Dopo l'ultimo arresto la Lega contro Formigoni: "azzeramento o dimissioni"
L'arresto dell'assessore Domenico Zambetti per voto di scambio con la 'ndrangheta porta a 13 i politici regionali indagati, in larghissima maggioranza del Pdl. Il governatore appariva determinato a restare, ma dopo un vertice straordinario, il Carroccio gli ha tolto l'appoggio: "Si vota entro aprile"
L’arresto dell’assessore Domenico Zambetti per voto di scambio con la ‘ndrangheta è un altro colpo per la giunta di Roberto Formigoni, già assediato da richieste di dimissioni per gli scandali della sanità lombarda, che vedono lo stesso Formigoni indagato per corruzione per il caso Maugeri, e per i numerosi esponenti della sua maggioranza finiti in carcere o sotto inchiesta negli ultimi anni. Un colpo che questa volta rischia di farlo cadere definitivamente visto che la Lega nord, dopo un vertice straordinario, ha fatto sapere di non essere più disposta a fare “da stampella” al numero uno del Pirellone: “Domani – ha spiegato Salvini lasciando la sede della Regione dopo la riunione – io e Maroni incontriamo Formigoni con in tasca le dimissionidei nostri. Lasciamo a Formigoni la scelta se fare un passo a lato o indietro, ci ragioni su stanotte, la Lega è determinata ad andare avanti”. Riferendo le richieste del Carroccio, Salvini ha detto di aspettarsi “quantomeno l’azzeramento della giunta, il dimezzamento degli eventuali nuovi assessori ed eventualmente un nuovo presidente della Giunta”, che traghetti verso le elezioni anticipate. Perché, ha concluso il segretario della Lega Lombarda, “siamo consci del fatto che prima di aprile si andrà a votare”.
Con l’arresto di Zampetti infatti è salito a tredici il numero di esponenti politici – fra giunta e consiglio – indagati dal 2010, inizio della legislatura alla Regione. Ma prima della riunione il presidente Formigoni appariva ancora determinato a restare, e ai giornalisti che gli chiedevano se intendesse dimettersi dopo quest’ultimo scandalo rispondeva negativamente: “L’accusa è estremamente grave, ma riguarda l’assessore Zambetti che è già stato sollevato dal suo incarico”.
Ora, con il Carroccio che stacca definitivamente la spina al “Celeste”, resistere fino al 2015 appare un’impresa impossibile specie dopo le ultime parole di Salvini: “Noi con la ‘ndrangheta non c’entriamo un cazzo. La Regione Lombardia non arriverà a fine mandato. Una Regione che numeri alla mano rivendichiamo essere la meglio amministrata in Italia. Però un conto è la buona amministrazione, un conto è l’infiltrazione criminale che ha portato qualcuno ad essere eletto in Consiglio regionale”.
Ilda Boccassini: “Democrazia violata”
Questa volta, però, il macigno è di quelli pesanti. “La ‘ndrangheta inquina la vita politica in Lombardia e a Milano” e quindi “incide sulla democrazia”, ha denunciato Ilda Boccassini, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, l’ufficio che ha condotto l’indagine su Zambetti. Ed è la prima volta che un politico lombardo lombardo di alto livello finisce in manette per una specifica accusa di collusione con la mafia, anche se molti nomi di peso sono rimasti “impigliati” nelle carte delle inchieste degli ultimi anni, dal consigliere comunale milanese Armando Vagliati(Pdl, mai indagato) all’ex assessore provinciale Bruno Oliverio (assolto in primo grado nel processo Infinito). Ora per la prima volta, ha sottolineato infatti Boccassini, “è stata dimostrata in Lombardia l’esistenza del voto di scambio” e soprattutto si è applicato “l’articolo 416 ter del codice penale che punisce chi chiede i voti alle cosche e in cambio paga”.
Questa volta, però, il macigno è di quelli pesanti. “La ‘ndrangheta inquina la vita politica in Lombardia e a Milano” e quindi “incide sulla democrazia”, ha denunciato Ilda Boccassini, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, l’ufficio che ha condotto l’indagine su Zambetti. Ed è la prima volta che un politico lombardo lombardo di alto livello finisce in manette per una specifica accusa di collusione con la mafia, anche se molti nomi di peso sono rimasti “impigliati” nelle carte delle inchieste degli ultimi anni, dal consigliere comunale milanese Armando Vagliati(Pdl, mai indagato) all’ex assessore provinciale Bruno Oliverio (assolto in primo grado nel processo Infinito). Ora per la prima volta, ha sottolineato infatti Boccassini, “è stata dimostrata in Lombardia l’esistenza del voto di scambio” e soprattutto si è applicato “l’articolo 416 ter del codice penale che punisce chi chiede i voti alle cosche e in cambio paga”.
I consiglieri del centrosinistra pronti a dimettersiI consiglieri regionali di Pd, Idv e Sel sono “pronti a rassegnare le dimissioni” e invitano i consiglieri regionali della Lega Nord a fare un passo indietro per far cadere il Consiglio regionale e tornare al voto. ”Oggi siamo arrivati all’apice – ha spiegato Luca Gaffuri - La Lega Nord ora deve battere un colpo, perché è una forza politica che ha sempre combattuto la malavita organizzata e non può sottrarsi a questo per fini elettorali”. Per far cadere il Consiglio regionale sarebbero necessarie le dimissioni di 41 consiglieri. L’opposizione da sola arriverebbe a 31 consiglieri, nel caso in cui decidessero di dimettersi insieme a Pd, Idv e Sel anche gli esponenti dell’Udc, dei Pensionati eFilippo Penati (gruppo misto).
