Fornero shock: "il lavoro non è un diritto" ma la stampa asservita riporta tutt'altro...
Dopo la scandalosa dichiarazione di Monti, secondo il quale i giovani si devono abituare ad essere precari, senza tenere conto che la disoccupazione giovanile in Italia è del 36% e che tra un lavoro e l'altro potrebbero esserci mesi, anni di disoccupazione (tra l'altro hanno rivisto i requisiti per gli ammortizzatori sociali) dal governo arriva un'altra dichiarazione scandalosa in tema lavoro, l'ennesima dichiarazione infelice della Fornero, che probabilmente, non avendo esperienza politica - cioè non avendo l'abitudine a mentire e rilasciare esclusivamente dichiarazioni propagandistiche, belle parole fini a se stesse - si lascia sfuggire dalla bocca quello che pensa, e questi suoi pensieri non sono confortanti.
La ministro del welfare, anziché preoccuparsi di migliorare lo stato sociale, si preoccupa di smantellarlo...
Di seguito l'articolo di Pietro Yates Moretti per ADUC
E’ scoppiata l’ennesima polemica sulle dichiarazioni del ministro del Welfare Elsa Fornero che avrebbe detto al Wall Street Journal: “il lavoro non è un diritto”.
Evidentemente, posta cosi’, non vi è dubbio che sembra contraddire il primo comma dell’art. 4 della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”
Ma cosa ha davvero detto la ministra? Lo si vede andandosi a rileggere i transcripts dell’intervista, che il quotidiano statunitense ha reso disponibili insieme all'articolo:
"That includes youth, who need to know a job isn't something you obtain by right but something you conquer, struggle for and for which you may even have to make sacrifices."
Letteralmente: "E questo include i giovani, che devono sapere che un (posto di) lavoro non è qualcosa che si ottiene di diritto ma qualcosa che devi conquistare, faticare e per il quale potresti dover fare anche dei sacrifici".
Notare che in inglese, “a job” vuol dire appunto “un posto di lavoro”. La ministra ha detto più o meno quello che dice la nostra Costituzione, come peraltro interpretata -già dal lontano 1965- dalla Corte Costituzionale: “i principi generali di tutela della persona e del lavoro … non si traducono nel diritto al conseguimento ed al mantenimento di un determinato posto di lavoro” (vedi ordinanza 56/2006)
Ecco quindi una polemica inventata, alimentata da una stampa che nel limitarsi a riportare le varie reazioni politiche strampalate, non si preoccupa di andare a leggere cosa sia stato effettivamente detto informandone i lettori.
Facciamo questo appunto non tanto per entrare nel merito delle dichiarazioni della ministra, ma per mettere in evidenza quanto il dibattito politico italiano sia incentrato sul nulla e i danni che questo urlio ci ha provocato e ci provoca, distogliendo l’attenzione sui veri problemi. Il tutto alimentato da una stampa pigra, compiacente e spesso pronta a cavalcare le polemiche invece di fare ciò che dovrebbe: informare.
La riforma della politica italiana passa anche da una profonda autoriforma del giornalismo nostrano, ovvero di quel “potere” che dovrebbe vigilare sui governanti e informare i cittadini per permettere loro di fare scelte adeguate. E non invece trasformarsi in una sorta di megafono del nulla.
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