La casta vuole aumentare il numero di "ordini e albi professionali": nuove caste


Il provvedimento, presentato da Pdl e Lega con l'appoggio di alcuni parlamentari Idv, ha ottenuto l'unanimità in commissione Sanità del Senato, ma poi è stato sospeso. Paradosso finale: la gestione andrebbe alle province
Medici, architetti, commercialisti. Ingegneri, avvocati, giornalisti. Tutti tutelati da un ordine professionale. E allora perché non crearne uno anche per i fisioterapisti, le ostetriche e i radiologi? Detto fatto, ci pensa il Senato. Perché nonostante l’Unione europea ci chieda continuamente di liberalizzare l’accesso alle professioni, la Casta preferisce mantenere le tutele esistenti e, se possibile, crearne altre. Ieri mattina ha rischiato di essere approvato sotto silenzio un disegno di legge che prevedeva l’istituzione di cinque ordini e venti nuovi albi professionali sulle professioni sanitarie. Presentato da Pdl e Lega, il provvedimento aveva anche l’appoggio di alcuni parlamentari Idv e ha ottenuto l’unanimità in commissione Sanità.

Insomma, tutti d’accordo a creare ulteriori gabbie per i professionisti. In palese contrasto con la prima bozza della manovra correttiva, quella entrata in Consiglio dei ministri il 30 giugno, che vedeva l’abolizione di almeno 4 ordini, compreso quello dei medici. Progetto naturalmente disatteso dopo le pressioni dei professionisti di cui è costellato il Parlamento. Ma nel testo arrivato ieri in aula, oltre il danno c’è la beffa: la gestione dei nuovi ordini sarebbe provinciale. Sì, proprio legata a quelle istituzioni che la stessa manovra prevede di abolire. In più, in ogni capoluogo di Regione, per ciascuno degli ordini professionali, verrebbe costituita una Consultaregionale degli ordini provinciali, composta da rappresentanti degli ordini professionali. Ovvero, in piena crisi, quando si discute su come risparmiare tagliando posti e poltrone inutili, se ne aggiungono di nuove, moltiplicandole.



La giustificazione dei sostenitori è che le professioni sanitarie hanno bisogno di “controllo e tutela” contro gli abusivi. Ma i preesistenti “collegi”, e più controlli, sarebbero dovuti bastare. Il provvedimento ha dell’incredibile anche dove prevede il riscatto degli anni di studio (sì, sempre una delle cose che la manovra voleva abolire), addirittura per chi alla fine non consegue il titolo di studio. Realizzate le contraddizioni, il leader dell’Api, Francesco Rutelli, intervenendo in aula ha costretto i colleghi a una riflessione su ciò che stava accadendo: “Mi chiedo come sia compatibile una scelta del genere con l’orientamento assunto dal governo che ha detto, scritto e approvato con la manovra su cui ha posto la questione di fiducia che proprio l’accesso alle professioni deve diventare il primo tagliando per la crescita. Ma qui non stiamo facendo il tagliando per la crescita. Piuttosto stiamo dando un altro taglio alla crescita”. L’intervento di Rutelli ha scatenato la polemica, soprattutto dentro il Pd, tra chi aveva votato il provvedimento e chi, come alcuni membri della Commissione bilancio, lo riteneva fuori luogo, almeno per adesso. Il cammino della legge si è momentaneamente bloccato, col rinvio in Commissione.

Ma c’è davvero chi è convinto che l’Italia in questa legge sia necessaria: “Dopo l’articolato dibattito e le dichiarazioni del senatore Rutelli – ha dichiarato la vicepresidente dei senatori Pdl, Laura Bianconi – ho ritenuto opportuno chiedere una sospensione all’esame del provvedimento, per evitare che venga archiviato come vorrebbero Rutelli e pochissimi altri colleghi. Mi sembra assurdo che non comprendano le esigenze di oltre 500 mila professionisti che chiedono di non essere confusi con i numerosi abusivi. Pertanto, sono certa che una volta chiariti alcuni punti soprattutto sulle sanzioni saremo in grado di farlo ricalendarizzare dalla Conferenza dei capigruppo e di approvarlo in tempi rapidi”. Così anche gli audioprotesisti e gli ortottisti avranno il loro albo “d’oro”.

Da Il Fatto Quotidiano






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