"La polizia che punisce" - Uno psicologo parla delle violenze dello stato
Un vecchio articolo, risalente al 2001, ma ancora - purtroppo - attuale.
Senza voler fare giochi di parole di cattivo gusto, direi che la cosa che "colpisce" di più nei vari episodi della repressione del G8 è proprio la violenza sfrenata che ha caratterizzato l´azione delle forze dell´ordine. Che si tratti degli scontri di piazza, del blitz nella scuola Diaz oppure delle sevizie inflitte nella caserma di Bolzaneto, si ritrovano gli stessi eccessi pur derivando da dinamiche diverse. Davanti a certi comportamenti di particolare violenza, come psicologo mi viene da fare alcune considerazioni.
L´azione delle forze dell´ordine può implicare l´uso della forza fisica e questo può essere considerato, in qualche modo, come una violenza. Ma c´è una differenza tra una violenza funzionale, adoperata quando si tratta di fermare, bloccare, neutralizzare una persona, e una violenza punitiva.
Vedendo le immagini degli scontri di piazza a Genova e ascoltando le testimonianze, pare chiaro che la violenza delle forze dell´ordine sia stata del secondo tipo. Il poliziotto che dà un calcio sulla testa o sul viso di un manifestante a terra mentre questo manifestante è circondato già da almeno dieci poliziotti, non ha alcuna motivazione funzionale all´arresto.
Mi pare ci sia una confusione di ruoli molto pericolosa per la nostra democrazia. Un tale comportamento non si giustifica neanche davanti ad un facinoroso. Punire non è il compito delle forze dell´ordine. Esistono delle istituzioni per questo.
Non tocca alla polizia valutare chi punire e come. Nel nostro diritto, non
esiste il castigo corporale.
Le forze dell´ordine hanno quindi sbagliato due volte. Primo perché hanno picchiato per punire. Secondo perché hanno colpito persone innocenti, pacifiche e inermi. Questa forma di "spedizione punitiva" è assolutamente intollerabile, tanto più in un paese condotto da un governo che si pretende democratico.
Ma perché le forze dell´ordine si sono comportate così?
Quello che è successo a Genova mi ha fatto pensare ai famosi esperimenti svolti negli Stati Uniti da Stanley Milgram all´inizio degli anni ´60.
Milgram nacque nel 1933 e crebbe durante l´ultima guerra mondiale in un periodo in cui le atrocità naziste erano ancora fresche nelle memorie. Si chiese come fosse stato possibile che così tanti uomini avessero accettato di commettere tali orrori. Da ricercatore, incominciò a fare ricerche sull´ubbidienza e la sottomissione all´autorità. Per la sua ricerca più famosa, ideò un dispositivo presentato come una ricerca sugli effetti del castigo sull´apprendimento. Questo per non influenzare i soggetti dell´esperimento.
In questo dispositivo, un soggetto legato ad una sedia veniva sottoposto ad un lavoro di apprendimento. Un altro soggetto, situato in una stanza accanto doveva mandargli delle scariche elettriche di intensità crescente ogni qualvolta sbagliava. Logicamente le scariche elettriche erano fasulle ma il soggetto che le dava non lo sapeva. Ciò nonostante, superata una certa intensità delle scariche elettriche, il soggetto "apprendista" cominciava a fare finta di soffrire e manifestava sempre di più il suo dolore, urlando fino a chiedere di fermare la sperimentazione.
C´era, insieme al soggetto che dava le scariche, lo sperimentatore che, in veste di gran professore investito di un certo prestigio, insisteva con vari argomenti perché si proseguisse l´esperienza.
Passo sui particolari del protocollo della ricerca un cui ottimo riassunto si può trovare su Internet e vi dò subito i risultati. Il 60% dei soggetti andarono fino ad infliggere scariche elettriche letali nonostante le grida del soggetto apprendista.
