Iran, oro e petrolio: la prossima guerra dei banksters
Ricordiamo il vero motivo per cui Moammar Gheddafi è morto. Ha osato proporre e ha iniziato a creare una moneta alternativa alla riserva mondiale del dollaro statunitense. La lezione imparata in Libia è subito pronta per essere insegnata in Iran. Dimenticate tutto il baccano fatto per il nucleare, il vero messaggio è che comandano i bankster e le nazioni servono i loro nuovi padroni. Comprendiamo meglio la pubblicità martellante e la disinformazione che circonda corsa alla guerra, se esaminiamo la situazione dal punto di vista del deputato iraniano Kazem Jalali. Il Tehran Times riporta la sua dichiarazione:
"L’Unione Europea deve rendersi conto che non potrà mai costringere la Repubblica Islamica a soccombere al suo volere e a minare la determinazione dell’Iran a raggiungere la gloria, l’indipendenza, l’accesso alle tecnologie moderne, e a salvaguardare i propri diritti.”
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"L’Unione Europea deve rendersi conto che non potrà mai costringere la Repubblica Islamica a soccombere al suo volere e a minare la determinazione dell’Iran a raggiungere la gloria, l’indipendenza, l’accesso alle tecnologie moderne, e a salvaguardare i propri diritti.”
L’Unione Europea sta cercando di politicizzare l’atmosfera delle trattative sul nucleare con l’Iran, e sa che le sanzioni sull’esportazione di petrolio da parte dell’Iran non possono essere implementate, dato che il mondo non si limita a una manciata di nazioni europee.
Molti commentatori politici avvertono che un embargo sarebbe un ultimatum. Riguardo al recente embargo di petrolio contro l’Iran, Chris Floyd osserva che:
Questa settimana, i signori della guerra d’Occidente hanno compiuto un altro passo verso la loro tanto desiderato conflitto contro l’Iran. (Guerra aperta, ecco cos’è; la loro lotta velata va avanti da decenni, per mezzo di sovversioni, terrorismo ed emissari come Saddam Hussein.) Lunedì, l’Unione Europea ha seguito ubbidientemente i dettami dei padroni di Washington, accettando di imporre l’embargo al petrolio iraniano.L’embargo bandisce tutti i nuovi contratti con l’Iran e taglia fuori tutti i patti stipulati dallo scorso luglio in poi. L’embargo è accompagnato dal congelamento di tutti capitali della banca centrale iraniana. Imponendo queste misure draconiane a un paese che non è in guerra con nessuna nazione, che non invade o attacca un altro stato da secoli, e che sta sviluppando un programma di energia nucleare che non è interamente legale dal punto di vista del diritto internazionale, ma che è anche soggetto alle più severe ispezioni internazionali mai viste, l’Unione Europea sta "prendendo di mira l’ancora di salvezza economica del regime", come afferma uno dei suo diplomatici con ammirevole candore.
L’aspetto più importante della risposta dell’Iran la si può trovare nel modo in cui vanno a modificarsi gli accordi sull’esportazione di petrolio e nel futile effetto che i dettami imperialistici statunitensi, inglesi ed europei hanno sui mercati.
Debkafile segnala che l’India (e probabilmente la Cina) pagheranno in oro per il petrolio iraniano.
India e Cina acquistano circa un milione di barili al giorno, ovvero il 40% di due milioni e mezzo di barili al giorno (bpd) prodotti dall’Iran. Sono entrambe delle superpotenze in termini di capitali in oro.Commerciando in oro, Nuova Delhi e Pechino permetterebbero a Teheran di bypassare il congelamento imminente dei capitali della sua banca centrale e l’embargo del petrolio che i Ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno accettato di imporre lunedì, 23 gennaio. Oggi, l’Unione Europea compra circa il 20% del petrolio iraniano esportato.
Un’analisi più dettagliata, presentata dall’articolo “Tehran Pushes to Ditch the US Dollar” [“Tehran preme per scaricare il dollaro”, ndt], fornisce molte ragioni del perché l’embargo fallirà.
L’Iran può anche essere isolato dagli Stati Uniti e dall’Europa Occidentale, ma Teheran ha ancora diversi fedeli alleati. Iran e Venezuela stanno promuovendo progetti congiunti da quattro miliardi di dollari, inclusa una banca. L’India si è impegnata a continuare ad acquistare il petrolio iraniano, perché Teheran è stata una grande partner in affari per Nuova Delhi, che si batte per proseguire le importazioni. La Grecia si è opposta all’Unione Europea perché l’Iran è stato uno dei pochi fornitori che ha permesso alla Grecia in bancarotta di acquistare petrolio a credito. La Corea del Sud e il Giappone stanno implorando per ottenere delle esenzioni dall’embargo, poiché fanno affidamento sul petrolio iraniano. I legami economici tra Russia e Iran diventano sempre più forti di anno in anno.Poi c’è la Cina. Le risorse energetiche dell’Iran rappresentano una questione di sicurezza nazionale per la Cina, dato che l’Iran fornisce ai cinesi almeno il 15% del petrolio e del gas naturale. Ciò rende l’Iran fondamentale per la Cina, più di quanto non lo sia l’Arabia Saudita per gli Stati Uniti. Non aspettiamoci che la Cina tenga conto delle sanzioni europee e statunitensi: troverà un modo per aggirarle, per proteggere il commercio bilaterale tra le due nazioni, che al momento raggiunge la cifra di 30 miliardi di dollari e ci si aspetta che raggiungerà i 50 miliardi entro il 2015. In effetti, la Cina probabilmente ci guadagnerà dalle sanzioni imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, dato che potrà acquistare petrolio e gas dall’Iran a prezzi ribassati.
