"Undicesimo comandamento: ruba la terra ai poveri" Reportage Etiopia
UNDICESIMO COMANDAMENTO: RUBA LA TERRA AI POVERI.
REPORTAGE ETIOPIA, febbraio 2013.
VIDEO REPORTAGE: http://www.youtube.com/
Nella moderna Etiopia tutto è lecito nel nome del progresso e dello sviluppo. Territori immensi vengono sottratti a tribù e comunità locali e vengono dati in concessione per pochi dollari all'anno ad aziende straniere. Coinvolte anche aziende italiane.
Due reporter per passione in questo reportage documentano ciò che sta succedendo.
GALLERY FOTOGRAFICA: http://www.facebook.com/
ETIOPIA - Le notizie che filtrano sono poche e spesso imprecise, ma grazie a denunce di organizzazioni internazionali per i diritti umani e ad informazioni che giungono tramite il web e da persone del luogo, da tempo è risaputo che vaste aree dell'Etiopia sono espropriate alle comunità locali. Si sa e si sente di espropri di terre agli indigeni da parte del governo etiope per darle in concessione per pochi spiccioli a compagnie nazionali e straniere (fra cui anche italiane), di arresti arbitrari, violenze, intimidazioni e soprusi e reinsediamenti di intere tribù. Il tutto nel nome del “Land Grabbing”, ovvero: furto di terre.
In questo reportage si è cercato di far luce su quanto avviene in proposito in una remota zona nel sud ovest dell'Etiopia, in prossimità dei confini con Kenia e Sud Sudan, molto nota al turismo internazionale per via delle sue tribù le cui donne hanno come uso l’inserimento di un piattello nel labbro inferiore.
Negli ultimi anni il turismo in Etiopia ha avuto un grande incremento e ovviamente il governo vuole dare un'immagine del paese che ne favorisca la continuità. In effetti la situazione socio-economica del paese è ottima se confrontata con altri paesi confinanti come la Somalia e il Sudan, ma al di là della facciata di relativo benessere e democrazia, in Etiopia avvengono gravissime violazioni dei diritti umani, in molti casi pressoché sconosciute all'opinione pubblica mondiale. Non a caso nel rapporto di quest'anno Genocide Watching ha inserito l'Etiopia fra i 47 stati del mondo “Not Free”, NON LIBERI, il livello più basso. La zona della bassa valle del fiume Omo è una delle aree soggette a queste gravissime violazioni dei diritti umani, che avvengono nonostante ci sia al contempo la presenza di molti turisti, i quali paradossalmente non sono quasi mai consapevoli di ciò che accade nelle stesse zone che visitano.
E i governi... stanno a guardare! O, più che altro, a fare affari con paesi come l'Etiopia. L'Italia ha almeno tre aziende coinvolte nei piani di sviluppo a ogni costo dell'Etiopia: la Salini SPA che sta costruendo la diga GIBE III sul fiume Omo, che una volta terminata sarà la più grossa opera idroelettrica dell'Africa e che da rapporti indipendenti si rende palese che sconvolgerà totalmente l'ecosistema delle zone più a valle e il sostentamento che le piene stagionali del fiume creano per le popolazioni che vivono a valle della diga, circa 500 mila persone.
Ci sono poi la Free El Green Power e la Nuove Iniziative Industriali (partecipata al 70% OBM Renewable Energy) che hanno in concessione dal governo etiope un totale di 42000 ettari di terreni destinati a diversi tipi di colture fra cui la palma da olio, che serve non per uso alimentare ma per la creazione di biocombustibili!