L´esperienza che sembra incredibile fu ripetuta parecchie volte non solo negli Stati Uniti ma anche in Australia, in Sud Africa e in Europa. Gli stessi risultati furono osservati ovunque.
La mia interpretazione dell´effetto Milgram non è di tipo meccanico. Penso che il soggetto non ubbidisca per pura sottomissione ma abbia già dentro di sé le pulsioni che lo porteranno a compiere l´atto crudele. Gli ordini dell´autorità non fanno altro che levare le inibizioni del soggetto. In certi casi, basta poco perché queste si sciolgano. Un tacito consenso può essere sufficiente.
Milgram nacque nel 1933 e crebbe durante l´ultima guerra mondiale in un periodo in cui le atrocità naziste erano ancora fresche nelle memorie. Si chiese come fosse stato possibile che così tanti uomini avessero accettato di commettere tali orrori. Da ricercatore, incominciò a fare ricerche sull´ubbidienza e la sottomissione all´autorità. Per la sua ricerca più famosa, ideò un dispositivo presentato come una ricerca sugli effetti del castigo sull´apprendimento. Questo per non influenzare i soggetti dell´esperimento.
In questo dispositivo, un soggetto legato ad una sedia veniva sottoposto ad un lavoro di apprendimento. Un altro soggetto, situato in una stanza accanto doveva mandargli delle scariche elettriche di intensità crescente ogni qualvolta sbagliava. Logicamente le scariche elettriche erano fasulle ma il soggetto che le dava non lo sapeva. Ciò nonostante, superata una certa intensità delle scariche elettriche, il soggetto "apprendista" cominciava a fare finta di soffrire e manifestava sempre di più il suo dolore, urlando fino a chiedere di fermare la sperimentazione.
C´era, insieme al soggetto che dava le scariche, lo sperimentatore che, in veste di gran professore investito di un certo prestigio, insisteva con vari argomenti perché si proseguisse l´esperienza.
Passo sui particolari del protocollo della ricerca un cui ottimo riassunto si può trovare su Internet e vi dò subito i risultati. Il 60% dei soggetti andarono fino ad infliggere scariche elettriche letali nonostante le grida del soggetto apprendista.
L´esperienza che sembra incredibile fu ripetuta parecchie volte non solo negli Stati Uniti ma anche in Australia, in Sud Africa e in Europa. Gli stessi risultati furono osservati ovunque.
La mia interpretazione dell´effetto Milgram non è di tipo meccanico. Penso che il soggetto non ubbidisca per pura sottomissione ma abbia già dentro di sé le pulsioni che lo porteranno a compiere l´atto crudele. Gli ordini dell´autorità non fanno altro che levare le inibizioni del soggetto. In certi casi, basta poco perché queste si sciolgano. Un tacito consenso può essere sufficiente.
Quale relazione si può fare allora tra i famosissimi esperimenti di Milgram e quello che è successo a Genova? Le dinamiche che hanno portato alle violenze poliziesche verificatesi negli scontri di piazza, alla scuola Diaz nonché alla caserma Bolzaneto sono diverse tra loro e plurifattoriali. Eppure la stessa violenza sfrenata si è riscontrata ovunque. Ci si può chiedere allora: qual è l´autorità superiore che ha ordinato queste violenze?
Il ministro Frattini stesso dice delle forze dell´ordine che sono state "confortate" dalla presenza di politici e del vice premier nelle sale operative durante il G8. Aggiunge: «È chiaro che le forze di polizia si sentano rassicurate da una maggioranza che non dice più agli uomini in divisa "prima prendete le botte e poi chiedetevi se dovete reagire"». Che cosa significa questa litote?
I valori del popolo no-global sono diametralmente opposti a quelli del governo Berlusconi. Al commercio equo e solidale risponde un´economia liberale all´americana. Alle preoccupazioni ambientali risponde un Berlusconi contrario al protocollo di Kyoto. All´ideologia della non-violenza risponde l´ideologia del law and order. Ai piercing e capelli colorati rispondono le giacche e cravatte. La cultura no-global crescente costituisce quindi una minaccia vissuta con un intensità più o meno importante dal governo Berlusconi e dai lobbies finanziari.
