Palestina: sabato riapre il "valico di Rafah"
Il governo egiziano ha annunciato che sabato prossimo, un po' in ritardo su quanto annunciato in precedenza, aprirà definitivamente il valico di Rafah, mettendo così fine a quello che giustamente è stato definito "l'assedio di Gaza". Un crimine contro la popolazione della Striscia perpetrato dal governo israeliano con la complicità del regime di Mubarak.
Con l'apertura del valico di Rafah cade anche ogni giustificazione per il blocco navale di Gaza, visto che con il confine aperto non c'è più nessuna esigenza di "sicurezza" che possa fare da foglia di fico al blocco delle attività di pesca e navigazione dei palestinesi nelle loro acque, una misura afflittiva e inumana che per anni ha impedito ai palestinesi la pesca e l'operatività dei propri porti. Ma non per questo è detto che alla prossima Freedom Flotilla sarà consentito di raggiungere Gaza senza problemi, il governo israleiano non ha preso bene la novità ed è lecito attendersi provocazioni o dimostrazioni di forza.
Intanto in Israele, per ribadire che il governo non è interessato ad alcun accordo di pace, il giorno dopo il discorso di Netanyahu al Congresso americano è stato dato il via alla costruzione di una nuova colonia a Gerusalemme Est, la parte palestinese della città, destinata a diventare capitale del futuro stato palestinese. L'ennesima dimostrazione d'arroganza e d'indifferenza per le pretese americane, che dopo la parentesi di Bush sono tornati a pretendere il blocco della costruizione delle colonie illegali.
La colonia di Ma'aleh Zeitim dovrebbe ospitare 110 famiglie rigorosamente ebraiche e con la colonia di Ma'aleh David (altre 90 famiglie) in progetto proprio accanto, dovrebbe diventare la colonia ebraica più grande di Gerusalemme Est.
La costruzione di colonie nei territori occupati è proibita dalle leggi internazionali, ma Israele da tempo ha deciso di procedere con la colonizzazione per poi dirsi impossibilitato a spostare i coloni quando si tratta di discutere i confini del futuro stato palestinese.
Una pratica che grazie alla protezione americana si traduce nella progressiva segregazione dei palestinesi della West Bank in Bantustan sempre più piccoli e circondati da alte mura per la "sicurezza" dei coloni. Un piano che si può apprezzare nella brutalità delle mappe qui sopra che si ferma al 2000, ma che rende visivamente la differenza tra l'Israele creata dall'ONU nel 1948, i confini del 1967 e quel che resta oggi per vivere ai palestinesi, il cosidetto "Arcipelago Palestina".
Palestinesi che Israele non vuole in nessun caso annettere insieme alla loro terra, non vuole che diventino cittadini israeliani perché ciò renderebbe impossibile una robusta maggioranza ebraica in Israele. La logica conclusione di una tale situazione è che i palestinesi sono costretti a vivere in condizioni sempre più inumane e spesso a fuggire altrove, da dove poi Israele si oppone con la forza e qualsiasi mezzo al loro ritorno, la pulizia etnica della West Bank.
Un crimine in tutto simile alla chiusura di Gaza e una scelta politica che rende esplicito il rifiuto di qualsiasi soluzione negoziale con i palestinesi e prive di senso le dichiarazioni di Netanyahu in questi giorni. Si è detto pronto a "rinunce dolorose" per la pace in uno show che non ha convinto della sua sincerità nemmeno il Congresso americano, che pure lo ha applaudito a lungo in una tipica esibizione di pessima propagandaa beneficio delle televisioni.
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Con l'apertura del valico di Rafah cade anche ogni giustificazione per il blocco navale di Gaza, visto che con il confine aperto non c'è più nessuna esigenza di "sicurezza" che possa fare da foglia di fico al blocco delle attività di pesca e navigazione dei palestinesi nelle loro acque, una misura afflittiva e inumana che per anni ha impedito ai palestinesi la pesca e l'operatività dei propri porti. Ma non per questo è detto che alla prossima Freedom Flotilla sarà consentito di raggiungere Gaza senza problemi, il governo israleiano non ha preso bene la novità ed è lecito attendersi provocazioni o dimostrazioni di forza.
Intanto in Israele, per ribadire che il governo non è interessato ad alcun accordo di pace, il giorno dopo il discorso di Netanyahu al Congresso americano è stato dato il via alla costruzione di una nuova colonia a Gerusalemme Est, la parte palestinese della città, destinata a diventare capitale del futuro stato palestinese. L'ennesima dimostrazione d'arroganza e d'indifferenza per le pretese americane, che dopo la parentesi di Bush sono tornati a pretendere il blocco della costruizione delle colonie illegali.
La colonia di Ma'aleh Zeitim dovrebbe ospitare 110 famiglie rigorosamente ebraiche e con la colonia di Ma'aleh David (altre 90 famiglie) in progetto proprio accanto, dovrebbe diventare la colonia ebraica più grande di Gerusalemme Est.
La costruzione di colonie nei territori occupati è proibita dalle leggi internazionali, ma Israele da tempo ha deciso di procedere con la colonizzazione per poi dirsi impossibilitato a spostare i coloni quando si tratta di discutere i confini del futuro stato palestinese.
Una pratica che grazie alla protezione americana si traduce nella progressiva segregazione dei palestinesi della West Bank in Bantustan sempre più piccoli e circondati da alte mura per la "sicurezza" dei coloni. Un piano che si può apprezzare nella brutalità delle mappe qui sopra che si ferma al 2000, ma che rende visivamente la differenza tra l'Israele creata dall'ONU nel 1948, i confini del 1967 e quel che resta oggi per vivere ai palestinesi, il cosidetto "Arcipelago Palestina".
Palestinesi che Israele non vuole in nessun caso annettere insieme alla loro terra, non vuole che diventino cittadini israeliani perché ciò renderebbe impossibile una robusta maggioranza ebraica in Israele. La logica conclusione di una tale situazione è che i palestinesi sono costretti a vivere in condizioni sempre più inumane e spesso a fuggire altrove, da dove poi Israele si oppone con la forza e qualsiasi mezzo al loro ritorno, la pulizia etnica della West Bank.
Un crimine in tutto simile alla chiusura di Gaza e una scelta politica che rende esplicito il rifiuto di qualsiasi soluzione negoziale con i palestinesi e prive di senso le dichiarazioni di Netanyahu in questi giorni. Si è detto pronto a "rinunce dolorose" per la pace in uno show che non ha convinto della sua sincerità nemmeno il Congresso americano, che pure lo ha applaudito a lungo in una tipica esibizione di pessima propagandaa beneficio delle televisioni.
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