
«Ricetta infame sul piano sociale, ma anche idiota su quello
economico», commenta “Contropiano”, «perché se chi lavora guadagna
ancora meno, spenderà ancora di meno, e la riduzione dei consumi non può
che impattare sulle possibilità delle imprese di vendere quel che
producono». Spirale negativa: deflazione. «L’unica cosa seria del
documento Ue è la constatazione che le imprese italiane sono troppo
piccole (poca
economia
di scala, quindi inefficienza generale del sistema) e sorpattutto
specializzate in prodotti “a bassa intensità di capitale” (se non si
investe, non si innova), che sono ormai appannaggio dei paesi
emergenti». Le
banche
italiane, infine, risultano gravate da «uno stock importante di
sofferenze creditizie», ovvero prestiti che fanno “fatica” a essere
restituiti. E come compensano questa “sofferenza”? «Aumentando i tassi
di interesse sui nuovi prestiti, in modo da guadagnare di più su ogni
singolo prestito. Ma così facendo restringono l’accesso al credito
proprio per le imprese che più ne hanno necessità». Quindi entrano in
crisi anche le
banche, che reagiscono aumentando il costo del denaro in una situazione recessiva, contribuendo così ad aggravare la recessione.

Torna a farsi sentire la frusta della Troika, preoccupata per l’inconsistenza provinciale della
politica
italiana ancora in stallo, ma i poteri forti sanno di poter contare sul
loro uomo: Mario Monti. Che, «con la sua squadretta di demolitori», ha
appena partorito il Def, documento di
economia e
finanza,
primo passo dell’iter della “legge di stabilità”, erede della vecchia
“finanziaria”. Obiettivo di Bruxelles: fare pressione per condizionare
l’assetto del paese, gli orientamenti della spesa pubblica, i rapporti
tra imprese e lavoro, il carico fiscale. «La Commissione Europea –
scrive il blog “
Contropiano” – ha “riscoperto” che l’Italia presenta molte “debolezze”: perdita di competitività dell’
economia,
forte indebitamento dello Stato, fragilità del settore bancario». Il
tutto è contenuto in un rapporto sugli squilibri macroeconomici
nell’Unione, che contiene anche un giudizio negativo sulle possibilità
di evoluzione della situazione.
Viene visto infatti come «consistente» il rischio di un «potenziale
contagio economico e finanziario» che parta dall’Italia e si diffonda a
tutta l’Eurozona. «Siamo
peraltro in buona e numerosa compagnia: i paesi con “squilibri seri”
sono, secondo la Ue, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Malta,
Ungheria, Olanda, Finlandia, Svezia e Regno Unito», mentre altri due,
Spagna e Slovenia, ne hanno di “eccessivi”. Silenzio assoluto, invece,
sulla Germania, che ha un elevato surplus delle partite correnti,
«ovvero è il paese che sta guadagnando sull’arretramento altrui», cioè
di quasi tutti gli altri paesi. Non basta. «Nonostante siano state
adottate nell’ultimo anno misure importanti per risolvere questi
squilibri, la loro piena adozione rimane una sfida», sostiene Bruxelles.
«Vi è ancora margine per introdurre ulteriori misure in alcuni campi».
Nel frattempo, «il perdurare della
crisi
ha indebolito l’abilità del settore bancario italiano di sostenere il
necessario aggiustamento economico». Probabilmente sarà necessario
«salvare qualche banca», magari mettendo mano ai conti correnti, come a
Cipro.

