Vi siete mai chiesti cosa faccia il figlio di Giorgio Napolitano?
Roberto Tomei è un dirigente dell’Istat. Con una grande passione per il diritto e la giurisprudenza. Numerose sono le sue pubblicazioni in tali ambiti. Nel 2000 decise di partecipare ad un concorso pubblico, per l’assegnazione di una cattedra universitaria di diritto amministrativo (come professore associato, o di seconda fascia che dir si voglia), resasi vacante nella facoltà di giurisprudenza dell’Università del Molise. Ovviamente non era l’unico candidato. Assieme a Tomei si presentarono altre persone. Come rivela lo stesso Tomei al quotidiano Italia Oggi:…..
«Non ce la feci, perché, nonostante avessi scritto libri e pubblicazioni in materia, la commissione esaminatrice non li ritenne idonei ai fini del punteggio».
«Ritenne invece idonee per la cattedra altre tre persone prima di me: Andrea Rallo, che venne chiamato dalla stessa università del Molise, e, a seguire, Marina D’Orsogna e Giulio Napolitano, che furono chiamati rispettivamente, dall’università di Teramo e dall’università della Tuscia».
Fin qui nulla di strano: una persona partecipa ad un concorso per vincere una cattedra universitaria, e la commissione esaminatrice non la ritiene idonea. Se non ci fossero, però, due dettagli. Che qualche ombra sul mancato superamento del concorso la gettano.
Il primo dettaglio è che Giulio Napolitano è figlio del più noto Giorgio: oggi Presidente della Repubblica. Così come – sempre Giulio Napolitano – attualmente lavora come consigliere per la Presidenza del Consiglio.
Il secondo dettaglio rilevante è che il figlio del Capo dello Stato – rispetto al Tomei – si presentò avendo pubblicato un minor numero di libri.
Ecco come racconta ancora a Italia Oggi l’accaduto, Roberto Tomei:
«Con l’aiuto del mio legale, l’avvocato Giorgio Carta, ho presentato subito ricorso, prima davanti al Tar del Lazio e poi al Consiglio di stato, contro il decreto del rettore dell’università del Molise che aveva approvato gli atti del concorso».
«Con l’aiuto del mio legale, l’avvocato Giorgio Carta, ho presentato subito ricorso, prima davanti al Tar del Lazio e poi al Consiglio di stato, contro il decreto del rettore dell’università del Molise che aveva approvato gli atti del concorso».
«E il Cds (Consiglio di stato, ndr), con una sentenza che definirei storica, visto anche lo spazio che gli hanno dato i giornali, la n. 2364/2004, mi ha dato ragione, affermando il principio secondo cui per pubblicazione debbono intendersi soltanto le pubblicazioni diffuse nell’ambito della comunità scientifica che il candidato può vantare all’atto della domanda».
Al che, il giornalista di Italia Oggi – Roberto Altesi – chiede al Tomei se Giulio Napolitano avesse «i titoli in regola».
E Tomei risponde:
«No. E questo non lo dico io ma il Consiglio di stato, che le cito testualmente: «la monografia del dott. Napolitano «Servizi pubblici e rapporti di utenza» risulta prodotta in esemplare stampato in proprio dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo per essere definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo». E i giudici aggiungono: «Tale lavoro ha costituito elemento decisivo per la valutazione del candidato, in quanto ritenuto, dalla commissione, quello di maggior rilievo sul piano sia formale sia sostanziale, come si evince chiaramente dai giudizi formulati, onde la sua non ammissibilità impone, di necessità, la rinnovazione del giudizio di idoneità espresso nei suoi confronti». Insomma, il Consiglio di stato, non io, ha imposto alla commissione esaminatrice di annullare la prova e di rifarla, rivalutando i titoli».
Al che il giornalista chiede a Tomei, se ciò sia stato fatto.