Io vorrei fare due ipotesi sulla situazione italiana. La prima è che questo movimento no-global suscita rabbia, esasperazione e paura per i propri interessi fra i vari esponenti dell´attuale maggioranza, in particolare in questa frangia la cui nuova facciata non può fare dimenticare la cultura neofascista. Si tratta di un fascismo diverso di quello mussoliniano che era di tipo militare. Questo è un fascismo civile che si vuole rassicurante. Un fascismo d´affari. Il governo sta cercando di spostare in Africa il vertice della FAO la cui sede è a Roma e si parla di spostare perfino il vertice NATO di Napoli. Penso che se avesse potuto, avrebbe fatto a meno di organizzare il G8 a Genova. Questi scontri sono una prova per questo governo come lo sarebbero per qualunque altro. Ma lo sono tanto più che questo governo non sa reagire se non in modo violento. La violenza crea instabilità, insicurezza, discredito internazionale e soprattutto disturba l´operato affaristico del governo.
Il ministro Frattini stesso dice delle forze dell´ordine che sono state "confortate" dalla presenza di politici e del vice premier nelle sale operative durante il G8. Aggiunge: «È chiaro che le forze di polizia si sentano rassicurate da una maggioranza che non dice più agli uomini in divisa "prima prendete le botte e poi chiedetevi se dovete reagire"». Che cosa significa questa litote?
I valori del popolo no-global sono diametralmente opposti a quelli del governo Berlusconi. Al commercio equo e solidale risponde un´economia liberale all´americana. Alle preoccupazioni ambientali risponde un Berlusconi contrario al protocollo di Kyoto. All´ideologia della non-violenza risponde l´ideologia del law and order. Ai piercing e capelli colorati rispondono le giacche e cravatte. La cultura no-global crescente costituisce quindi una minaccia vissuta con un intensità più o meno importante dal governo Berlusconi e dai lobbies finanziari.
Io vorrei fare due ipotesi sulla situazione italiana. La prima è che questo movimento no-global suscita rabbia, esasperazione e paura per i propri interessi fra i vari esponenti dell´attuale maggioranza, in particolare in questa frangia la cui nuova facciata non può fare dimenticare la cultura neofascista. Si tratta di un fascismo diverso di quello mussoliniano che era di tipo militare. Questo è un fascismo civile che si vuole rassicurante. Un fascismo d´affari. Il governo sta cercando di spostare in Africa il vertice della FAO la cui sede è a Roma e si parla di spostare perfino il vertice NATO di Napoli. Penso che se avesse potuto, avrebbe fatto a meno di organizzare il G8 a Genova. Questi scontri sono una prova per questo governo come lo sarebbero per qualunque altro. Ma lo sono tanto più che questo governo non sa reagire se non in modo violento. La violenza crea instabilità, insicurezza, discredito internazionale e soprattutto disturba l´operato affaristico del governo.
La seconda ipotesi che si rifà alle violenze verificatesi durante il G8 è che le forze dell´ordine hanno ricevuto ordini dal potere politico e hanno reagito come i soggetti dell´esperimento di Milgram, lasciandosi andare ad una violenza punitiva ed estrema. Certo che esiste una cultura fascista in una frangia delle forze dell´ordine che non ha aspettato un governo di destra per sfogare la propria violenza. Francesco Caruso, il leader dei centri sociali campani dice che il vertice dell´OCSE del 17 marzo 2001 fu la "prova generale di Genova" e che ci fu "un pestaggio di massa nei confronti di migliaia di persone inermi e disarmate".
