Così l'euro ci ha rovinati: Pil, export e occupazione.
Nei nove anni prima dell'unione monetaria la nostra economia si è sviluppata il doppio di quella mondiale. Dal 2002 la crescita si è dimezzata, casi come i consumi Negli ultimi nove anni della lira, l'Italia è cresciuta il doppio del resto del mondo. Nei nove anni successivi l'incremento del nostro Pil si è dimezzato, mentre quello degli altri è triplicato...
Nei nove anni che hanno preceduto l'adozione dell'euro l'economia italiana è cresciuta il doppio dell'economia mondiale. Nei nove anni successivi, dal primo gennaio 2002 alla fine del 2010, la crescita del pil italiano si è dimezzata rispetto al periodo precedente. E quella dell'economia (...) (...) mondiale è più che triplicata. Così l'Italia dell'euro arranca dietro il resto del mondo: la crescita degli ultimi nove anni è stata appena il 22% di quella dell'economia mondiale. il dato più clamoroso che dimostra come l'Italia costretta al cappio (come dice Paolo Savona) dell'Unione europea non abbia goduto poi di grandi vanta v .Anzi, gran parte degli indicatori economici indicano l'esatto opposto: il trattato di Maastricht non solo non è stato la panacea di tutti i mali, ma potrebbe averne creati proprio con la sua rigidità. Nei nove anni prima dell'euro la crescita dei consumi delle famiglie italiane è stata del 50,50%. Con l'adozione della moneta unica nei nove anni successivi quella crescita si è quasi dimezzata: 29,65%.
Le imprese italiane non sono più riuscite ad esportare come un tempo. Fra il 1993 e il 2001 l'export era cresciuto di 161 miliardi di euro in valore assoluto e del 91,27% in termini percentuali. Con l'euro i nove successivi mostrano una crescita dimezzata in valore assoluto (81,5 miliardi di euro) e crollata a livello percentuale (24,46%). II trattato di Maastricht ha stretto progressivamente le sue maglie sulla libertà delle politiche economiche dei singoli paesi. Impedendo di fatto lo sviluppo. Un dato più che eloquente è quello degli investimenti fissi lordi. Negli ultimi nove annidi adozione della 'fretta, gli investimenti sono cresciuti del 62,35% (in valore assoluto di 97,4 miliardi di euro). Nei primi nove anni dell'euro la crescita si è ridotta all' 11,22% (30,4 miliardi in valore assoluto). La grande frenata che l'euro ha imposto all'economia italiana si è riflessa anche sui dati del mercato del lavoro. Fra il 1993 e il 2001 gli occupati in Italia sono cresciuti di oltre un milione.
Fra il 2002 e il 2010 si sono invece persi 85.400 occupati. I dati elaborati da Libero e inseriti qui in una tabella provengonodall'Istat (serie storiche divulgate lo scorso 11 aprile) e dal Fondo monetario internazionale, e offrono una cruda realtà di fronte alla quale è assai difficile fare propaganda. Con questo trattato di Maastricht e con le regole che hanno tenuto insieme l'area dell'euro l'economia italiana ha avuto solo qualche van-tao, ma anche tanti svantaggi. Si è detto che con l'euro si è tenuta a bada l'inflazione media in Italia, e quindi il potere di acquisto delle famiglie. Ma anche questo è uno slogan che non trova conferma nella realtà: in questi 18 anni (9 prima e 9 dopo l'adozione dell'euro) l'inflazione media annua è stata de12,6%.
A marzo 2011 è stata del 2,5%, e non sembra esserci grande differenza. Per altro nell'ultimo anno di adozione della lira, e cioè i12001, la crescita dei prezzi è stata del 2,4%, minore di quella attuale. E fra il 1996 e il 1999 è stata sotto il 2%. Controllare l'inflazione è dunque possibile anche senza il cappio obbligatorio dell'Europa. Resta dunque un solo vero vantaggio fornito dalla moneta unica: i tassi di interesse bassi. Questo è reale. Il primo gennaio 1993 il Tus era ancora a doppia cifra; 12%. Oggi è all' 1,25% , e la differenza è sostanziale. Costa meno il debito pubblico italiano e costa meno anche quello privato, di imprese e famiglie. Sulle imprese il vantaggio non è stato straordinario:
la stretta del credito bancario degli ultimi anni non ha messo le ali ai loro investimenti. Per le famiglie la differenza c'è: un mutuo a questi tassi è assai più conveniente di quelli dell'epoca della lira. Se si uscisse dall'euro, quel differenziale si pagherebbe, anche se non al 12% come allora. Quel costo del debito che sale è però ampiamente compensato dalla crescita dei prezzi immobiliari awenuti in questi anni: il valore al metro quadro del mattone posseduto dalle famiglie è più che raddoppiato in questi anni. Quel costo del debito sarebbe dunque l'unico vero handicap da sopportare. Per le famiglie sarebbe possibile, per i conti dello Stato un po' meno. Se si riuscisse a ridurre il debito pubblico, uscire da Maastricht darebbe soprattutto vantaggi. Ma se l'Italia tornasse a crescere come quando c'era la lira, anche questo svantaggio verrebbe ampiamente riassorbito.
