G8 Genova, condannato a due anni, vicequestore di polizia che mentì su piazza Manin
Di Checchino Antonini
Condannato il capo della celere di Bologna che coprì l'arresto illeggittimo di due spagnoli a Genova nel 2001
Due anni per falsa testimonianza (sospensione condizionale della pena) per il dirigente di polizia Luca Cinti, ex comandante del reparto mobile di Bologna all'epoca del G8 di Genova del 2001.
Il 20 luglio, poco dopo le 15, il suo reparto caricò i manifestanti pacifici riuniti in piazza Manin e arrestò due ragazzi spagnoli accusandoli di resistenza. Gli agenti sostennero che i due fossero armati di spranga e molotov, ma un video scagionò i due manifestanti. I quattro poliziotti responsabili dell'arresto sono stati condannati in via definitiva a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e sono attualmente sospesi dal servizio.
Al processo di primo grado contro i quattro, Cinti testimoniò in aula di aver visto il momento dell'arresto aggiungendo che uno dei due arrestati aveva in mano una spranga. Di fronte alla visione del filmato, che mostrava invece i due spagnoli assolutamente disarmati e inermi di fronte all'arresto, Cinti disse che non era certo che si trattasse proprio dei due spagnoli arrestati. Ma i due furono gli unici arrestati di quel pomeriggio a Piazza Manin mentre i "professionisti" comandati da Cinti imperversavano con manganelli e lacrimogeni su persone inermi, mani dipinte di bianco, mani alzate: piazza Manin era il punto di ritrovo delle reti pacifiste e nonviolente. La celere bolognese partecipava con "onore" alla mattanza generalizzata del più grande movimento di massa del nuovo secolo pianificata da De Gennaro per conto dei governi D'Alema e Berlusconi (a marzo c'erano state le violenze di Napoli).
Dopo la carica alle "mani bianche", la polizia arresta uno dopo l'altro i due ragazzi spagnoli che furono amanettati e fatti sedere in mezzo agli agenti. Un altro ragazzo che va a chiedere spiegazioni viene colpito e cade a terra.
La Procura di Genova ha chiesto l'archiviazione per le accuse contro i due ragazzi che hanno dovuto anche passare qualche giorno a Bolzaneto. E' stato l'unico processo alla polizia per i fatti di piazza Manin nonostante le oltre 50 querele presentate da persone che sono state picchiate dalla polizia.
Il 9 gennaio di quest'anno, interrogato in aula nel processo a suo carico dal pubblico ministero Francesco Cardona Albini e dagli avvocati di parte civile Emanuele Tambuscio e Laura Tartarini, Cinti ha sostenuto di nuovo la tesi per cui gli spagnoli siano stati arrestati per sbaglio da qualcun altro, mentre i veri responsabili dei disordini sarebbero rilasciati per errore dalla Questura. «Non abbiamo arrestato i due spagnoli, probabilmente in Questura è stato fatto qualche pasticcio». Tesi considerata "surreale" sia dal pubblico ministero che dagli avvocati di parte civile, ma ribadita in aula dal legale di Cinti durante la discussione finale. Il legale ha perfino sostenuto che il suo cliente avrebbe fatto nel processo di primo grado contro i suoi sottoposti, una testimonianza «scomoda ma favorevole ai due spagnoli». (continua a leggere su popoff) Checchino Antonini
Il 20 luglio, poco dopo le 15, il suo reparto caricò i manifestanti pacifici riuniti in piazza Manin e arrestò due ragazzi spagnoli accusandoli di resistenza. Gli agenti sostennero che i due fossero armati di spranga e molotov, ma un video scagionò i due manifestanti. I quattro poliziotti responsabili dell'arresto sono stati condannati in via definitiva a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e sono attualmente sospesi dal servizio.
Al processo di primo grado contro i quattro, Cinti testimoniò in aula di aver visto il momento dell'arresto aggiungendo che uno dei due arrestati aveva in mano una spranga. Di fronte alla visione del filmato, che mostrava invece i due spagnoli assolutamente disarmati e inermi di fronte all'arresto, Cinti disse che non era certo che si trattasse proprio dei due spagnoli arrestati. Ma i due furono gli unici arrestati di quel pomeriggio a Piazza Manin mentre i "professionisti" comandati da Cinti imperversavano con manganelli e lacrimogeni su persone inermi, mani dipinte di bianco, mani alzate: piazza Manin era il punto di ritrovo delle reti pacifiste e nonviolente. La celere bolognese partecipava con "onore" alla mattanza generalizzata del più grande movimento di massa del nuovo secolo pianificata da De Gennaro per conto dei governi D'Alema e Berlusconi (a marzo c'erano state le violenze di Napoli).
Dopo la carica alle "mani bianche", la polizia arresta uno dopo l'altro i due ragazzi spagnoli che furono amanettati e fatti sedere in mezzo agli agenti. Un altro ragazzo che va a chiedere spiegazioni viene colpito e cade a terra.
La Procura di Genova ha chiesto l'archiviazione per le accuse contro i due ragazzi che hanno dovuto anche passare qualche giorno a Bolzaneto. E' stato l'unico processo alla polizia per i fatti di piazza Manin nonostante le oltre 50 querele presentate da persone che sono state picchiate dalla polizia.
Il 9 gennaio di quest'anno, interrogato in aula nel processo a suo carico dal pubblico ministero Francesco Cardona Albini e dagli avvocati di parte civile Emanuele Tambuscio e Laura Tartarini, Cinti ha sostenuto di nuovo la tesi per cui gli spagnoli siano stati arrestati per sbaglio da qualcun altro, mentre i veri responsabili dei disordini sarebbero rilasciati per errore dalla Questura. «Non abbiamo arrestato i due spagnoli, probabilmente in Questura è stato fatto qualche pasticcio». Tesi considerata "surreale" sia dal pubblico ministero che dagli avvocati di parte civile, ma ribadita in aula dal legale di Cinti durante la discussione finale. Il legale ha perfino sostenuto che il suo cliente avrebbe fatto nel processo di primo grado contro i suoi sottoposti, una testimonianza «scomoda ma favorevole ai due spagnoli». (continua a leggere su popoff) Checchino Antonini
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