Dal 2008, aggiunge “Contropiano”, il Pil italiano ha perso oltre il
7%, mentre soltanto la Germania e pochi altri paesi sono tornati ai
livelli pre-
crisi. Ma naturalmente «una importante fonte di vulnerabilità» viene individuata nel
debito pubblico,
non nella scarsa capacità del sistema bancario di sostenere le attività
produttive. E quindi una delle raccomandazioni principali resta la
riduzione del debito statale: «Il che – come sanno anche gli asini –
contribuisce seriamente alla riduzione del Pil e del benessere generale
dei cittadini, e quindi va in senso contrario alla “crescita”». E non è
finita. «Siccome l’aumento stagnante della produttività non si è
riflesso pienamente nelle dinamiche salariali, la competitività dei
costi dell’Italia si è deteriorata, come dimostrato dall’incremento dei
costi unitari del lavoro in rapporto ai vicini europei». In pratica,
dice la Commissione Ue, avete una produttività che fa pena (tradotto:
avete imprese che fanno pochi investimenti
fissi, ma puntano soprattutto sullo sfruttamento intensivo del lavoro
vivo), e quindi avreste dovuto per prima cosa tagliare i salari.
L’elenco delle indicazioni prescrittive per l’Italia, sommariamente
definito dalla Commissione, è un ricettario di “sacrifici” che possono
solo ammazzare un ammalato di denutrizione: «Rafforzare la concorrenza
nei mercati dei prodotti e dei servizi, adottare un sistema fiscale più
semplice, riformare la pubblica amministrazione, decentralizzare
ulteriormente le contrattazioni salariali, rafforzare il sistema
bancario». Soltanto la semplificazione del sistema fiscale potrebbe
figurare tra le misure “intelligenti”; ma se si va a guardare in
dettaglio si scopre che si tratta di una rimodulazione della pressione
fiscale a totale vantaggio delle imprese e quindi, complessivamente, in
un aumento della pressione fiscale sul lavoro, magari mascherata col
passaggio dall’imposizione diretta – sul reddito – all’imposizione
indiretta, tramite aumento dell’Iva sulle merci e quindi sui consumi.

«Di tutta questa impostazione – scrive “Contropiano” – Monti è da un
anno e mezzo l’esecutore testamentario: e sta limando i testi relativi
sia al nuovo “piano di stabilità” che al nuovo “piano nazionale delle
riforme”, che vanno entrambi presentati entro la fine del mese». Nel
Documento di
economia e
finanza
2013 appena varato dal consiglio dei ministri, le previsioni «sono come
sempre abbastanza “ottimistiche”, ma egualmente tragiche: il
debito pubblico
salirà al 130,4% sul Pil, per “scendere” al 129,0% l’anno successivo e
al 125,5% nel 2015. Il deficit scenderà invece al 2,9% quest’anno per
arrivare all’1,8% nel 2014 e all’1,5% nel 2015». Per Francia e Germania,
al contrario, l’Unione Europea «ha chiuso entrambi gli occhi davanti a
cifre assai superiori». Il solo gettito Imu dovrebbe garantire entrate
da 23,8 miliardi l’anno, anche per il 2014. Secondo il ministro Grilli,
«solo se l’Imu sarà confermata anche dopo il 2014 potrà essere garantito il pareggio di bilancio».
In compenso, il raffreddamento dello
spread dovrebbe far
risparmiare 7,7 miliardi in spesa per interessi, che comunque
rappresenterà il 5,3% del Pil quest’anno, crescendo rapidamente negli
anni successivi. La spesa pubblica totale crescerà dunque dello 0,4%,
raggiungendo il 51,1% del Pil, nonostante i
tagli
abnormi già realizzati e gli altri in cantiere. «Sprofonda quindi la
spesa per investimenti fissi, mentre la spending review promette circa
30 miliardi di risparmi nel triennio 2012-2015». Il “Piano nazionale di
riforma”, invece, promette lacrime e sangue in misura crescente. Senza
contare la “semplificazione del sistema fiscale”, la continua “revisione
della spesa” richiesta dai trattati europei, dal Fiscal Compact in giù,
è prevista un’accelerazione sulle dismissioni del patrimonio
immobiliare pubblico, clamorosa «svendita in favore dei palazzinari»,
mentre «non mancheranno misure tese a “rafforzare il decentramento della
negoziazione salariale”, abolendo il già molto precario “contratto
nazionale di categoria”». Strategia chiarissima, avverte “Contropiano”:
«Che poveri e lavoratori si fottano, il loro reddito serve al “sistema”.
Se non ci ribelliamo, se lo prenderanno per intero».
Fonte: http://www.libreidee.org/2013/04/italia-ancora-piu-rigore-bruxelles-ordina-monti-esegue/
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