Benzina super tassata e crollano i consumi
I gestori delle pompe di benzina lamentano la diminuzione del loro volume d'affari: per loro parlano i dati ufficiali: i consumi di carburante sono in netto calo: il caro-benzina si fa sentire, e sempre più italiani sono COSTRETTI a rinunciare il più possibile a utilizzare l'automobile: rinunciando ad andare a giro quando è possibile, oppure utilizzando mezzi pubblici e in qualche caso le proprie gambe e le biciclette. E' aumentato considerevolmente anche il numero degli italiani che si riforniscono all'estero: oltrepassando una qualsiasi frontiera - dalla Francia alla Slovenia, passando per Svizzera e Austria - si risparmiano 30-40 centesimi al litro; tradotto in soldoni, facendo il pieno restano in tasca dai 20 ai 30 euro, e se prima conveniva solo a chi vive nei pressi del confine, il bacino di utenza si è allargato a chi vive a qualche decina di km. E magari oltre a mettere benzina, i pendolari del carburante fanno rifornimento anche di sigarette, risparmiando fino a 10 euro per l'acquisto di due stecche.
I continui aumenti dei carburanti hanno messo in ginocchio le categorie che ci lavorano, quelle per intendersi, che oggi bloccano il paese, agricoltori e camionisti in primis, ma anche pescatori e altri. MA DAVVERO VALEVA LA PENA AUMENTARE LE ACCISE FINO A QUESTO PUNTO??? Davvero il gettito prodotto da questa misura vale i danni che sta facendo all'economia e alla vita dei cittadini? Noi pensiamo di NO.
staff nocensura.com
Di seguito, l'articolo de "Il Giornale":
Il decreto salva Italia del governo Monti accelera il crollo dei consumi: dal calo del 6% registrato nel corso del 2010 si è arrivato al 9,5%. Un pieno di carburante costa 15 euro in più rispetto a un anno fa. Le difficoltà dei gestori: "Ogni rincaro riduce l'incasso, persi 2mila litri al giorno"
Bisognava aspettare che scoppiasse la protesta dei camionisti per vedere di nuovo le code ai distributori di benzina, tappa obbligata ma un po' più rara per gli automobilisti.
I consumi sono in calo da anni, la stangata della manovra «salva-Italia» ha assestato un colpo da ko. Un crollo. Le tabelle con i confronti tra 2011 e 2010 sono piene di segni negativi. Soprattutto a novembre e dicembre, i mesi dello spread impazzito, dell'arrivo di Mario Monti, delle mazzate fiscali.
Quarant'anni fa lo shock petrolifero provocato dalla guerra tra Israele e Paesi arabi cambiò la vita dei Paesi occidentali. Il prezzo dell'oro nero andò alle stelle e per gli italiani si aprì la stagione della cosiddetta «austerity», già allora si preferiva dirlo all'inglese, forse per convincerci che non era colpa nostra. La benzina centellinata. Le prime domeniche a piedi. Le targhe alterne. Il riscaldamento condominiale a ore. L'illuminazione stradale ridotta. Sparirono gli addobbi natalizi, i bar dovevano chiudere a mezzanotte, la Rai mandava tutti a letto alle 23. Il buio accompagnava la metamorfosi delle nostre abitudini.
Quando morde la crisi, c'è una vittima predestinata: il prezzo dei prodotti del petrolio. Una volta sarà per il rincaro della materia prima, un'altra per la strizzata fiscale, fatto sta che il primo a risentirne è il prezzo della benzina. Rispetto a un anno fa, oggi un pieno di carburante costa mediamente 15 euro in più. Così si comprano meno auto (le immatricolazioni nel 2011 sono diminuite di quasi l’11 per cento), ci si sposta con oculatezza, si vaga alla ricerca del distributore senza marca ma più conveniente, si prendono i mezzi pubblici, nelle zone di confine riprende la spola per rifornirsi all'estero. Il calo dei consumi petroliferi è il segnale inequivocabile che i tempi duri sono già arrivati.
