Cannabis e lavoro, dallo spaccio al bracciante la differenza è nella legalità

California, marijuana, amore, denaro, ecco come si è evoluta la generazione Beat, dove sono finiti i figli della colorata e psichedelica Summer of Love del 1965: nel sogno americano della West Coast.

La cannabis è a un passo da Hollywood, le highway della West Coast scorrono veloci e le canzoni dei Doors e dei Deep Purple riecheggiano ancora nei luoghi di questo angolo di Stati Uniti: un luogo che oggi torna prepotentemente nei sogni delle nuove generazioni di ragazzi che, nel mondo, continuano a sperare nel diritto all’autodeterminazione dell’individuo e nella libertà terapeutica, in molti luoghi (come l’Italia) ancora negati.
Quello della cannabis è il nuovo sogno americano, che dal verde dei dollari è passato dal verde della marijuana: California, Colorado, Washington, Oregon, la cannabis è oggi la più promettente start-up a stelle e strisce, che promette guadagni incredibili, occupazione, sostenibilità ambientale, diritti per tutti, libertà terapeutica.

Mica male per quello che fino a pochi anni fa era “il paese del proibizionismo puritano”, quell’America conservatrice ed osservatrice privilegiata delle guerre della marijuana tra narcos, che si contendevano in Messico il territorio Usa (cosa che continuano a fare oggi con la cocaina): il Medical marijuana business daily, la Bibbia per il mercato americano della cannabis terapeutica (un po’ come l’olandese Soft Secrets lo è per la cannabis ludica), prevede che le vendite autorizzate nel 2013 raggiungeranno un volume d’affari di tutto rispetto, 1,5 miliardi di dollari.
Ma grazie al nuovo sogno americano, ed ai recenti referendum in alcuni stati, entro il 2018 questo business potrebbe arrivare a 6 miliardi: questa cifra rappresenta tuttavia solo il volume d’affari. I tagli alla spesa che ne conseguono (la guerra al narcotraffico della Dea che può ora concentrarsi su altro, i controlli non più necessari, i processi e le carcerazioni non più previste, i costi sanitari dei malati curati con la farmacologia classica) sono altrettanto corposi: per questo la marijuana legale negli Stati Uniti è una vera rivoluzione.
Tra distributori automatici, start-up, piccole aziende, grandi industrie e addirittura lobby di categoria, la marijuana è arrivata fino alla borsa di Wall Street, in quel tempio del capitalismo in cui qualsiasi “fricchettone” vorrebbe, ma odierebbe, entrare.
Oggi sappiamo che la cannabis crea anche lavoro: tanto e ben retribuito. La nuova flower power generation che la California vuole attrarre a se è sintetizzata in una piccola intervista a tale Elsa, giovane parigina intervistata qualche giorno fa dal quotidiano francese Les In Rocks, la quale ha passato cinque mesi a lavorare in California nei campi di cannabis.
Sì perchè la cannabis oggi non da solo “sballo” al consumatore ludico, “sollievo” al malato, diritti a tutti quanti, da anche lavoro ai giovani: stipendio decente, vitto (rigorosamente biologico) ed alloggio e la prospettiva di passare le giornate
a piedi nudi nella foresta.
Nella contea di Lake County, famosa per il vino sempre più pregiato che proviene da quei vitigni, in California Elsa era la sola ragazza in un dormitorio per uomini e si occupava di raccogliere la cannabis: lo stipendio medio di un lavoratore, a cottimo, di questo tipo è di 200 dollari la libbra (circa 450g): su 100 semi piantati sono 80 le piante che sopravvivono e si sviluppano, rendendo ciascuna fino a 15kg.
Un sole sublime, il termometro che arriva a 30 gradi a mezzogiorno, da settembre a gennaio Elsa, 26 anni, ha lavorato in aperta campagna: un lavoro durissimo e faticoso, che può portare a stare in posizioni estremamente scomode (come ad esempio in ginocchio) anche diverse ore, organizzato in turni da 13 ore ciascuno, fino alle 8 di sera, quando dopo la cena biologica crollavano tutti come morti.
Dalla semina al primo travaso, fino ai rinvasi successivi, la cura, la raccolta e l’essiccazione, la fase più delicata è la “manicure”: ogni lavoratore, forbicine alla mano, deve togliere una ad una le foglie sporgenti in eccesso sul fiore essiccato.
A lavoro ultimato la cannabis va a rifornire i dispensari di San Francisco, Sacramento e Los Angeles: milioni di persone il bacino d’utenza. Certo, le rese non sono regolari, il lavoro non è industriale come avvitare i bulloni alle ruote delle Chrysler come fanno a Detroit, e gli introiti possono variare anche di molto: dagli 80 ai 200 dollari al giorno.
Il rischio c’è sempre: la tolleranza da parte della polizia di quegli stati in cui ancora l’uso della cannabis è proibito (o nei quali ci sono vuoti legislativi o sono in fase transitoria dal proibizionismo alla liberalizzazione) è stata caldeggiata anche dal Presidente Obama in persona, ma non sempre è così:
Quando si leggono i giornali locali, si viene a conoscenza di persone sono arrestate ogni giorno. Ma, in generale, si tratta di cartelli messicani che producono altre droghe e per detenzione di armi. Gli agricoltori tendono a seguire la legge scrupolosamente per non incappare in multe, sequestri o arresti.
Marijuana legale? Perchè no! In Italia ci sono ben 5 milioni di consumatori più o meno abituali di cannabis, un mercato florido tutto completamente in mano alla criminalità organizzata, che dalla sola cannabis e dai suoi derivati vanta introiti miliardari: 2,5 miliardi l’anno di euro di Iva che lo Stato regala alla mafia. Denari che, se sommati al risparmio sui costi sociali ed economici della guerra alla cannabis italiana, farebbero parecchio bene alle disastrate casse italiane e, è evidente, all’occupazione.
Bisognerebbe che qualcuno ci pensasse. Lo hanno fatto i soliti Radicali, che il 10 aprile hanno depositato in Cassazione sei quesiti referendari per i quali saranno necessarie 500mila firme per essere votati; tra questi, oltre alla decarcerizzazione delle violazioni per fatti di lieve entità della normativa sugli stupefacenti, ce ne sono altri che vale la pena approfondire. Chissà che ne pensa il governo.
Se voi avete voglia di fare i braccianti agricoli nei legali campi di cannabis in California ed aiutare il Pil americano potete consultare il sito Craiglist.org, mentre gli altri potrebbero fare un pensiero sulla raccolta firme che partirà e sui Cannabis Social Club che cominciano a nascere anche da noi.

Fonte: http://www.ecoblog.it/post/63835/cannabis-e-lavoro-dallo-spaccio-al-bracciante-la-differenza-e-nella-legalita

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