«No. E questo non lo dico io ma il Consiglio di stato, che le cito testualmente: «la monografia del dott. Napolitano «Servizi pubblici e rapporti di utenza» risulta prodotta in esemplare stampato in proprio dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo per essere definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo». E i giudici aggiungono: «Tale lavoro ha costituito elemento decisivo per la valutazione del candidato, in quanto ritenuto, dalla commissione, quello di maggior rilievo sul piano sia formale sia sostanziale, come si evince chiaramente dai giudizi formulati, onde la sua non ammissibilità impone, di necessità, la rinnovazione del giudizio di idoneità espresso nei suoi confronti». Insomma, il Consiglio di stato, non io, ha imposto alla commissione esaminatrice di annullare la prova e di rifarla, rivalutando i titoli».
Al che il giornalista chiede a Tomei, se ciò sia stato fatto.
E il dirigente dell’Istat risponde:
«Macchè. La Commissione esaminatrice, stordita dall’inattesa decisione del Consiglio di stato (soltanto pochi candidati fino a quel momento erano riusciti a vincere innanzi al Consiglio di stato un ricorso inerente concorsi universitari) non ha saputo che pesci prendere, tanto da preferire di farsi decadere. Una nuova Commissione, costituita nell’agosto 2005, è stata poi annullata più di un mese dopo. Solo dopo una diffida da parte mia, a febbraio del 2006, la commissione è stata ricostituita terminando i propri lavori nel giugno del 2006. Non essendosi presentata la candidata D’Orsogna, si trattava di attribuire due posti fra i rimanenti candidati, cioè Napolitano e me».
«Ancora una volta sono stato bocciato, ancorché mi dovessero essere valutati titoli non considerati dalla prima commissione. E’ risultato idoneo invece Giulio Napolitano, nonostante il suo lavoro principale, quello sul quale la prima commissione aveva fatto leva per promuoverlo, non potesse essere più oggetto di valutazione secondo la sentenza del Consiglio di stato».
«Macchè. La Commissione esaminatrice, stordita dall’inattesa decisione del Consiglio di stato (soltanto pochi candidati fino a quel momento erano riusciti a vincere innanzi al Consiglio di stato un ricorso inerente concorsi universitari) non ha saputo che pesci prendere, tanto da preferire di farsi decadere. Una nuova Commissione, costituita nell’agosto 2005, è stata poi annullata più di un mese dopo. Solo dopo una diffida da parte mia, a febbraio del 2006, la commissione è stata ricostituita terminando i propri lavori nel giugno del 2006. Non essendosi presentata la candidata D’Orsogna, si trattava di attribuire due posti fra i rimanenti candidati, cioè Napolitano e me».
«Ancora una volta sono stato bocciato, ancorché mi dovessero essere valutati titoli non considerati dalla prima commissione. E’ risultato idoneo invece Giulio Napolitano, nonostante il suo lavoro principale, quello sul quale la prima commissione aveva fatto leva per promuoverlo, non potesse essere più oggetto di valutazione secondo la sentenza del Consiglio di stato».
Allora il giornalista di Italia Oggi, chiede al Tomei se nel frattempo Giulio Napolitano avesse pubblicato altri testi, questi sì, idonei.
E Tomei risponde:
«E’ noto che in tutti i concorsi i titoli che si presentano debbono essere posseduti alla data della domanda, e non è possibile alcuna sanatoria in corso d’opera. Quindi se anche avesse scritto qualcosa nel frattempo, non avrebbe potuto essere valutata in quel concorso».
«E’ noto che in tutti i concorsi i titoli che si presentano debbono essere posseduti alla data della domanda, e non è possibile alcuna sanatoria in corso d’opera. Quindi se anche avesse scritto qualcosa nel frattempo, non avrebbe potuto essere valutata in quel concorso».
P.S.: le informazioni contenute in questo post, sono tratte da un articolo di Roberto Altesi apparso martedì 20 marzo 2007, a pagina 5, sul quotidiano Italia Oggi. I virgolettati sono riportati fedelmente e per intero. E le notizie contenute nell’articolo succitato non sono state né contestate né smentite dal dott. Professor Giulio Napolitano.
Ma restando in argomento non è certo meno interessante chiedersi cosa faccia la nipote di Giorgio Napolitano. Il lavoro non è sicuramente un diritto, come ha ribadito lacrima Fornero, ma in compenso il nepotismo sembra davvero vicino a diventarlo.
fonte: ariachetira.blogspot.it tratto da informarexresistere.fr
Commenti