Nucleare, ecco perché il referendum va fatto
Dopo le dichiarazioni di Berlusconi il fronte del no all’atomo chiede di votare. Ma la Consulta decide sui fatti.
La fortuna di Silvio Berlusconi è che alle sue parole le persone serie danno il valore che meritano: zero. Per questo, anche se c’è chi chiede di andare a votare lo stesso per il referendum dopo le sue dichiarazioni sulla moratoria “tattica” al nucleare, è improbabilme che la Corte Costituzionale non fermi le urne. Proprio perché per la Consulta contano i fatti (e cioé, gli atti del governo) e non le parole. Scrive il Corriere della Sera:
Anche uno riflessivo e pacato come il leader dell’Api Francesco Rutelli ieri non ha esitato: «Alla luce delle dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi, il referendum sul nucleare diventa inevitabile». Alla stessa maniera si erano già espressi il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, e il leader di Sinistra, ecologia e libertà, Nichi Vendola: avevano invocato la Corte di Cassazione, incitandola a tenere conto delle parole di Berlusconi nella valutazione circa l’ammissibilità del referendum sul nucleare.
Ma sono richieste e speranze che sembrerebbero inutili:
«Le dichiarazioni di chiunque non possono incidere nelle interpretazione delle norme e dei suoi effetti», taglia corto Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale. E insieme con lui diversi altri insigni giuristi: devono essere valutati gli atti formali, non ascoltate le dichiarazioni. Quando il decreto Omnibus (dove è contenuto l’emendamento che abroga le norme del nucleare) diventerà legge, spetterà all’ufficio centrale della Suprema Corte stabilire se quella legge avrà effettivamente il potere di vanificare il referendum sul nucleare promosso dall’Italia dei Valori.
Secondo alcuni uno spiraglio c’è ancora, ma è minimo:
Secondo Alessandro Pace, già presidente dell’associazione nazionale costituzionalisti e oggi consulente dell’Italia dei valori, l’ufficio della Suprema Corte ha molti margini per decidere di non cancellare la consultazione referendaria sul nucleare del 12 e del 13 giugno. Dice, infatti: «Ci sono grandi ambiguità nel primo e nell’ultimo comma dell’emendamento voluto dal governo. E le parole di Silvio Berlusconi di oggi altro non hanno fatto che aggiungere un argomento. Non sono state abolite le norme sul nucleare è stata fatta una moratoria. Ora è tutto molto chiaro». Piero Alberto Capotosti, anche lui presidente emerito della Corte Costituzionale, non entra in alcun merito dell’emendamento voluto dal governo che ha abrogato le norme sul nucleare. E’ anche lui però molto deciso circa l’interpretazione dell’ufficio della Corte di Cassazione. Ovvero: fatti, non parole. Dice: «Non è pensabile immaginare che l’ufficio centrale della Corte di Cassazione consideri in alcun modo la dichiarazione del presidente del Consiglio per orientare la propria valutazione in ordine alla sospensione della prova referendaria. Dobbiamo avere ben presente che la valutazione è strettamente di diritto e a nulla possono valere le dichiarazioni o le interpretazioni delle persone».
Le proteste dei referendari quindi sembrano inutili:
Al coro della rabbia delle opposizioni, ieri si erano unite anche la voce del capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, e alla Camera, Dario Franceschini, e il senatore radicale del Pd Marco Perduca era stato assolutamente esplicito nel dichiarare: «Il Senato ha approvato un emendamento che non abolisce affatto il nucleare, ma stabilisce una moratoria di cinque mesi. Quindi non ci sono affatto i presupposti per annullare il referendum del 12 e del 13 giugno prossimo».
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La fortuna di Silvio Berlusconi è che alle sue parole le persone serie danno il valore che meritano: zero. Per questo, anche se c’è chi chiede di andare a votare lo stesso per il referendum dopo le sue dichiarazioni sulla moratoria “tattica” al nucleare, è improbabilme che la Corte Costituzionale non fermi le urne. Proprio perché per la Consulta contano i fatti (e cioé, gli atti del governo) e non le parole. Scrive il Corriere della Sera:
Anche uno riflessivo e pacato come il leader dell’Api Francesco Rutelli ieri non ha esitato: «Alla luce delle dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi, il referendum sul nucleare diventa inevitabile». Alla stessa maniera si erano già espressi il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, e il leader di Sinistra, ecologia e libertà, Nichi Vendola: avevano invocato la Corte di Cassazione, incitandola a tenere conto delle parole di Berlusconi nella valutazione circa l’ammissibilità del referendum sul nucleare.
Ma sono richieste e speranze che sembrerebbero inutili:
«Le dichiarazioni di chiunque non possono incidere nelle interpretazione delle norme e dei suoi effetti», taglia corto Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale. E insieme con lui diversi altri insigni giuristi: devono essere valutati gli atti formali, non ascoltate le dichiarazioni. Quando il decreto Omnibus (dove è contenuto l’emendamento che abroga le norme del nucleare) diventerà legge, spetterà all’ufficio centrale della Suprema Corte stabilire se quella legge avrà effettivamente il potere di vanificare il referendum sul nucleare promosso dall’Italia dei Valori.
Secondo alcuni uno spiraglio c’è ancora, ma è minimo:
Secondo Alessandro Pace, già presidente dell’associazione nazionale costituzionalisti e oggi consulente dell’Italia dei valori, l’ufficio della Suprema Corte ha molti margini per decidere di non cancellare la consultazione referendaria sul nucleare del 12 e del 13 giugno. Dice, infatti: «Ci sono grandi ambiguità nel primo e nell’ultimo comma dell’emendamento voluto dal governo. E le parole di Silvio Berlusconi di oggi altro non hanno fatto che aggiungere un argomento. Non sono state abolite le norme sul nucleare è stata fatta una moratoria. Ora è tutto molto chiaro». Piero Alberto Capotosti, anche lui presidente emerito della Corte Costituzionale, non entra in alcun merito dell’emendamento voluto dal governo che ha abrogato le norme sul nucleare. E’ anche lui però molto deciso circa l’interpretazione dell’ufficio della Corte di Cassazione. Ovvero: fatti, non parole. Dice: «Non è pensabile immaginare che l’ufficio centrale della Corte di Cassazione consideri in alcun modo la dichiarazione del presidente del Consiglio per orientare la propria valutazione in ordine alla sospensione della prova referendaria. Dobbiamo avere ben presente che la valutazione è strettamente di diritto e a nulla possono valere le dichiarazioni o le interpretazioni delle persone».
Le proteste dei referendari quindi sembrano inutili:
Al coro della rabbia delle opposizioni, ieri si erano unite anche la voce del capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, e alla Camera, Dario Franceschini, e il senatore radicale del Pd Marco Perduca era stato assolutamente esplicito nel dichiarare: «Il Senato ha approvato un emendamento che non abolisce affatto il nucleare, ma stabilisce una moratoria di cinque mesi. Quindi non ci sono affatto i presupposti per annullare il referendum del 12 e del 13 giugno prossimo».
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