A Genova, a questa frangia sarebbe bastato un tacito consenso perché si potessero sfogare ma questa repressione generalizzata e senza precedenti recenti non può risultare solo da iniziative private o da semplici errori di comando. Come dice con grande onestà Domenico Fisichella, vicepresidente del Senato e uno dei padri fondatori di AN: "Non c´è stata una delega totale, compresa la gestione dell´ordine pubblico, a funzionari e uomini dell´amministrazione. Allora diventa difficile pensare che tutto si possa esaurire nella punizione di alcuni funzionari". Difatti, ci si continua a chiedere in che modo la presenza di Gianfranco Fini in prefettura e di quattro deputati AN nella sala operativa delle forze dell´ordine abbia inciso sul corso degli avvenimenti. L´indagine amministrativa condotta dai tre superispettori nominati dal ministero dell´Interno conclude ad un "disastro organizzativo".
È una conclusione che fa molto comodo al governo perché lo esonera da qualunque responsabilità diretta. Esiste, nella polizia e ancor di più nell´Arma, il valore della disciplina. L´attestano le reazioni dei capi silurati quale La Barbera che dice: "Non ho niente di cui pentirmi, è una brutta fine ma ubbidirò". Il questore Colucci: "Sono un servitore dello stato e ne accetto serenamente le decisioni". Niente ribellione anche se ritengono il loro siluramento ingiusto. L´ipotesi secondo la quale le forze dell´ordine avrebbero agito così per disciplina mi sembra quindi molto plausibile.
A Genova, a questa frangia sarebbe bastato un tacito consenso perché si potessero sfogare ma questa repressione generalizzata e senza precedenti recenti non può risultare solo da iniziative private o da semplici errori di comando. Come dice con grande onestà Domenico Fisichella, vicepresidente del Senato e uno dei padri fondatori di AN: "Non c´è stata una delega totale, compresa la gestione dell´ordine pubblico, a funzionari e uomini dell´amministrazione. Allora diventa difficile pensare che tutto si possa esaurire nella punizione di alcuni funzionari". Difatti, ci si continua a chiedere in che modo la presenza di Gianfranco Fini in prefettura e di quattro deputati AN nella sala operativa delle forze dell´ordine abbia inciso sul corso degli avvenimenti. L´indagine amministrativa condotta dai tre superispettori nominati dal ministero dell´Interno conclude ad un "disastro organizzativo".
È una conclusione che fa molto comodo al governo perché lo esonera da qualunque responsabilità diretta. Esiste, nella polizia e ancor di più nell´Arma, il valore della disciplina. L´attestano le reazioni dei capi silurati quale La Barbera che dice: "Non ho niente di cui pentirmi, è una brutta fine ma ubbidirò". Il questore Colucci: "Sono un servitore dello stato e ne accetto serenamente le decisioni". Niente ribellione anche se ritengono il loro siluramento ingiusto. L´ipotesi secondo la quale le forze dell´ordine avrebbero agito così per disciplina mi sembra quindi molto plausibile.
Ma la guerra del G8 non ha ancora svelato tutti i suoi segreti e sono convinto che le settimane future ci daranno nuovi elementi per una valutazione più sicura dell´accaduto.
Siamo adesso a fare i conti con le conseguenze.
Primo, le forze dell´ordine vivono una situazione molto pesante perché additati come responsabili di tutto.
Secondo, la società civile è divisa. Da una parte, ci sono quelli che soccombono ai discorsi di Berlusconi, il quale continua ad opporre facinorosi e forze dell´ordine, cercando di giustificare in questo modo la repressione sanguinosa. Si dimentica però due cose: la prima è che in uno stato di diritto, non è compito della polizia punire i violenti. La seconda è che tra forze dell´ordine e violenti c´era un popolo costituito di migliaia di pacifisti che sono stati picchiati a sangue ingiustamente.
Dall´altra parte ci sono quelli che aprono gli occhi e sono sconvolti per questa violenza indifferenziata.