L'Etiopia è un paese particolare per quanto riguarda il turismo. Terminati da pochi anni i conflitti di confine con la vicina Eritrea, il paese ha raggiunto una relativa stabilita ed ha conosciuto un rapido sviluppo del turismo. In linea di massima è un turismo gestito dalle agenzie locali e la visita di molte località può avvenire solamente con fuoristrada a noleggio, guide e autisti e, talvolta, come nel Mago National Park, dove vivono le tribù dei Mursi, con scorta di almeno una guardia armata. Pertanto, soprattutto in certe zone “critiche”, i turisti sono inconsapevolmente guidati e non è loro mai permesso uscire al di fuori di certi itinerari tradizionali, dal momento che guide, autisti e guardie armate, sono ben “addestrati” a scoraggiare la visita di certi luoghi, con scuse o motivi di vario genere.
Quindi paradossalmente un forte flusso di turismo convive con gravissimi crimini e violazioni dei diritti umani che avvengono nel nome del “land grabbing” (furti di terreni), perpetrati dal governo etiope per mano di polizia e apparati militari, assieme a istituzioni compiacenti. I migliori terreni vengono dati in concessione a compagnie straniere per coltivazioni di vario genere, sottraendoli alle popolazioni locali.
Siamo certi che queste notizie già faranno sobbalzare gli ignari turisti che hanno vistato queste zone o che si apprestano a visitarle, eppure nella stupenda valle del'Omo e alle sue tribù, con stili di vita inalterati da tempi immemorabili, sta succedendo questo.
E ben altro!
A metà febbraio il caldo è soffocante nei bassopiani dell'Etiopia del sud, nel vasto bacino bagnato dal fiume Omo, dove vivono le ultime popolazioni dell'Africa che mantengono pressoché inalterati i loro usi e costumi ancestrali. Il fiume Omo è immissario del grande lago salato Turkana, nel Kenia, appena fuori dai confini dell'Etiopia del sud. Il fiume porta il 90% delle acque del lago. La bassa valle del fiume Omo è una zona del sud ovest dell'Etiopia grande quanto la Svizzera, ai confini con Kenia e Sud Sudan.
Qui vivono decine di differenti tribù con i loro usi, costumi e linguaggi sovente molto differenti fra loro, sebbene se le zone in cui vivono non sono poi molto distanti l'una dall'altra. Ma in territori senza vie di comunicazione e mezzi di trasporto a volte poche decine di chilometri risultano essere distanze immense. Quasi tutti gli uomini possiedono un fucile e in passato le tribù hanno avuto aspri conflitti fra loro, quasi sempre avvenuti per il possesso dei terreni e delle aree dove si dedicano in prevalenza alla pastorizia e al nomadismo, sebbene alcune tribù sono dedite all'agricoltura, in base alle piene stagionali del fiume. Qui la terra è una cosa preziosa anche se non offre molto e da sempre le tribù che ci vivono hanno lottato per il suo possesso, che significa sopravvivenza.
Ottenere informazioni su certe attività che si compiono in queste zone è molto difficile e pericoloso. Pertanto si viaggia in incognita come semplici turisti, altrimenti le autorità, nel migliore dei casi, non permetterebbero l'accesso all'area. Solo un anno fa due giornalisti svedesi sono stati arrestati in Etiopia per essere andati in una regione dove non è permesso l'accesso e quindi incriminati per spionaggio, scontando oltre un anno di prigione!
Insomma, non si scherza con il democraticissimo governo etiope e con i suoi interessi interni, in cui c'è in gioco il destino di milioni di persone.
Per entrare nelle zone tribali fino a pochi mesi fa era necessario un particolare permesso, ma negli ultimi tempi non è più necessario ottenerlo, in virtù del fatto che moltissime persone e mezzi devono transitare nell'area per le coltivazioni delle aziende a cui sono stati dati in concessione i terreni. Insomma, il governo etiope vuole salvaguardare il turismo nella zona e al contempo sfrattare le popolazioni e le tribù che qui vivono, mantenendo alcune tribù quasi come fossero in un circo o uno zoo. Molti turisti, la quasi totalità, arrivano, scendono dai fuoristrada, fotografano e tornano indietro soddisfatti senza conoscere nulla di ciò che accade a queste popolazioni.
