Sterilizzate senza consenso Risarcite vittime del programma eugenitico
Cinquantamila dollari. Tanto vale il rimborso per chi, tra il 1929 e il 1974 in North Carolina finì nel mirino dell'Eugenics Board. A decidere la cifra una commissione ad hoc che da gennaio ha analizzato decine di storie personali
Cinquantamila dollari come risarcimento per la sterilizzazione forzata. E’ quanto si vedranno offrire ufficialmente tra qualche giorno le vittime del programma eugenetico del North Carolina. Una commissione, agli inizi di gennaio, ha deciso l’entità del risarcimento, ma deve inviare entro il primo febbraio le “raccomandazioni finali” al governatore dello Stato. Sono circa 2000 le vittime del programma ancora in vita. La compensazione totale dovrebbe dunque aggirarsi sui 100 milioni di dollari.
Tra il 1929 e il 1974 il North Carolina sterilizzò 7600 persone. Si trattò in maggioranza di donne: detenute nelle prigioni dello Stato, ricoverate nei manicomi, ragazze povere e senza istruzione (in alcuni casi, bambine di dieci anni). Il North Carolina non fu un caso isolato. Almeno la metà degli Stati americani condusse programmi di eugenetica, che vennero chiusi soltanto negli anni Settanta. A differenza però della maggioranza degli altri Stati, che utilizzarono la sterilizzazione soprattutto nei confronti di donne rinchiuse in prigione o negli istituti di salute mentale, il North Carolina si concentrò sui più poveri.
L’idea fu dell’Eugenics Board of North Carolina, l’organo creato nel 1933 per sovrintendere al programma (era composto di 5 membri, tra cui il segretario alla giustizia dello Stato). Se, al momento dell’approvazione della legge, la sterilizzazione era pensata per “i malati di mente, i ritardati mentali, gli epilettici”, a partire dagli anni Cinquanta il Board cominciò a considerarla come una risposta ai processi di degrado economico e sociale. Le donne destinatarie degli assegni di povertà divennero il target preferito. Molte di queste erano afro-americane, e non a caso. Negli anni della schiavitù, i neri erano stati incentivati a procreare per offrire forza-lavoro a bassissimo costo. Con il tramonto delle leggi Jim Crow, e la fine della segregazione, i neri poveri divennero un peso. Di qui la politica di bloccare la loro possibilità di riproduzione. Bloccando anche – o almeno così si pensava – l’aumento della spesa per il Welfare.
Bastava pochissimo per essere oggetto delle attenzioni del Board. Pettegolezzi, piccoli reati, rapporti degli assistenti sociali (anche questa una differenza tra il North Carolina – dove il giudizio sulla necessità della sterilizzazione fu demandato ai ‘social workers’ – e la gran parte degli altri Stati americani, che invece preferirono affidarsi ai medici). Un rapido colloquio con la malcapitata, una frettolosa valutazione del suo quoziente intellettivo potevano portare direttamente in sala operatoria.
In questi anni di indagini della “commissione per il risarcimento”, sono emerse decine di storie di brutalità, dolore, sopraffazione. Tra queste, c’è quella di Elaine Riddick, afro-americana che oggi ha 57 anni. A 14 anni Elaine venne violentata. In sala operatoria, dopo aver subito un taglio cesareo per far nascere il figlio, fu sterilizzata. Nessuno le chiese il permesso. Nessuno la informò. La scoperta della verità arrivò quando, anni dopo, Elaine si sposò e cercò di avere un altro figlio. Sui documenti che allora saltarono fuori, e che autorizzavano la sua sterilizzazione, la firma per il consenso era stata della nonna. Una donna analfabeta, che sul foglio aveva tracciato una semplice ‘X’.
In altri casi il consenso all’operazione veniva estorto attraverso le minacce. E’ il caso di Nial Ramirez (oggi ha 65 anni, non si è presentata alle audizioni della commissione perché malata, ma ha mandato una memoria scritta). A 17 anni, Nial restò incinta. Viveva con la madre, molti fratelli e sorelle. Un assistente sociale si presentò a casa e la mise di fronte all’alternativa: far nascere il bambino, e poi sterilizzarsi, o perdere gli aiuti sociali. “Mi disse che se avessi continuato ad avere figli, la vita di tutta la mia famiglia ne avrebbe risentito”.
Ci fu comunque chi non riuscì nemmeno a dare un consenso forzato. Tra questi c’è Junius Wilson (altro caso tristemente famoso), un afro-americano nato sordo nel 1898, sballottato da un istituto all’altro senza che gli venisse mai insegnato il linguaggio dei segni. Wilson fu accusato nel 1925 di tentata violenza carnale. Dopo un processo frettoloso, in cui rimase in silenzio, venne condannato, inviato in una clinica per malati di mente neri e castrato. Dopo 50 anni, le accuse contro di lui vennero ritirate, ma Junius restò comunque in ospedale. A 96 anni, vicino alla fine, gli fu assegnata la sua prima casa: un piccolo cottage, vicino al manicomio.
Larry Womble, un deputato dello Stato del North Carolina che in questi anni si è battuto per i risarcimenti, ha detto: “Compensare le vittime è un modo per dire che non sono state dimenticate”. Molte di queste non hanno vissuto abbastanza per raccontar la loro storia. Sei Stati americani hanno sinora espresso “scuse formali” per i programmi di sterilizzazione. Il North Carolina è l’unico che ha scelto il risarcimento economico.
