“Gaza aiuta a restare umani”. Intervista a Jehad, giovane palestinese
Raccontare Gaza dal basso. Non la questione israelo-palestinese, non Hamas né il sionismo ma le singole storie, i racconti del corpo vivo di Gaza. Osservata con gli occhi di un occidentale, la Palestina può sembrare un cumulo di macerie. Invece no, c’è chi la ama e vuole trasmettere la sua “eterna” bellezza.
Jehad Nagy (nella foto) è nato e vive da venti anni a Gaza City. E’ un giovanestudente di ingegneria informatica. Segue la passione per la scrittura, la fotografia e vorrebbe diventare un grande regista. Tutte le sue passioni sono coronate dal suo attivismo e dalla voglia di raccontare.
Jehad invita a conoscere un’altra Gaza, quella vista con altri occhi e non quella raccontata dai mass media internazionali. Crede che in ogni cosa o situazione negativa ci sia sempre un lato buono. Dove c’è il male, c’è anche il bene. Dove c’è il cattivo tempo c’è anche il bello. Secondo Jehad le persone di tutto il mondo non dovrebbero parlare solo di bombardamenti, ma valorizzare Gaza e i suoi cittadini. ”Tutti devono vedere Gaza – spiega - e come queste persone che vivono nei campi e in altre aree distrutte, fanno sorrisi nonostante tutto”.
Sognare a Gaza resta difficile. Eppure il ragazzo è pieno di vitalità. Ci racconta che solo dal nulla si possono creare cose nuove. “Qui a Gaza – dice Jehad - non ricorro i miei sogni. Ogni giorno ho un’idea capace di portarmi verso un nuovo obiettivo. Questo nuovo obiettivo si unisce all’altro e crea il mio sogno. Uno dei miei sogni è quello di viaggiare in tutto il mondo e vincere l’Al Jazeera Film Festival”. Poi, rivela il perché vorrebbe viaggiare e vincere questo premio “ per consentire alle persone di dire: “questo è Jehad Nagy della Palestina”. Un buon modo per far conoscere la mia terra”.
I ragazzi come Jehad, vorrebbero avere la libertà di andare dove vogliono senza obblighi e senza barriere. Vorrebbero conoscere il mondo ed esplorare ogni angolo della terra. Ma non possono: “A molti miei amici sono state respinte le domande di visto. Perché dall’altra parte hanno paura dell'immigrazione, ma di che tipo di immigrazione si sta parlando”. L’atmosfera da assedio e la paura in occidente proibiscono a tanti ragazzi come lui di vivere una vita in piena libertà e di accarezzare altre realtà.
E quando domando a Jehad cosa gli piace di Gaza mi risponde: “Amo questa domanda perché ogni volta che rispondo scopro che ci sono sempre cose in più che mi affascinano di Gaza”. Per il ragazzo “Gaza è il posto più sconosciuto al mondo. C’è la guerra e la pace, l’amore e odio. Ci sono un sacco di opposti. Ma la felicità per me è quella ch,e dopo ogni brutta cosa, la gente sorride. Questa è la Palestina e la semplicità di Gaza”. La sua bellezza in realtà non riesce a descriverla “è possibile chiedere alla gente che viene e che non vuole mai ripartire”. Jehad ci ribadisce che “Gaza aiuta a restare umani, aiuta a creare le cose dal nulla, rende forti. Quando si guarda il tramonto di Gaza ci si sente re del mondo”.
Dove stiamo sbagliando? Perché non diamo opportunità a questi giovani ragazzi che potrebbero davvero cambiare il mondo e la Palestina. Secondo Jehad il problema è dei mass media internazionali. “La stampa racconta una parte della realtà, non tutta. Solo quella che fa di Israele la vittima e dei palestinesi gli animali che non vogliono la pace: non è la verità. La gente in tutto il mondo crede fortemente ai mass media e qui in Palestina non abbiamo una buona stampa. La stampa israeliana è più potente di quella palestinese”.
Quando pronuncio la parola Hamas e sionismo, Jehad mi risponde solamente che “è un grande problema. Vogliono dire combattimenti, sconvolgimenti, odio, sangue e guerra”.
Condividi su Facebook
Commenti