Vaste aree di questa regione, soprattutto quelle in prossimità del fiume e quindi quelle più fertili, sono off limits, con i militari che le controllano e poche informazioni che trapelano. Alcuni sono già coltivati e altri stanno venendo preparati per future coltivazioni, quasi sempre tramite compagnie straniere, che per pochi dollari all'anno ottengono in concessione migliaia di ettari terreno per decenni. Molti campi stanno venendo disboscati e si vedono sovente grandi scie di fumo in lontananza, anche se non è possibile avvicinarsi. E quindi alle popolazioni che ci vivono, alcune delle quali pastori nomadi, viene impedito di accedere per portare il bestiame al pascolo o per le coltivazioni. Nelle impervie e polverose strade della zona si vedono transitare decine e decine di camion che portano materiali, attrezzature e quanto necessario per le attività in queste immense piantagioni.
Insomma esiste un malefico e perverso piano del governo etiope, per depredare i terreni migliori e più fertili di questa vasta zona, opera già cominciata ma in ampliamento in tutta la regione.
Chi protesta viene incarcerato o con maniere poco gentili viene disincentivato a farlo. Gli indigeni non sono consapevoli dei loro diritti o delle leggi etiopi, che vengono quindi applicate arbitrariamente. In questo momento nella prigione della cittadina di Jinka, la località principale della valle, ci sono un centinaio di persone delle tribù incarcerate, alcune delle quali senza nemmeno un capo d'accusa. Semplicemente vengono messe in prigione e in seguito una imputazione e un giudice compiacente si trovano sempre. Oppure dopo un mese o due vengono semplicemente... rilasciate: grazie e arrivederci. Le persone del luogo sono intimorite e a quelli che parlano la vita viene resa molto dura, in un posto dove la vita è già molto, molto dura di per sé.
Pertanto le notizie di ciò che succede in questa regione, che giungono frammentarie nel resto del mondo e sovente non documentate adeguatamente, ci hanno spinto fino qua. Vogliamo accertarci della veridicità di quanto si sente, riportato da organizzazioni internazionali e da rapporti di persone e gruppi della zona, che in qualche modo, principalmente tramite il web e internet, riescono a comunicare e a raccontare quanto accade. E' estremamente difficile ottenere informazioni perché i testimoni dei fatti ovviamente non intendono esporsi. Non avrebbero poi nessuna protezione dalle rappresaglie che subirebbero. Inoltre i fatti avvengono in zone diverse e in situazioni e contesti diversi. Per avere un quadro preciso pertanto si deve valutare tutto ciò che avviene e non è assolutamente facile farlo, per molti motivi: l'impossibilità di avvicinarsi a certe zone, le problematiche della lingua e relative traduzioni e la reticenza delle persone ad esporsi sono solo alcuni di questi motivi.
C'è da ricordare che l'Italia ha un ruolo molto importante in ciò che accade in queste zone. A monte del fiume Omo è in costruzione una diga, che sarà la più imponente opera idroelettrica dell'Africa, data in appalto alla impresa italiana Salini SPA (appalto fra l'altro ottenuto senza gara, a scapito di tutte le -in teoria- severe leggi etiopi in merito). L'opera, una volta terminata -si prevede nel 2014- stravolgerà l'ecosistema delle zone a valle dove vivono parecchie centinaia di migliaia di persone, modificando i normali flussi idrici e le inondazioni stagionali del fiume e alterando quindi la possibilità di coltivazione delle popolazioni, che per alcuni è la loro unica fonte di sostentamento.
La bassa valle dell'Omo è un territorio di grande e incomparabile bellezza, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco per la ricchezza di siti naturali e per le popolazioni tribali che ci vivono, dove i più diversi biosistemi sono intrecciati con una delle ultime foreste pluviali dell'Africa Sub-sahariana. E ad alimentare la straordinaria biodiversità della regione, nonché a garantire la capacità alimentare delle sue popolazioni, sono proprio le piene stagionali del fiume dovute alle piogge degli altipiani. Al di là di
affermazioni fatte dal governo etiope in riferimento a presunti studi che stabiliscono che la diga non danneggerebbe l'ecosistema della zona, studi indipendenti asseriscono proprio il contrario: GIBE III comprometterà irrimediabilmente questo delicato ecosistema, fino al lago Turkana, che vedrebbe enormemente ridotta la ricezione delle acque dal fiume.
