La casta dell'eolico contro gli agricoltori sardi... "procederebbero con l’esproprio"
Gian Michele Masala è un cerealicoltore di 60 anni. Produce grano insieme ad altri familiari in un terreno di 64 ettari, sulla provinciale per Stintino.
Una produzione di circa quindici quintali di grano a ettaro, con una rendita che si aggira intorno ai 30mila euro all’anno. Su 28 di questi 64 ettari qualcuno ha puntato gli occhi. «Mi è arrivata una lettera nella quale, in sintesi, mi dicono di voler installare delle pale eoliche nel mio terreno e che, nel caso non fossi d’accordo, procederebbero con l’esproprio».
Per chi da sempre è abituato a vivere nei campi e ad avere orizzonti liberi nella propria terra, quelle parole devono esser sembrate una terribile sentenza: «In pratica secondo loro io dovrei smettere di produrre e chiudere tutto». Non ci sta Gian Michele Masala a piegare la testa «di fronte a tanta arroganza. Anche se la legge permette loro di agire così. La verità è che vengono qua per fare business».
Masala, e come lui una trentina di agricoltori e allevatori della zona già contattati dalle multinazionali, percepiscono i premi comunitari (Pac). «In teoria noi potremmo continuare anche a lavorare ma la verità è che se entreranno nelle nostre terre noi smetteremo di avere quei soldi che ci permettono di campare».
La ragione? «Perché le società diventerebbero proprietarie della superficie e della sottosuperficie e a quel punto addio premi». Masala parla chiaro: «A me le loro proposte non interessano per niente. Io e altri agricoltori non abbiamo alcuna intenzione di muoverci da qui.
Amiamo il nostro ambiente, lavoriamo duro, non usiamo diserbanti, niente che possa essere nocivo. E loro invece cosa producono? Il niente. Prendono gli incentivi statali e si arricchiscono alle nostre spalle. Perché, diciamoci la verità, in Sardegna abbiamo energia a sufficienza e ne esportiamo anche. Quindi, altro che pubblica utilità, qui l’interesse è dei singoli». Anche Masala, come il sindaco di Stintino, lancia la proposta: «Facciano il fotovoltaico nei tetti dei capannoni di Porto Torres e lascino perdere le zone agricole dove c’è gente che vuole continuare a lavorare serenamente». (na.co.)
Da La Nuova Sardegna del 10 aprile 2013
Da La Nuova Sardegna del 10 aprile 2013
Fonte: Sardegna unita e indipendente FB
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