Lo scorso dicembre, confrontato con 12 mesi addietro, ha fatto registrare una diminuzione del 7,4 per cento. È un dato che comprende tutti gli usi dei prodotti petrolchimici. Ma per la benzina la situazione è più drammatica: -9,5 per cento. La riduzione di dicembre è più accentuata rispetto alla media dell'intero anno, che si è fermata a un -6 per cento. Significa che la contrazione maggiore è avvenuta proprio negli ultimi mesi del 2011. Il consumo di gasolio non è sceso così tanto (-2,7 per cento in dicembre). Anche in questo caso è evidente che cosa sia successo: il gasolio ha un largo impiego nell'industria dei trasporti, mentre la benzina alimenta in larghissima misura il traffico privato. È la conferma di quanto la crisi economica stia già modificando le consuetudini degli italiani.
«È dal 2005 che dobbiamo fronteggiare un progressivo calo del consumi», spiega Franco Ferrari Aggradi, presidente di Assopetroli-Assoenergia. Erano le avvisaglie della grande depressione. Finora, però, si è trattato di una diminuzione contenuta, di poco superiore al 2 per cento annuo. Quello del 2011 è invece un vero tracollo. In dicembre la vendita di carburanti ha sfiorato una perdita del 9 per cento. «E le proiezioni per i primi 15 giorni di gennaio dicono che andremo in doppia cifra»: l'11 per cento meno di un anno fa.
Sul prezzo della benzina, questa volta, non incide il costo della materia prima. Non ci sono crisi petrolifere né le speculazioni che qualche anno fa si scatenarono sui barili di greggio. Ancora ieri la «Staffetta quotidiana», il bollettino delle fonti di energia, rilevava che - al netto delle tasse - i rialzi sui carburanti sono marginali e i prezzi italiani sarebbero addirittura più bassi di quelli europei. È tutta questione di imposte e accise. Cominciò il governo Berlusconi, l'inverno scorso, con piccoli ritocchi per affrontare alcune emergenze: i profughi dalla Libia (4 centesimi), i finanziamenti alla cultura (0,55), le alluvioni in Liguria e Toscana (0,89).
Ma l'intervento più doloroso è stato quello del governo Monti, che ha aumentato le accise di 8,2 centesimi e dato alle regioni la possibilità di applicare addizionali comprese tra 3 e 9 cent.
Ne hanno approfittato in 13, soprattutto al Centro-Sud, e la benzina ha subíto un rincaro sui 15 centesimi. Risultato: ai primi di febbraio 2011 un litro di verde costava attorno a 1,460 euro mentre ieri (fonte «Quotidiano energia») eravamo a 1,761.
Trenta centesimi in più. Il serbatoio di una media cilindrata tiene una cinquantina di litri: il salasso è presto calcolato. Il 60 per cento finisce in imposte, il 32 a produttori e raffinatori, l'8 a trasportatori, distributori e proprietari delle pompe. «Ci vorrebbe una liberalizzazione delle tasse, non degli impianti», commenta Ferrari Aggradi. I giacimenti più redditizi non sono in mano agli sceicchi, ma allo Stato.
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I continui aumenti dei carburanti hanno messo in ginocchio le categorie che ci lavorano, quelle per intendersi, che oggi bloccano il paese, agricoltori e camionisti in primis, ma anche pescatori e altri. MA DAVVERO VALEVA LA PENA AUMENTARE LE ACCISE FINO A QUESTO PUNTO??? Davvero il gettito prodotto da questa misura vale i danni che sta facendo all'economia e alla vita dei cittadini? Noi pensiamo di NO.
staff nocensura.com
Di seguito, l'articolo de "Il Giornale":
Il decreto salva Italia del governo Monti accelera il crollo dei consumi: dal calo del 6% registrato nel corso del 2010 si è arrivato al 9,5%. Un pieno di carburante costa 15 euro in più rispetto a un anno fa. Le difficoltà dei gestori: "Ogni rincaro riduce l'incasso, persi 2mila litri al giorno"
Bisognava aspettare che scoppiasse la protesta dei camionisti per vedere di nuovo le code ai distributori di benzina, tappa obbligata ma un po' più rara per gli automobilisti.