Allora perché l’Unione Europea è così determinata ad applicare queste sanzioni? Possiamo trovare la risposta a questa domanda nel video “Why does the EU join in sanctions against Iran?” [“Perché l’Unione Europea impone le sanzioni contro l’Iran?”, ndt].
Ma queste sono solo una parte delle motivazioni. Per l’intera storia, bisogna confrontare le opinioni del video “Israel pulling the strings for war with Iran” [“Israele muove i fili per la guerra con l’Iran”, ndt] che possiamo trovare su YouTube.
La cosa che confonde un osservatore casuale è che qualunque discussione che possa essere critica per Israele è un tabù per la buona società. Beh, quando si tratta di affrontare la prospettiva imminente di un conflitto armato in Medio Oriente, il collegamento tra l’influenza decisiva della politica americana, che coincide con l’obiettivo principale di Israele, viene zittita nella stampa e nei media conservatori. Perciò, l’elemento chiave da esaminare è la relazione tra gli interessi sionisti e la preservazione fondamentale del predominio della moneta della Federal Reserve, come mezzo di pagamento per il petrolio.
Riflettete su questa equazione dal punto di vista del controllo assoluto. Il petrolio è il carburante che fa muovere il motore delle economie. Il denaro è il mezzo di scambio che paga il petrolio. La guerra è il mezzo universale per evitare i crollo del sistema di riciclaggio di denaro. Nel video “The Petro-Dollar and the Euro” [“Il petroldollaro e l’euro”, ndt] viene provata la natura di questa formula.
La guerra è sempre e solo un modo per raggiungere un fine politico. Anche le guerre sante cercano di imporre un controllo secolare sugli sconfitti. Alla radice di ogni conflitto politico c’è la componente monetaria. Sulla bilancia dell’avidità e della paura, le discordie internazionali possono andare su o giù. A seconda dalle circostanze o delle richieste, i governi inducono i popoli ad accettare i loro obiettivi interventisti all’estero. Le rivendicazioni di liberazione altruistica sono fandonie, quando la retorica viene strappata via e viene messa in luce la sostanza. Nonostante le divergenze di enfasi; la motivazione economica è il fondamento dei movimenti di tutti gli scontri militari.
Chi può negare che l’interesse dello stato di Israele avanza sotto il sistema dei petrodollari per il pagamento del petrolio? La possibilità di permettere a un esportatore di petrolio di essere pagato in oro disturba gli equilibri che sostengono una difficile riappacificazione politica. Ancora più minaccioso per il monopolio globale, è un regime provocatorio come quello della Repubblica Islamica che gioca secondo regole diverse e bypassa l’approvazione delle banche centrali.
Sembra che i neoconservatori cristiano-sionisti non saranno contenti, finché non istituiranno una campagna di bombardamenti per annientare molte altre risorse petrolifere. Con la produzione irachena e libica ridotta in pezzi, è tempo di eliminare anche quella iraniana. Bloccare il prezzo del petrolio a 200 dollari o più, attraverso un altro intervento straniero farà solo aumentare i bilanci dei mercanti di petrolio e gli interessi bancari. Non c’è dubbio che un aiuto straniero a favore di Israele farà lievitare la cifra.
Il vantaggio è che le orde d’oro dell’Iran diventerebbero il bottino di guerra e troverebbero facilmente posto nei caveau deibankster. È un bel giochino, finché c’è un continuo rifornimento di mercenari fanatici che schiacciano il pulsante del terrore dall’alto dei cieli. Inoltre, lo spiegamento di forze militari soddisfa gli interessi di un inferno ancora più redditizio, il Partito della Guerra può richiedere un budget maggiore, annegato in un debito sempre più alto, poi comprato dalla Cina con i prodotti ottenuti dalle forniture petrolifere, che arrivano dalle esportazioni del petrolio di scisto canadese.
Miracolosamente, questo schema innalza un impero sempre più vasto, se non più grande. Finché si troveranno nuove canaglie da comandare, gli Iran del mondo verranno sempre soggiogati sotto la musica dell’inno nazionale americano.
Com’è che i nostri amici concittadini sono diventati delle marionette, a un certo punto, nel secolo scorso? Ricordiamo le parole di John D. Rockefeller: “La competizione è un peccato” specialmente se uno dei contendenti è l’Iran.
I sacchi di plastica per trasportare i resti delle vittime cadute in battaglia sono fatti con il materiale di scarto del petrolio. Ironia della sorte, le guerre per il petrolio si combattono per assicurarsi la sostanza da cui si ricavano i lenzuoli funebri per i soldati usa e getta. Se l’America vuole davvero guardare le spalle alle proprie truppe, il suo dovere è quello di prevenire e opporsi alle guerre in Medio Oriente.
L’Iran non è una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti. Haaretz riporta che l’ex capo del Mossad, Meir Dagan, durante un’intervista, disse in televisione che “se Israele attacca l’Iran, diventerà una guerra regionale. Secondo Dagan, l’Iran, Hezbollah e Hamas risponderebbero con massicci attacchi missilistici su Israele. In questo panorama, la Siria potrebbe unirsi allo scontro, ha affermato Dagan durante il programma televisivo “Uvda”. […] Dagan ha aggiunto che una guerra del genere farebbe molte vittime e paralizzerebbe la vita in Israele.”
Una politica estera da “America first” [“Prima di tutto l’America, ndt.] non può fare un’altra guerra per i bankster.
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