Data la complessità della situazione in questa area molto vasta, il resoconto del reportage è piuttosto articolato, ma supportato da fotografie e riprese video. Eviteremo di riportare nomi e immagini di persone che ce lo hanno richiesto, in modo che non possano essere riconosciute e subire gravi ritorsioni come avviene per tutti coloro che si oppongono ai piani delle autorità e del governo.
Dall'aeroporto più vicino, per raggiungere le aree tribali della valle del fiume Omo sono necessarie molte ore di viaggio in fuoristrada in strade sconnesse, solo in parte asfaltate. Nonostante ciò si vedono moltissimi camion in ogni senso di direzione di marcia, i quali transitano quasi esclusivamente in funzione dei terreni delle coltivazioni. Dopo un pernottamento giungiamo in una delle aree tribali e incontriamo una persona delle tribù che è a conoscenza di molti degli episodi che avvengono in queste zone e dei veri piani governativi.
Con un modesto ma efficace inglese ci rilascia la prima intervista. Quasi tutte le persone parlano solo i loro idiomi o al massimo l'etiope e una persona di queste tribù che parla l'inglese è più unica che rara. La notte campeggiamo in un villaggio e il giorno successivo assieme a questa persona ci allontaniamo a piedi andando nella foresta, per evitare di far comprendere all'autista e alla guardia che ci accompagna cosa stiamo facendo altrimenti saremmo subito segnalati alle autorità locali e sarebbero guai seri. Quindi ci facciamo raccontare la sua vicenda nonché quella del suo villaggio e ciò che hanno subito da parte del governo per mano della polizia e di forze speciali militari presenti nella zona. Tutte le registrazioni, fotografie e riprese video non mostreranno il volto di questa persona, ne particolari che potrebbero farla riconoscere (il contenuto di questa e altre interviste sono tutte incluse nel video che funge da complemento a questo articolo).
La fortuna si può dire che ci ha assistito ed ha voluto che nello stesso villaggio quel giorno fossero riuniti tutti i capi dei villaggi della tribù degli Omo Mursi. Siccome il loro leader è deceduto da poco tempo, erano tutti riuniti per eleggere quello che sarebbe diventato il loro nuovo capo. Questo significa che c'era una atmosfera serena e conciliante e dopo diverse consultazioni, essendo stati informati del motivo della nostra presenza, hanno accettato di fare loro stessi una intervista per spiegare cosa sta succedendo alle loro tribù. Si tratta di un documento video di enorme interesse, sia dal punto esplicativo in merito a cosa accade in queste zone, sia da un punto di vista etnografico che documenta un mondo che muore e le ultime culture libere delle savane dell'Africa. I contenuti delle riprese sono tutti presenti nel video del reportage.
Terminate le interviste e le riprese in questo villaggio, nella tarda mattinata ci spostiamo nella località di Hana Mursi, in prossimità del fiume Omo ed ai terreni dati in concessione alla azienda italiana Nuove Iniziative Industriali / O.B.M Renewable Energy. Questa località mostra tutti i segni dei piani del governo etiope per queste comunità. Si trova in prossimità del Mago National Park ed è vicinissima ai terreni dove avvengono le coltivazioni. Qui si nota una progresso che si potrebbe definire anomalo. Le abitazioni sono differenti dalle tradizionali capanne delle popolazioni autoctone. Sembra un avamposto di frontiera. E' una località in cui avviene un progresso forzato e vi si vedono per le strade membri di varie tribù che storicamente sono state in conflitto, per cui ancora oggi, per motivi legati a vecchi rancori, potrebbero sorgere nuovamente scontri. Questo avviene perché membri di alcune tribù sono stati portati volutamente a vivere in questa località, cosicché le tensioni fra tribù storicamente in antagonismo potessero fungere da scusa per inviare consistenti forze militari al fine di... mantenere l'ordine!