Berlusconi: “Tenere duro in Lombardia”
Nel pomeriggio Silvio Berlusconi ha riunito a palazzo Grazioli un vertice con lo stato maggiore del partito: Angelino Alfano, Ignazio La Russa, Denis Verdini e il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri. Diverse le questioni sul tavolo: dalla modifica della legge elettorale, all’annuncio del Cavaliere di fare un passo indietro a favore dell’unità di tutti i moderati. Ma soprattutto la questione Lombardia. E la linea del Cavaliere è stata la stessa di sempre: resistere. Tenere duro e far passare inchieste ed attacchi. La stessa strategia tenuta in occasione del balletto sulle dimissioni dell’ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Anche in quel caso Alfano e Berlusconi dissero più volte all’ex segretaria dell’Ugl di tenere duro.
Nel pomeriggio Silvio Berlusconi ha riunito a palazzo Grazioli un vertice con lo stato maggiore del partito: Angelino Alfano, Ignazio La Russa, Denis Verdini e il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri. Diverse le questioni sul tavolo: dalla modifica della legge elettorale, all’annuncio del Cavaliere di fare un passo indietro a favore dell’unità di tutti i moderati. Ma soprattutto la questione Lombardia. E la linea del Cavaliere è stata la stessa di sempre: resistere. Tenere duro e far passare inchieste ed attacchi. La stessa strategia tenuta in occasione del balletto sulle dimissioni dell’ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Anche in quel caso Alfano e Berlusconi dissero più volte all’ex segretaria dell’Ugl di tenere duro.
Romano La Russa: “Non ci sono motivi per andare a casa”
Ma il collega di giunta di Zambetti, Romano La Russa, non vede dove sia il problema: “Non ci sono gli estremi per andare a casa, poi vediamo”. “Cercheremo di capire meglio – ha aggiunto l’assessore – che cosa gli è successo, ma mi sembra una cosa strana. Le accuse sono gravi, ha fatto bene Formigoni a togliergli le deleghe: ma per il momento non si pone un problema politico, si pone un problema personale”. La Russa si è dunque detto convinto che la Lega non cambierà atteggiamento facendo cadere la Giunta Formigoni: “Nnon credo proprio, non mi risulta che da parte della Lega ci sia stata una reazione di questo genere”.
Ma il collega di giunta di Zambetti, Romano La Russa, non vede dove sia il problema: “Non ci sono gli estremi per andare a casa, poi vediamo”. “Cercheremo di capire meglio – ha aggiunto l’assessore – che cosa gli è successo, ma mi sembra una cosa strana. Le accuse sono gravi, ha fatto bene Formigoni a togliergli le deleghe: ma per il momento non si pone un problema politico, si pone un problema personale”. La Russa si è dunque detto convinto che la Lega non cambierà atteggiamento facendo cadere la Giunta Formigoni: “Nnon credo proprio, non mi risulta che da parte della Lega ci sia stata una reazione di questo genere”.
Pisapia: “Così non si può andare avanti”Sul fronte opposto, mentre il leader di Sel Nichi Vendola conia l’immagine di un Formigoni travolto “da uno tsunami di melma”, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia (sempre Sinistra Ecologia e Libertà) mette da parte il bon ton istituzionale e ai giornalisti dichiara: ”Così non si può più andare avanti. Chiaramente devono essere verificate tutte le accuse, però”, aggiunge da tecnico del diritto, “devo ricordare che per l’ordinanza di custodia cautelare sono necessari gravi indizi di colpevolezza. Il che significa che le indagini sono già avanti”. Immediata la replica dell’interessato, cioè Formigoni: “Il sindaco Pisapia non è consigliere regionale”.
“E’ un fatto non grave, ma gravissimo – insiste Pisapia – Sono contestati reati che non possono non avere una punizione”. Pisapia ha aggiunto che dal suo arrivo a Palazzo Marino “ho subito allontanato alcune persone indagate o su cui c’erano elementi di sospetto serio rispetto a un comportamento illecito. Certo è che ho fatto il possibile e l’impossibile il Comune di Milano non può farlo”. Per questo “è giusto che ci sia la magistratura che indaghi e soprattutto che tutti i protocolli d’intesa non siano solo pezzi di carta ma realtà fondamentali per la legalità e per evitare infiltrazioni”.
Proprio l’altro ieri, è stato condannato in primo grado a due anni e mezzo per falso e truffa il consigliere del Pdl Gianluca Rinaldin mentre la scorsa settimana è stato chiesto il rinvio a giudizio per varie ipotesi di reato, fra cui corruzione, per l’ex vice presidente dell’Aula, Filippo Penati, ex Pd.
Nel frattempo il gip di Milano Vincenzo Tutinelli si è riservato sulla richiesta avanzata dalla procura di proroga della carcerazione preventiva per Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone indagati nell’inchiesta con al centro la Fondazione Maugeri. La decisione è attesa entro domani. Oggi si è tenuta l’udienza a porte chiuse. La procura avrebbe sottolineato una volta di più il pericolo di fuga e reiterazione del reato. Daccò è detenuto ad Opera dallo scorso 15 novembre in quanto arrestato anche per la vicenda del San Raffaele (nei giorni scorsi è stato condannato dal gup a 10 anni di carcere), mentre Simone è a San Vittore dal 13 aprile.
fonte: Il Fatto Quotidiano
Commenti