Terzo, al contrario di quello che pretende il capo dello stato che dice: "L´Italia ha fiducia nella polizia", esiste invece, da quando è successa la strage di Genova, una frattura tra una parte importante della società civile e le forze dell´ordine. Le forze dell´ordine esistono per proteggere i cittadini, non per picchiarli. Ci sono delle ferite che purtroppo non si rimargineranno mai. È ora di fare qualcosa per riconciliare la società intera con le proprie forze dell´ordine. E non si potrà fare niente finché la realtà verrà negata.
Quarto, Luca Casarini, il leader delle tute bianche, disturba una certa classe politicamente corretta quando dice "Si rischia la deriva armata".
Dicendo questo, non dice quello che lui desidererebbe. Anzi, lui desidererebbe il contrario. Dice invece quello che è. Perché, purtroppo, bisogna riconoscere che il rischio non è da escludere.
Quinto, e questo è forse la cosa più grave, è diventato pericoloso in questo paese esprimere il proprio dissenso manifestando pacificamente in piazza, a meno di essere capace di fare se stesso il lavoro delle forze dell´ordine.
Ritengo proprio scandalose le parole del ministro dell´interno Scajola che dice: "Spetta anche a chi vuole manifestare pacificamente il compito di isolare i violenti."
Controllare i violenti non è il mio mestiere. Da quando mai spetta ai cittadini mantenere l´ordine pubblico?! Forse si tratta di una mossa grossolana che mira a scoraggiare le manifestazioni. Difatti, se non so controllare i facinorosi, allora è meglio che me ne stia in casa a meno di prendere il rischio di farmi massacrare dalle forze dell´ordine. Lasciare operare i facinorosi, come si è visto a Genova, per poi caricare il corteo pacifico è una strategia pericolosa che mira a dissuadere una certa parte della popolazione a manifestare.
Tutto porta a pensare che sia stato questa strategia ad essere stata utilizzata a Genova.
Primo, le forze dell´ordine vivono una situazione molto pesante perché additati come responsabili di tutto.
Secondo, la società civile è divisa. Da una parte, ci sono quelli che soccombono ai discorsi di Berlusconi, il quale continua ad opporre facinorosi e forze dell´ordine, cercando di giustificare in questo modo la repressione sanguinosa. Si dimentica però due cose: la prima è che in uno stato di diritto, non è compito della polizia punire i violenti. La seconda è che tra forze dell´ordine e violenti c´era un popolo costituito di migliaia di pacifisti che sono stati picchiati a sangue ingiustamente.
Dall´altra parte ci sono quelli che aprono gli occhi e sono sconvolti per questa violenza indifferenziata.
Terzo, al contrario di quello che pretende il capo dello stato che dice: "L´Italia ha fiducia nella polizia", esiste invece, da quando è successa la strage di Genova, una frattura tra una parte importante della società civile e le forze dell´ordine. Le forze dell´ordine esistono per proteggere i cittadini, non per picchiarli. Ci sono delle ferite che purtroppo non si rimargineranno mai. È ora di fare qualcosa per riconciliare la società intera con le proprie forze dell´ordine. E non si potrà fare niente finché la realtà verrà negata.
Quarto, Luca Casarini, il leader delle tute bianche, disturba una certa classe politicamente corretta quando dice "Si rischia la deriva armata".
Dicendo questo, non dice quello che lui desidererebbe. Anzi, lui desidererebbe il contrario. Dice invece quello che è. Perché, purtroppo, bisogna riconoscere che il rischio non è da escludere.
Quinto, e questo è forse la cosa più grave, è diventato pericoloso in questo paese esprimere il proprio dissenso manifestando pacificamente in piazza, a meno di essere capace di fare se stesso il lavoro delle forze dell´ordine.
Ritengo proprio scandalose le parole del ministro dell´interno Scajola che dice: "Spetta anche a chi vuole manifestare pacificamente il compito di isolare i violenti."