da: Franco Bechis, "Libero"
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Nei nove anni che hanno preceduto l'adozione dell'euro l'economia italiana è cresciuta il doppio dell'economia mondiale. Nei nove anni successivi, dal primo gennaio 2002 alla fine del 2010, la crescita del pil italiano si è dimezzata rispetto al periodo precedente. E quella dell'economia (...) (...) mondiale è più che triplicata. Così l'Italia dell'euro arranca dietro il resto del mondo: la crescita degli ultimi nove anni è stata appena il 22% di quella dell'economia mondiale. il dato più clamoroso che dimostra come l'Italia costretta al cappio (come dice Paolo Savona) dell'Unione europea non abbia goduto poi di grandi vanta v .Anzi, gran parte degli indicatori economici indicano l'esatto opposto: il trattato di Maastricht non solo non è stato la panacea di tutti i mali, ma potrebbe averne creati proprio con la sua rigidità. Nei nove anni prima dell'euro la crescita dei consumi delle famiglie italiane è stata del 50,50%. Con l'adozione della moneta unica nei nove anni successivi quella crescita si è quasi dimezzata: 29,65%.
Le imprese italiane non sono più riuscite ad esportare come un tempo. Fra il 1993 e il 2001 l'export era cresciuto di 161 miliardi di euro in valore assoluto e del 91,27% in termini percentuali. Con l'euro i nove successivi mostrano una crescita dimezzata in valore assoluto (81,5 miliardi di euro) e crollata a livello percentuale (24,46%). II trattato di Maastricht ha stretto progressivamente le sue maglie sulla libertà delle politiche economiche dei singoli paesi. Impedendo di fatto lo sviluppo. Un dato più che eloquente è quello degli investimenti fissi lordi. Negli ultimi nove annidi adozione della 'fretta, gli investimenti sono cresciuti del 62,35% (in valore assoluto di 97,4 miliardi di euro). Nei primi nove anni dell'euro la crescita si è ridotta all' 11,22% (30,4 miliardi in valore assoluto). La grande frenata che l'euro ha imposto all'economia italiana si è riflessa anche sui dati del mercato del lavoro. Fra il 1993 e il 2001 gli occupati in Italia sono cresciuti di oltre un milione.
Fra il 2002 e il 2010 si sono invece persi 85.400 occupati. I dati elaborati da Libero e inseriti qui in una tabella provengonodall'Istat (serie storiche divulgate lo scorso 11 aprile) e dal Fondo monetario internazionale, e offrono una cruda realtà di fronte alla quale è assai difficile fare propaganda. Con questo trattato di Maastricht e con le regole che hanno tenuto insieme l'area dell'euro l'economia italiana ha avuto solo qualche van-tao, ma anche tanti svantaggi. Si è detto che con l'euro si è tenuta a bada l'inflazione media in Italia, e quindi il potere di acquisto delle famiglie. Ma anche questo è uno slogan che non trova conferma nella realtà: in questi 18 anni (9 prima e 9 dopo l'adozione dell'euro) l'inflazione media annua è stata de12,6%.
A marzo 2011 è stata del 2,5%, e non sembra esserci grande differenza. Per altro nell'ultimo anno di adozione della lira, e cioè i12001, la crescita dei prezzi è stata del 2,4%, minore di quella attuale. E fra il 1996 e il 1999 è stata sotto il 2%. Controllare l'inflazione è dunque possibile anche senza il cappio obbligatorio dell'Europa. Resta dunque un solo vero vantaggio fornito dalla moneta unica: i tassi di interesse bassi. Questo è reale. Il primo gennaio 1993 il Tus era ancora a doppia cifra; 12%. Oggi è all' 1,25% , e la differenza è sostanziale. Costa meno il debito pubblico italiano e costa meno anche quello privato, di imprese e famiglie. Sulle imprese il vantaggio non è stato straordinario:
la stretta del credito bancario degli ultimi anni non ha messo le ali ai loro investimenti. Per le famiglie la differenza c'è: un mutuo a questi tassi è assai più conveniente di quelli dell'epoca della lira. Se si uscisse dall'euro, quel differenziale si pagherebbe, anche se non al 12% come allora. Quel costo del debito che sale è però ampiamente compensato dalla crescita dei prezzi immobiliari awenuti in questi anni: il valore al metro quadro del mattone posseduto dalle famiglie è più che raddoppiato in questi anni. Quel costo del debito sarebbe dunque l'unico vero handicap da sopportare. Per le famiglie sarebbe possibile, per i conti dello Stato un po' meno. Se si riuscisse a ridurre il debito pubblico, uscire da Maastricht darebbe soprattutto vantaggi. Ma se l'Italia tornasse a crescere come quando c'era la lira, anche questo svantaggio verrebbe ampiamente riassorbito.
da: Franco Bechis, "Libero"
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Commenti
SE HA CORAGGIO NN SI NASCONDA DIETRO LA TESTATA DI UN GIORNALE E SI PRESENTI , GLI DAREMO IL PERMIO SULL'ECONOMIA VINCERÀ " IL MONGOLINO D'ORO ZECCHINO " A VITA
qualche esempio? il caffè al bar da 800 lire è passato inizialmente a 80 centesimi,le pizze da 4500 lire a € 4.50, nel campo informatico quelle che erano schede video top di gamma sono miracolosamente passate da 600-700 mila lire a 6-700 €.
E di questi esempi si potrebbe continuare a farne per ore....