L'Italia sta diventando un paese di "paperoni" e "poveracci"
La forchetta tra ricchi e poveri è sempre più ampia. I giovani e i meridionali i più colpiti
di Paolo Ribichini
Equità sociale. Una chimera, in Italia. Infatti, le 10 persone più ricche hanno un patrimonio superiore ai 3 milioni di cittadini più poveri. Un dato che mostra una sproporzione incredibile ma che non spiega fino in fondo i cambiamenti che sono avvenuti nel nostro Paese.
Dieci uomini “valgono” come tre milioni. Si chiamano Del Vecchio, Berlusconi, Ferrero, Rocca, Armani, Prada, Bertelli, Pessina, Benetton e Moretti. Gli uomini più ricchi d’Italia. Nelle loro mani un patrimonio pari a quello di un enorme esercito di poveri. Ma non ci sono solo i ricchissimi. L’1% della popolazione ha per le mani il 15% della ricchezza complessiva, mentre il 60% degli italiani, quelli meno abbienti possiede appena il 17%.
Ricchi e poveri, aumenta il divario. Dal boom economico degli anni sessanta ad oggi, molte cose sono cambiate. I frutti delle rivendicazioni e delle lotte sindacali hanno prodotto un complessivo miglioramento dell’equità socio-economica del nostro Paese. Poi, però, negli anni novanta e – in parte – negli anni duemila la forchetta è andata ad ampliarsi. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre di più.
Identikit del ricco: anziano, del nord e di famiglia benestante. La ricchezza ha origini lontane. Mediamente il 55% del patrimonio di una persona abbiente non è frutto del lavoro, bensì di eredità. Questo a dimostrazione del fatto che in Italia la mobilità sociale è ancora una chimera. La ricchezza, inoltre, si è spostata tra le classi più anziane. Se negli anni ottanta gli under 34 potevano vantare un potere d’acquisto in linea con le altre classi d’età, oggi la capacità di spesa dei giovani è ampiamente ridotta a favore degli over 44. Tra le classi sociali, negli ultimi 20 anni hanno visto ridursi il valore reale dei propri stipendi gli operai, gli impiegati e in piccola parte anche i quadri. Si sono arricchiti, invece, i dirigenti. Dal punto di vista geografico c’è un chiaro aumento del divario tra nord e centro, da una parte, e sud, dall’altra.
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