CLICCA QUI per l'elenco di FEDERCONSUMATORI delle pompe bianche presenti in Italia |
Quarant'anni fa lo shock petrolifero provocato dalla guerra tra Israele e Paesi arabi cambiò la vita dei Paesi occidentali. Il prezzo dell'oro nero andò alle stelle e per gli italiani si aprì la stagione della cosiddetta «austerity», già allora si preferiva dirlo all'inglese, forse per convincerci che non era colpa nostra. La benzina centellinata. Le prime domeniche a piedi. Le targhe alterne. Il riscaldamento condominiale a ore. L'illuminazione stradale ridotta. Sparirono gli addobbi natalizi, i bar dovevano chiudere a mezzanotte, la Rai mandava tutti a letto alle 23. Il buio accompagnava la metamorfosi delle nostre abitudini.
Quando morde la crisi, c'è una vittima predestinata: il prezzo dei prodotti del petrolio. Una volta sarà per il rincaro della materia prima, un'altra per la strizzata fiscale, fatto sta che il primo a risentirne è il prezzo della benzina. Rispetto a un anno fa, oggi un pieno di carburante costa mediamente 15 euro in più. Così si comprano meno auto (le immatricolazioni nel 2011 sono diminuite di quasi l’11 per cento), ci si sposta con oculatezza, si vaga alla ricerca del distributore senza marca ma più conveniente, si prendono i mezzi pubblici, nelle zone di confine riprende la spola per rifornirsi all'estero. Il calo dei consumi petroliferi è il segnale inequivocabile che i tempi duri sono già arrivati.
Lo scorso dicembre, confrontato con 12 mesi addietro, ha fatto registrare una diminuzione del 7,4 per cento. È un dato che comprende tutti gli usi dei prodotti petrolchimici. Ma per la benzina la situazione è più drammatica: -9,5 per cento. La riduzione di dicembre è più accentuata rispetto alla media dell'intero anno, che si è fermata a un -6 per cento. Significa che la contrazione maggiore è avvenuta proprio negli ultimi mesi del 2011. Il consumo di gasolio non è sceso così tanto (-2,7 per cento in dicembre). Anche in questo caso è evidente che cosa sia successo: il gasolio ha un largo impiego nell'industria dei trasporti, mentre la benzina alimenta in larghissima misura il traffico privato. È la conferma di quanto la crisi economica stia già modificando le consuetudini degli italiani.
«È dal 2005 che dobbiamo fronteggiare un progressivo calo del consumi», spiega Franco Ferrari Aggradi, presidente di Assopetroli-Assoenergia. Erano le avvisaglie della grande depressione. Finora, però, si è trattato di una diminuzione contenuta, di poco superiore al 2 per cento annuo. Quello del 2011 è invece un vero tracollo. In dicembre la vendita di carburanti ha sfiorato una perdita del 9 per cento. «E le proiezioni per i primi 15 giorni di gennaio dicono che andremo in doppia cifra»: l'11 per cento meno di un anno fa.
Sul prezzo della benzina, questa volta, non incide il costo della materia prima. Non ci sono crisi petrolifere né le speculazioni che qualche anno fa si scatenarono sui barili di greggio. Ancora ieri la «Staffetta quotidiana», il bollettino delle fonti di energia, rilevava che - al netto delle tasse - i rialzi sui carburanti sono marginali e i prezzi italiani sarebbero addirittura più bassi di quelli europei. È tutta questione di imposte e accise. Cominciò il governo Berlusconi, l'inverno scorso, con piccoli ritocchi per affrontare alcune emergenze: i profughi dalla Libia (4 centesimi), i finanziamenti alla cultura (0,55), le alluvioni in Liguria e Toscana (0,89).
Ma l'intervento più doloroso è stato quello del governo Monti, che ha aumentato le accise di 8,2 centesimi e dato alle regioni la possibilità di applicare addizionali comprese tra 3 e 9 cent.
Ne hanno approfittato in 13, soprattutto al Centro-Sud, e la benzina ha subíto un rincaro sui 15 centesimi. Risultato: ai primi di febbraio 2011 un litro di verde costava attorno a 1,460 euro mentre ieri (fonte «Quotidiano energia») eravamo a 1,761.
Trenta centesimi in più. Il serbatoio di una media cilindrata tiene una cinquantina di litri: il salasso è presto calcolato. Il 60 per cento finisce in imposte, il 32 a produttori e raffinatori, l'8 a trasportatori, distributori e proprietari delle pompe. «Ci vorrebbe una liberalizzazione delle tasse, non degli impianti», commenta Ferrari Aggradi. I giacimenti più redditizi non sono in mano agli sceicchi, ma allo Stato.
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