Separazione consensuale: senza avvocato, in tempi brevi e a basso costo
di Maria Monteleone
I coniugi possono separarsi legalmente in modo celere, economico e senza bisogno dell’assistenza di un avvocato, quando scelgano una separazione di tipo “consensuale”.
Si può procedere alla separazione consensuale quando vi sia l’accordo di entrambi i coniugi sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio (cioè, entrambi vogliano separarsi) e su tutti i connessi aspetti patrimoniali (misura e modalità dell’assegno di mantenimento per il coniuge e i figli).
Se la coppia ha dei figli è necessario, inoltre, un accordo relativo al loro affidamento e mantenimento, che non sia in contrasto con l’interesse dei figli stessi [1].
Per portare a compimento la procedura di separazione, la coppia (o il singolo coniuge) deve compilare e firmare un apposito atto di ricorso [2], con il quale chiede al Tribunale la separazione alle condizioni già pre-concordate con l’ex partner. Il ricorso deve essere depositato presso la cancelleria del Tribunale competente [3]. Vi dovranno essere allegati i seguenti documenti:
1) estratto dell’atto di matrimonio, rilasciato dal Comune in cui esso è stato celebrato;
2) stato di famiglia;
3) certificato di residenza dei coniugi;
4) nota di iscrizione a ruolo per le cause ordinarie.
Entro cinque giorni dal deposito del ricorso e dei suddetti documenti, il Presidente del Tribunale fissa l’udienza di comparizione dei coniugi dinanzi a sé. Si consiglia, pertanto, di recarsi, di tanto in tanto, dopo il deposito del ricorso, in cancelleria, onde verificare che la data di udienza sia stata stabilita e tenerne memoria.
In udienza, i coniugi devono comparire personalmente e (eventualmente) confermare la volontà di separarsi alle condizioni che hanno già indicato nel ricorso. Nulla vieta, ovviamente, che nel frattempo gli stessi abbiano trovato un accordo, decidendo di tornare insieme. In tal caso, gli sposi potranno anche evitare di presentarsi in Tribunale.
Confermata la volontà di separazione, il giudice verifica che gli accordi di separazione sianolegittimi e, in caso affermativo, omologa la separazione dichiarandoli efficaci. La separazione consensuale, infatti, per essere efficace, deve essere omologata dal Tribunale. L’omologa non è nient’altro che una sorta di “visto”, un controllo sulla conformità e compatibilità degli accordi di separazione alla legge, che conferma la validità della separazione stessa. È un procedimento che si instaura d’ufficio, senza la necessità di alcuna specifica ed ulteriore domanda da parte dei coniugi.
Il giudice deve prestare particolare attenzione all’accordo che i coniugi hanno raggiunto per iltrattamento della prole a seguito della separazione. Infatti, nel caso in cui tale accordo risulti in contrasto con gli interessi dei figli, specie se minorenni, il giudice può riconvocare i genitori, invitandoli a modificare le condizioni dell’accordo. Se questi non vogliono apportare le modifiche suggerite loro dal giudice o comunque non riescono a trovare una soluzione idonea, il giudice può rifiutare l’omologazione della separazione [4].
Quando manca il consenso di entrambi i coniugi o questi non riescono a trovare pacificamente un accordo sugli aspetti familiari, economici e patrimoniali della separazione, bisogna abbandonare la prospettiva di una separazione consensuale e ricorrere invece allaseparazione giudiziale, la quale comporta l’assistenza necessaria di un legale per ciascun coniuge e l’instaurazione di un vero e proprio contenzioso, con tutti i costi e i lunghi tempi processuali che questo comporta.
[1] Art. 158 cod. civ.
[2] Si tratta di un modulo prestampato disponibile presso la cancelleria del tribunale o scaricabile da internet.
[3] Se il ricorso è presentato da entrambi i coniugi, il tribunale competente è quello del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi; se è presentato da un solo coniuge, il tribunale è quello del luogo di residenza o domicilio dell’altro coniuge (art. 706 cod. proc. civ.).
[4] Art. 158, c. 2, cod. civ. È importante sottolineare che il giudice non può mai sindacare la scelta dei coniugi di separarsi ma soltanto le scelte relative al trattamento dei figli, qualora esse siano in palese contrasto con gli interessi e le esigenze di vita di questi.
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