Questa località è anche l'ultimo punto dove è possibile arrivare, perché appena al di fuori ci sono i check point dei militari che bloccano l'accesso alle piantagioni e in ogni modo nessuno sarebbe disposto ad accompagnarci. Sarebbe anche impensabile camminare per chilometri sotto un sole cocente ad una temperatura di 35 gradi con un elevato tasso di umidità e con il rischio di essere arrestati appena individuati dalle forze di polizia. Nella cittadina si respira una strana aria. Ciò che più colpisce è la stridente convivenza di aspetti di vita tradizionali con altri legati alla modernità e allo sviluppo: un'amalgama senza armonia. Un luogo piuttosto irreale e spersonalizzato. In una località che per posizione geografica è sperduta in mezzo a savane nei più remoti luoghi dell'Africa...si vedono transitare molti camion! Tutti diretti o provenienti alla zona delle piantagioni.
La popolazione è composta di membri di varie tribù, nonché abitanti provenienti da altre regioni dell'Etiopia. In pratica in questa località i piani di reinsediamento sono già in stato avanzato e si può capire bene che se saranno portati avanti anche per le altre tribù al momento ancora relativamente libere, la cultura di queste popolazioni sarà irrimediabilmente compromessa e portata verso l'estinzione. Ci sono piani per collocare le varie tribù in unici insediamenti che stanno man mano venendo predisposti. Uno di questi, dove devono essere collocati tutti gli appartenenti alla tribù degli Omo Mursi, si trova in un luogo prossimo al villaggio dove abbiamo fatto le interviste. In questa area al momento, come ci è stato detto da diverse testimonianze e come già documentato da organizzazioni che si battono per i diritti di queste tribù, con i buldozer si sta distruggendo tutta la vegetazione per predisporre questo nuovo nucleo abitativo, nel quale trasferire a tempo debito tutti gli abitanti di quell'area.
A proposito di Nuove Iniziative Industrali che ha in concessione i terreni del'area, ecco una curiosa scritta che compare nel loro sito internet:
La NUOVE INIZIATIVE INDUSTRIALI Srl
nasce con l’obiettivo di rendere disponibili al mercato soluzioni innovative, secondo un modello definibile come SERVICE ENERGETICO: una soluzione globale che copre il processo realizzativo dell’impianto e assicura la fornitura di energia elettrica, riscaldamento e raffreddamento a costi sensibilmente inferiori a quelli derivanti dalle fonti tradizionali.
Quindi secondo loro la distruzione di intere culture e la negazione di fondamentali diritti umani per la creazione di energia, sono “costi inferiori”. Ma lo sa il Signor Luciano Orlandi, AD di Nuove Iniziative Industriali, che per la sua energia a “basso costo“ stanno venendo compiuti dei gravissimi crimini contro le popolazioni locali? E, come asserito dalle popolazioni locali, nessuno di questa compagnia ha mai interpellato i membri delle comunità, per informarli dei progetti su quelli che di fatto sono da considerarsi i proprietari dei terreni. Ma questo Luciano Orlandi ama addirittura definirsi il nuovo Mattei!!! Certo, perché secondo lui (come riportato sempre nei suoi siti aziendali e personali) dà lavoro a centinaia di persone in Africa? E ne vengono sfrattate e ridotte senza mezzi di sostentamento decine e decine di migliaia! Complimenti al... novello Mattei. Senza contare che non vengono fatte lavorare le persone delle tribù ma gli abitanti etiopi degli altopiani, ovviamente ritenuti più adatti per questi lavori: non sarebbe molto indicato far muovere un Caterpillar a una persona che conosce solo la vita della savana.