Controllare i violenti non è il mio mestiere. Da quando mai spetta ai cittadini mantenere l´ordine pubblico?! Forse si tratta di una mossa grossolana che mira a scoraggiare le manifestazioni. Difatti, se non so controllare i facinorosi, allora è meglio che me ne stia in casa a meno di prendere il rischio di farmi massacrare dalle forze dell´ordine. Lasciare operare i facinorosi, come si è visto a Genova, per poi caricare il corteo pacifico è una strategia pericolosa che mira a dissuadere una certa parte della popolazione a manifestare.
Tutto porta a pensare che sia stato questa strategia ad essere stata utilizzata a Genova.
Affermo che è una strategia pericolosa perché se la gente non può più manifestare pacificamente, troverà altri modi di contestazione.
Che cosa fare? C´è purtroppo poco da fare perché questo governo è stato eletto democraticamente e dispone di una legittimità che gli dà un certo margine di manovra. Eppure, cose da fare ce ne sarebbero, eccome!
Ritengo innanzitutto urgente fare qualcosa per riconciliare al più presto la popolazione con le proprie forze dell´ordine. Penso che i poliziotti ed i carabinieri che non condividono le violenze dei colleghi dovrebbero manifestarlo anziché fare blocco. Questo ridarebbe loro credibilità.
Poi, un sano atteggiamento consisterebbe per ognuno di noi, cittadini, forze dell´ordine e politici, ad evitare le generalizzazioni. Se è giusto denunciare la violenza nonché i suoi responsabili, bisogna ricordare che tutti i manifestanti non sono dei violenti, che non tutte le forze dell´ordine sono fasciste e che, all´interno di ogni partito, ci sono delle differenze di sensibilità notevoli.
Il vertice della FAO potrebbe essere visto come un´opportunità anziché come un pericolo. Potrebbe essere l´occasione per questa frangia democratica della forze dell´ordine che rappresenta una gran maggioranza e per i manifestanti pacifisti di concludere un patto. Un patto di non aggressione nonché un piano ben concertato per isolare i violenti.
Penso che una mediazione dovrebbe essere tentata tra dirigenti delle forze dell´ordine e leader no-global. Per tutto questo, ci vorrebbe una volontà politica ma anche un volontà dell´opinione pubblica. Bisogna aprire un dialogo. Io confido molto di più nella strada della comunicazione, che a volte può anche essere aspra, che non in quella della violenza.
Ritengo innanzitutto urgente fare qualcosa per riconciliare al più presto la popolazione con le proprie forze dell´ordine. Penso che i poliziotti ed i carabinieri che non condividono le violenze dei colleghi dovrebbero manifestarlo anziché fare blocco. Questo ridarebbe loro credibilità.
Poi, un sano atteggiamento consisterebbe per ognuno di noi, cittadini, forze dell´ordine e politici, ad evitare le generalizzazioni. Se è giusto denunciare la violenza nonché i suoi responsabili, bisogna ricordare che tutti i manifestanti non sono dei violenti, che non tutte le forze dell´ordine sono fasciste e che, all´interno di ogni partito, ci sono delle differenze di sensibilità notevoli.
Il vertice della FAO potrebbe essere visto come un´opportunità anziché come un pericolo. Potrebbe essere l´occasione per questa frangia democratica della forze dell´ordine che rappresenta una gran maggioranza e per i manifestanti pacifisti di concludere un patto. Un patto di non aggressione nonché un piano ben concertato per isolare i violenti.
Penso che una mediazione dovrebbe essere tentata tra dirigenti delle forze dell´ordine e leader no-global. Per tutto questo, ci vorrebbe una volontà politica ma anche un volontà dell´opinione pubblica. Bisogna aprire un dialogo. Io confido molto di più nella strada della comunicazione, che a volte può anche essere aspra, che non in quella della violenza.
di THIERRY BONFANTI
(L´autore è psicologo, psicoterapeuta, consulente e formatore, ha un´esperienza di 15 anni nel campo della gestione dei conflitti. Ha formato "gendarmes" in Francia e i membri del servizio di mediazione penale minorile di Trento. Insegna la mediazione all´università Marc Bloch di Strasburgo).
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