Il giudice dimentica di scrivere motivazioni condanna: 9 mafiosi LIBERI
Il giudice dimentica di depositare
le motivazioni della condanna:
fuori i baby-boss della malavita
"Mole di lavoro troppo grossa"
Nitto Palma manda gli ispettori
CATANIA
Arrestati, processati e condannati, ma scarcerati perchè lo stesso Gip di Catania che ha emesso la sentenza non ha depositato nei tempi previsti dalla legge le motivazioni, facendo così scadere la decorrenza dei termini che ha aperto loro le porte del carcere. Una «dimenticanza» che ha fatto scattare i primi passi ispettivi del ministro della Giustizia, Nitto Palma, anche se il Gip ammette le proprie responsabilità, citando a discolpa i carichi di lavoro.
Al centro della vicenda un gruppo di giovani emergenti della malavita etnea che tentava di farsi spazio a Adrano ipotizzando anche un presunto attentato in piazza contro il boss locale. Il clan era stato sgominato, grazie a intercettazioni, e dopo l’arresto c’era stato il processo, con il rito abbreviato, celebrato davanti al Gup di Catania, Alfredo Gari. La sentenza di condanna di primo grado - pene comprese tra 3 anni e 4 mesi e 8 anni e otto mesi, per mafia, un’estorsione e detenzione di armi - è stata emessa il 21 giugno 2010. Ma al dispositivo letto in aula non ha fatto seguito, nei termini di legge, il deposito della sentenza da parte del giudice. Con la conseguente scarcerazione degli imputati. Nei confronti dei nove, su richiesta della Procura, lo stesso Gip ha disposto l’obbligo di dimora a Adrano e per alcuni anche quello di firma due volte al giorno in uffici di polizia giudiziaria.
Arrestati, processati e condannati, ma scarcerati perchè lo stesso Gip di Catania che ha emesso la sentenza non ha depositato nei tempi previsti dalla legge le motivazioni, facendo così scadere la decorrenza dei termini che ha aperto loro le porte del carcere. Una «dimenticanza» che ha fatto scattare i primi passi ispettivi del ministro della Giustizia, Nitto Palma, anche se il Gip ammette le proprie responsabilità, citando a discolpa i carichi di lavoro.
Al centro della vicenda un gruppo di giovani emergenti della malavita etnea che tentava di farsi spazio a Adrano ipotizzando anche un presunto attentato in piazza contro il boss locale. Il clan era stato sgominato, grazie a intercettazioni, e dopo l’arresto c’era stato il processo, con il rito abbreviato, celebrato davanti al Gup di Catania, Alfredo Gari. La sentenza di condanna di primo grado - pene comprese tra 3 anni e 4 mesi e 8 anni e otto mesi, per mafia, un’estorsione e detenzione di armi - è stata emessa il 21 giugno 2010. Ma al dispositivo letto in aula non ha fatto seguito, nei termini di legge, il deposito della sentenza da parte del giudice. Con la conseguente scarcerazione degli imputati. Nei confronti dei nove, su richiesta della Procura, lo stesso Gip ha disposto l’obbligo di dimora a Adrano e per alcuni anche quello di firma due volte al giorno in uffici di polizia giudiziaria.
«La scarcerazione di questi imputati - ammette Gari, 70 anni, presidente aggiunto dei Gip di Catania - è da addebitare a una mia mancanza. E mi brucia moltissimo. Ma c’è un problema di sostenibilità di lavoro, miracoli non ne possiamo fare e io alterno disperazione a serenità assoluta. È stata una defaillance, ma la prima in quarant’anni di carriera». «L’organico dei gip è all’osso - aggiunge Gari, che è il Gip dell’inchiesta Iblis - stasera c’è il saluto di tre cancellieri che vanno in pensione e non saranno sostituiti. La mole di lavoro è enorme, siamo pochi e il tempo corre. Ho quasi 70 anni e non riesco più a fare sempre nottate come un tempo, ma la mia carriera è sotto gli occhi di tutti e sono sempre stato una garanzia di terzietà. L’unico timore che ho - sottolinea il Gip - è che questo incidente possa delegittimare la sezione, per me non ho alcunchè da temere».
Intanto il Guardasigilli, Francesco Nitto Palma, ha attivato l’ispettorato generale del ministero della Giustizia per chiedere informazioni preliminari al presidente della Corte d’appello di Catania, tramite la Procura generale di Catania, per «verificare i motivi che hanno portato alla scarcerazione dei nove imputati, per i quali il ritardo nel deposito delle motivazioni della sentenza ha provocato la decorrenza dei termini di custodia cautelare».
Articolo interessante? Segnalalo ai tuoi amici su Facebook cliccando "like"!
Oppure condividilo sulla tua bacheca!
Condividi su Facebook
Commenti