Verona: 45enne muore dopo le manganellate subite dai carabinieri


L’uomo era stato visitato al Policlinico e dimesso. Ricoverato di nuovo, era deceduto. Elsa: “È tornato a casa dopo la partita e stava già male. Mi ha detto che c’era stata una rissa ed era stato picchiato dai carabinieri”.
“In diciotto ore non si muore per una malattia”. Elsa Riva vuole fare chiarezza sulla morte di suo figlio Roberto Riva, il quarantacinquenne di San Martino Buon Albergo morto lunedì al Policlinico di Borgo Roma per cause ancora da accertare. Venerdì sera, come abbiamo raccontato ieri, Roberto era stato con alcuni amici al Bentegodi per assistere alla prima partita in serie B della sua squadra del cuore, l’Hellas Verona, contro il Pescara.
“È tornato verso le 23 ed è andato a letto, ma non ha dormito tutta la notte perché stava male e così la mattina è andato all’ospedale di Borgo Roma”. La madre Elsa ripercorre con gli occhi lucidi e la voce rotta le ultime ore di vita del figlio, che da qualche tempo viveva in un’altra casa, distante poche centinaia di metri.
“Quando è tornato, mi ha detto che lo avevano visitato, ma era risultato negativo a tutti gli esami”, racconta. “Anche quella notte, però, i dolori non lo hanno fatto dormire”. È stato allora che la madre gli ha chiesto di spiegare cosa fosse successo. “Mi ha detto che venerdì allo stadio c’era stata una rissa con i tifosi della squadra avversaria e che poi i carabinieri lo avevano picchiato”, prosegue Elsa. “Gli ho chiesto se aveva preso una manganellata. “Altro che una, ne ho prese tante”, mi ha risposto”.
Domenica la situazione è peggiorata ancora, tanto che il lunedì mattina Roberto ha chiamato il 118: l’ambulanza lo ha portato di nuovo al Policlinico di Borgo Roma. “Alle 13 mi hanno telefonato dall’ospedale. Mi sono precipitata là: un medico mi ha detto che mio figlio non avrebbe superato la notte”. E così è stato: intorno all’una Roberto è morto.
Le cause sono ancora tutte da chiarire: a provocare il decesso del quarantacinquenne potrebbe essere stata la degenerazione di un’infezione interna, ma per la madre la verità è ben diversa. L’uomo, che lavorava con il padre Oreste in una fattoria a Vigasio, aveva alcuni piccoli precedenti penali: in passato era stato detenuto per dieci mesi nel carcere di Montorio e proprio venerdì sera è stato denunciato a piede libero dai carabinieri per resistenza a pubblico ufficiale. “Roberto non era un santo. Anni fa aveva avuto anche problemi di droga, ma ora non ne faceva più uso”, racconta la madre. “Ogni tanto beveva qualche bicchiere di vino di troppo ed era spavaldo, ma aveva un cuore grande, è sempre stato buono, generoso, non ha mai fatto del male a nessuno”.
La tragedia più grande per un genitore, si sa, è sopravvivere ai propri figli ed Elsa questo dolore lo conosce bene: la sorella di Roberto, appena trentenne, è morta una quindicina di anni fa a causa di una grave malattia. “Quando lunedì ho visto che mio figlio aveva le unghie nere, mi è subito venuto in mente che era successo anche a sua sorella poco prima di morire, e ho capito che anche per lui non c’era più nulla da fare”.
Nei prossimi giorni verrà eseguita l’autopsia sul corpo del quarantacinquenne per approfondire le cause della morte: ad assistere la famiglia Riva sarà l’avvocato Antonio Palmieri del foro di Milano. “Anche mio marito vuole fare chiarezza su quanto avvenuto venerdì sera”, conclude Elsa. “Lui non voleva che Roberto andasse allo stadio, diceva che c’è sempre il rischio che succeda qualcosa. E, infatti, è successo”.

fonte: L'Arena





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