Il giorno successivo ci spostiamo in una zona ben più lontana, dove vivono altre tribù con usi, costumi e idiomi molto differenti da quelli dei Mursi. Siamo nella zona dei Karo, nel villaggio di Korcio. Qui da un promontorio si domina una spettacolare ansa del fiume Omo. E' uno dei rari punti in cui si può accedere al fiume, dato che per mancanza di vie di comunicazione e per via delle piantagioni e dei militari che le controllano, al fiume non è quasi mai possibile arrivarci. Da questo punto si possono anche vedere ampie radure e aree disboscate, date anch'esse in concessione ad un'altra impresa (la Omo Valley Farm Cooperation) per future coltivazioni di cotone e quindi sottratte alle popolazioni locali. Talvolta, come in questo caso, è possibile vedere i cartelli che indicano il nome delle compagnie che gestiscono i terreni e che riportano altre informazioni in merito all'attività svolta.
Il giorno successivo attraverso una pista nella savana ci spostiamo verso la località di Omorate, nel profondo sud vicino al confine con il Kenia. In questo tratto di percorso si costeggiano i terreni dati in concessione ad un'altra azienda italiana, la Free El Green Power. La guida e l'autista sono molto nervosi quando riprendiamo le piantagioni e quando facciamo fermare l'automobile per camminare all'interno per riprenderle meglio. E in effetti di tanto in tanto si vedono pattuglie della polizia locale ed essere visti a filmare in queste zone sarebbe estremamente pericoloso. Riprendiamo anche la pista di atterraggio attigua alle piantagioni. Le coltivazioni si estendono per chilometri e chilometri a perdita d'occhio. Mais e palma da olio per la produzione di biocombustibili.
Il mais è temporaneo, in attesa di estendere totalmente le coltivazioni a piante come la palma da olio per trarre biocombustibili, che sono il vero business: aziende come Ikea ed Ermenegildo Zegna già utilizzano questi prodotti biocombustibili acquistati dalla Nuove Iniziative Industriali per le loro aziende. Sono visibili canali e condutture per l'irrigazione e varie strutture di servizio e di deposito delle attrezzature e per lo stoccaggio delle coltivazioni. In certi punti si scorge del fumo e si riesce a riprendere il disboscamento in corso per far spazio a ulteriori terreni da rendere adatti alle coltivazioni. Questa è la valle dell'Omo oggi.
Terminiamo la giornata spostandoci nuovamente nella località di Jinka e l'indomani raccogliamo altre drammatiche testimonianze di persone appartenenti alla tribù degli Omo Mursi, che sono state arbitrariamente incarcerate. Molte di queste persone delle tribù sono state messe in prigione unicamente perché chiedevano spiegazioni in merito ai progetti e alle destinazioni dei terreni su cui vivono e protestavano contro gli abusi che stanno compiendo le autorità e il governo etiope nei loro confronti. Tramite una persona della loro tribù che è stata precedentemente in prigione, sono state raccolte le testimonianze di diverse persone incarcerate.
Ci potrebbero essere centinaia di storie da raccontare ma prenderemo solo una di queste come esempio. La persona (non possiamo mettere il suo nome e pertanto useremo solo le iniziali) si chiama A. G.. Questa è una persona anziana ed è anche una persona influente nella comunità della tribù dei Bodi Mursi. Assieme ad altre persone aveva iniziato a chiedere alle autorità perché i loro spostamenti ora fossero limitati, dal momento che sono nomadi ed hanno sempre girato liberi nei loro territori. Ma ora non sono più liberi di muoversi nelle terre dove hanno sempre portato il loro bestiame a pascolare e se si avvicinano o vanno in questi terreni, forze speciali militari etiopi gli impediscono di andare o di rimanerci.
Non ha fatto assolutamente nulla contro il governo o infranto nessuna legge, ma circa un anno fa è arrivata la polizia nel suo villaggio e gli è stato detto che in una località vicina c'era un meeting per parlare del problema dei terreni. Quando lui e altre persone sono arrivate nel luogo dove si doveva tenere questo meeting, le forze speciali di polizia li hanno ammanettati e portati in carcere. Quindi è stato accusato di avere ammazzato una persona dieci anni prima e ora dovrà restare in prigione per altri 14 anni. L'accusa si basa soltanto sulla testimonianza di un'unica persona, fra l'altro appartenente a una tribù antagonista.
