Scalfaro, come tradizione, c'è la beatificazione post mortem. Ecco cosa non dicono
E' morto a 93 anni Oscar Luigi Scalfaro, ex Presidente della Repubblica italiana. E come da tradizione italiana, dopo la morte si sprecano gli elogi e la "beatificazione" nei suoi confronti. Senza volergli assolutamente mancare di rispetto - anzi: riposi in pace - pubblichiamo un aneddoto che lo riguarda poco conosciuto.
Quando condannò a morte un uomo: "Colpevole? Non lo so" - Scalfaro nel 1945 era magistrato e decise sull'esecuzione di sei presunti fascisti. Alla figlia di uno di loro: "Non ho certezze"
Prima di essere politico, Oscar Luigi Scalfaro era stato magistrato. Indossata la toga nel 1943, ancora su giuramento al Duce e al fascismo, il futuro presidente della Repubblica la indossò di nuovo dopo la Liberazione, dopo aver combattuto da partigiano contro i nazifascisti. Nel clima d'odio post 25 aprile, l'allora 27enne Scalfaro fu chiamato a giudicare sei fascisti "collaborazionisti". Furono tutti condannati a morte dalla Corte straordinaria di Assise di Novara e Scalfaro partecipò agli interrogatori. Di uno in particolare, il brigadiere Domenico Ricci, era assai intimo. Vicino di casa, la figlia di Ricci Anna Maria lo considerava addirittura un "secondo papà". Nell'ottobre 2006 quella oscura vicenda torna a galla e Scalfaro non può non ammettere di aver contribuito alla condanna a morte di Ricci e degli altri cinque imputati, anche se nella sentenza si legge: il brigadiere Ricci "insieme al Missiato costituì l' anima della Squadraccia, della quale, poi, pare abbia assunto il comando ufficiale allo scioglimento di essa". Quel "pare" peserà come un macigno sulla coscienza di Scalfaro, e non a caso per tutta la vita continuerà a scrivere ad Anna Maria, come per rimarginare quella ferita.
La sentenza scandalosa - Quando nel 1996 il Giornale pubblicò una foto di Scalfaro del 23 settembre 1945, sul luogo dell'esecuzione di Ricci e degli altri 5 presunti fascisti, la stessa Anna Maria scrisse al presidente per chiedere se pensasse che il padre fosse innocente o colpevole. "Sono certamente io, accanto al canonico Pozzo - spiegò Scalfaro alla stampa -. La sera alle nove, nove e mezza uscivo dall'ufficio e il sindaco mi disse: la fucilazione sarà eseguita domattina. Mi sono alzato alle quattro e sono andato in carcere. Li ho abbracciati tutti, uno per uno. Ho fatto la comunione con loro sul camion". Ma alla figlia di Ricci non potè dare spiegazioni: "Scalfaro una mattina presto mi telefona, un sabato o una domenica - ricorda la donna -, due parole: 'Stia tranquilla perché suo padre dal Paradiso pregherà per lei'. Tutto qua...". Semplicemente, Scalfaro non poteva avere la certezza della colpevolezza del suo vicino di casa, ma da "consulente tecnico giuridico" del tribunale d'emergenza, o meglio "tribunale militare di partigiani", non si sottrasse alla decisione.
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Commenti
Questa sua capacita' di separare il credo personale dalla funzione istituzionale non era e non e' comune in Italia.
Il Papa (Woitjla, mica pimpirinella) la prese larga sul discorso della scuola e del Parlamento impegnato etc. etc.
Scalfaro lo interruppe bloccandolo: "Santita', la forma laica dello Stato Italiano non si discute."
Una presa di posizione netta che nemmeno la sinistra piu' estrema avrebbe avuto il coraggio di esprimere in quel contesto. Forse per trovare un precedente paragonabile bisogna risalire a De Gasperi...
Enrico.
Come al solito, siete sempre il degno esempio dell'essenza della coerenza e dell'imparzialità!!!
Amen