disponibile a dare beni o servizi
reali in cambio di essi, sebbene essi non siano beni reali. Essi quindi,
nel momento in cui la banca li emette sotto forma di erogazione di
credito o di acquisto diretto di titoli finanziari,
assorbono o ricevono dall’esterno il valore, il potere di acquisto, e cessano di essere meri pezzi di carta o impulsi elettronici per divenire moneta.
La
banca preleva dal mercato, dalla generalità dei soggetti, un potere
d’acquisto che essa non crea, e lo presta a un soggetto determinato,
percependo da questo soggetto un interesse.
Orbene, questa trasformazione, questa acquisizione di valore, è un
fatto economico reale, esattamente un ricavo della banca che emette la
moneta primaria o quella creditizia. Un ricavo che, con i principi
contabili vigenti, non viene contabilizzato. Conseguentemente abbiamo
che la banca, quando eroga 100, dovrebbe, nel conto economico,
registrare, a scalare:
ricavo da acquisizione di potere d’acquisto: + 100
costo da erogazione di potere d’acquisto: – 100
ricavo da acquisizione di credito: + 100
SALDO OPERAZIONE: + 100
Sotto gli attuali principi contabili, la prima registrazione non
avviene, quindi il ricavo di 100 “sparisce” nella caverna sotterranea,
non viene tassato, non si traduce in attivo patrimoniale, in possibilità
di credito. Le sorti di questi ricavi non contabilizzati dovrebbero
essere indagati. Probabilmente prendono la via di paradisi fiscali, dove
riaffiorano, carsicamente, e sono impiegabili in operazioni speculative
o in vantaggiosi investimenti reali.
Con questo concludo, ritenendo di aver perlomeno indicato in linee
generali dove bisogna metter mano, se non si vuole sprofondare domani o
fra una settimana nel buco nero dell’indebitamento. E di aver anche
dimostrato la sostanziale impotenza, o il valore meramente dilatorio,
delle altre opzioni sul tavolo. Da politici che non hanno le leve
macroeconomiche non ha senso aspettarsi soluzioni.
Un’ultima osservazione: nel mondo l’aggregato del debito soggetto a
interesse è di almeno 2 milioni di miliardi di Dollari, e l’aggregato
degli interessi da pagare sicuramente supera i 100.000 miliardi, mentre
il prodotto lordo globale arriva a 74.000 miliardi. Il servizio del
debito esistente viene quindi pagato contraendo nuovo debito. Il mondo è
un grande schema Ponzi, e non vedo altre vie che la riforma contabile
suddetta, per prevenire che questo schema Ponzi scoppi in un global
meltdown.
Marco Della Luna
Fonte:
http://marcodellaluna.info/sito/2013/05/12/alla-ricerca-della-liquidita-perduta/
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