L'operato del governo etiope per sottrarre i terreni a queste tribù avviene in diverse fasi e in diversi modi. A volte, prima portano nei terreni di una tribù persone di altre tribù con varie scuse. Ad esempio portano nei terreni di tribù addetta alla pastorizia, delle persone di tribù addette all'agricoltura. La scusa è che questi ultimi possono insegnare loro come coltivare i terreni. Dato che queste tribù in passato sono state in conflitto, mischiandosi poi è facile che avvengano nuovamente conflitti, anche perché queste tribù non vogliono persone di altre tribù nei loro territori. Quindi scoppiano disordini e con la scusa dei disordini il governo etiope invia forze militari speciali nella zona. A quel punto le forze speciali di polizia, che oltretutto sono a protezione delle piantagioni, arrestano le persone che protestano.
Nella prigione della cittadina di Jinka in questo momento ci sono un centinaio di persone di queste tribù. Sono persone che vivono nella savana e nessuno ha spiegato loro per quale motivo sono state incarcerate e quale fosse eventualmente il capo d'imputazione, in base a leggi che non sono le loro leggi. Inoltre gli arresti molte volte avvengono in modo totalmente arbitrario. L'unico e reale motivo per cui vengono arrestati è che sono persone che protestano per la sottrazione dei loro terreni e quindi influenzano anche il resto delle persone dei villaggi a protestare.
E' come se qualcuno entrasse in una casa privata e arriva la polizia arrestando il proprietario per essersi lamentato dell'intruso. Reparti speciali di polizia cercano le persone delle tribù che sono note di non sottostare all'esproprio delle loro terre e se li rintracciano li arrestano senza nessuna motivazione. Poi successivamente una scusa per un giudice compiacente la si trova sempre. Soprattutto con persone completamente prive di istruzione che non conoscono niente delle leggi dello stato in cui sono siti i loro territori.
Il mondo deve intervenire a difesa di queste persone e di queste comunità. Il governo etiope sta distruggendo le tribù di questa zona nel nome del progresso. Ma queste tribù hanno tutto il diritto che la loro cultura e i loro stili di vita vengano salvaguardati. Contrariamente a quanto asseriscono, le compagnie straniere a cui sono stati dato i terreni in concessione non parlano con i rappresentanti delle comunità locali per chiedere loro qualcosa in merito o per stabilire forme di compensazione per la sottrazione dei loro territori. Insomma, la storia si ripete e i “ricchi” stanno depredando le risorse dei “poveri”, le ultime terre selvagge dell'Africa con le loro culture uniche. E con esseri umani che hanno gli stessi inviolabili e inalienabili diritti di tutti gli altri esseri umani.
Questo semplice articolo non può spiegare per intero la situazione di questa zona e può solo chiarire alcuni aspetti che dovrebbero e devono essere approfonditi ulteriormente. Ma il piano del governo e delle autorità etiopi è ben chiaro: vogliono distruggere la cultura e le popolazioni di queste zone per depredarne tutte le ricchezze dei terreni.
MONDO, FAI QUALCOSA SUBITO PER FERMARE QUESTI CRIMINI. SAVE THE AFRICA.
Che i principali media informino su questi fatti e il governo italiano intervenga e si chiedano subito spiegazioni al governo etiope e alle aziende italiane coinvolte, sulle atrocità che si stanno compiendo in queste zone a scapito di minoranze etniche, comunità locali e tribù che sono patrimonio culturale dell'Africa e dell'umanità ma che, innanzitutto, sono esseri umani.
Reportage a cura di Gabriele Baldarelli in collaborazione con Senza PELI Sulla Lingua:http://www.facebook.com/
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