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Cinquantamila dollari come risarcimento per la sterilizzazione forzata. E’ quanto si vedranno offrire ufficialmente tra qualche giorno le vittime del programma eugenetico del North Carolina. Una commissione, agli inizi di gennaio, ha deciso l’entità del risarcimento, ma deve inviare entro il primo febbraio le “raccomandazioni finali” al governatore dello Stato. Sono circa 2000 le vittime del programma ancora in vita. La compensazione totale dovrebbe dunque aggirarsi sui 100 milioni di dollari.
Tra il 1929 e il 1974 il North Carolina sterilizzò 7600 persone. Si trattò in maggioranza di donne: detenute nelle prigioni dello Stato, ricoverate nei manicomi, ragazze povere e senza istruzione (in alcuni casi, bambine di dieci anni). Il North Carolina non fu un caso isolato. Almeno la metà degli Stati americani condusse programmi di eugenetica, che vennero chiusi soltanto negli anni Settanta. A differenza però della maggioranza degli altri Stati, che utilizzarono la sterilizzazione soprattutto nei confronti di donne rinchiuse in prigione o negli istituti di salute mentale, il North Carolina si concentrò sui più poveri.
L’idea fu dell’Eugenics Board of North Carolina, l’organo creato nel 1933 per sovrintendere al programma (era composto di 5 membri, tra cui il segretario alla giustizia dello Stato). Se, al momento dell’approvazione della legge, la sterilizzazione era pensata per “i malati di mente, i ritardati mentali, gli epilettici”, a partire dagli anni Cinquanta il Board cominciò a considerarla come una risposta ai processi di degrado economico e sociale. Le donne destinatarie degli assegni di povertà divennero il target preferito. Molte di queste erano afro-americane, e non a caso. Negli anni della schiavitù, i neri erano stati incentivati a procreare per offrire forza-lavoro a bassissimo costo. Con il tramonto delle leggi Jim Crow, e la fine della segregazione, i neri poveri divennero un peso. Di qui la politica di bloccare la loro possibilità di riproduzione. Bloccando anche – o almeno così si pensava – l’aumento della spesa per il Welfare.
Bastava pochissimo per essere oggetto delle attenzioni del Board. Pettegolezzi, piccoli reati, rapporti degli assistenti sociali (anche questa una differenza tra il North Carolina – dove il giudizio sulla necessità della sterilizzazione fu demandato ai ‘social workers’ – e la gran parte degli altri Stati americani, che invece preferirono affidarsi ai medici). Un rapido colloquio con la malcapitata, una frettolosa valutazione del suo quoziente intellettivo potevano portare direttamente in sala operatoria.
In questi anni di indagini della “commissione per il risarcimento”, sono emerse decine di storie di brutalità, dolore, sopraffazione. Tra queste, c’è quella di Elaine Riddick, afro-americana che oggi ha 57 anni. A 14 anni Elaine venne violentata. In sala operatoria, dopo aver subito un taglio cesareo per far nascere il figlio, fu sterilizzata. Nessuno le chiese il permesso. Nessuno la informò. La scoperta della verità arrivò quando, anni dopo, Elaine si sposò e cercò di avere un altro figlio. Sui documenti che allora saltarono fuori, e che autorizzavano la sua sterilizzazione, la firma per il consenso era stata della nonna. Una donna analfabeta, che sul foglio aveva tracciato una semplice ‘X’.
In altri casi il consenso all’operazione veniva estorto attraverso le minacce. E’ il caso di Nial Ramirez (oggi ha 65 anni, non si è presentata alle audizioni della commissione perché malata, ma ha mandato una memoria scritta). A 17 anni, Nial restò incinta. Viveva con la madre, molti fratelli e sorelle. Un assistente sociale si presentò a casa e la mise di fronte all’alternativa: far nascere il bambino, e poi sterilizzarsi, o perdere gli aiuti sociali. “Mi disse che se avessi continuato ad avere figli, la vita di tutta la mia famiglia ne avrebbe risentito”.
Ci fu comunque chi non riuscì nemmeno a dare un consenso forzato. Tra questi c’è Junius Wilson (altro caso tristemente famoso), un afro-americano nato sordo nel 1898, sballottato da un istituto all’altro senza che gli venisse mai insegnato il linguaggio dei segni. Wilson fu accusato nel 1925 di tentata violenza carnale. Dopo un processo frettoloso, in cui rimase in silenzio, venne condannato, inviato in una clinica per malati di mente neri e castrato. Dopo 50 anni, le accuse contro di lui vennero ritirate, ma Junius restò comunque in ospedale. A 96 anni, vicino alla fine, gli fu assegnata la sua prima casa: un piccolo cottage, vicino al manicomio.
Larry Womble, un deputato dello Stato del North Carolina che in questi anni si è battuto per i risarcimenti, ha detto: “Compensare le vittime è un modo per dire che non sono state dimenticate”. Molte di queste non hanno vissuto abbastanza per raccontar la loro storia. Sei Stati americani hanno sinora espresso “scuse formali” per i programmi di sterilizzazione. Il North Carolina è l’unico che ha scelto il risarcimento economico.
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