Non chiamateli ospedali: viaggio nell’inferno dei manicomi criminali

La commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino, sta ora cercando di portare alla luce quelle storie, di renderle pubbliche, di far conoscere agli italiani la vergogna di Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Secondigliano. Luoghi in cui si entra se si commettono reati bagatellari (che presuppongono pene inferiori ai due anni) e si è affetti da una malattia psichiatrica o se si viene prosciolti perché incapaci di intendere e di volere. Luoghi in cui si entra per ricevere cure e dai quali si rischia di non uscire vivi. Luoghi in cui le proroghe di sei mesi sono moduli fotocopiati, in cui il paziente riceve le cure – quando va bene – di un medico generico che trascorre quattro ore a settimana in una struttura che ospita 300 persone. Tra le corsie degli Opg gli psicofarmaci diventano caramelle, il mondo esterno non entra in alcun modo, non ci sono attività ricreative, di socializzazione. Ci sono invece i letti di contenzione, con i materassi bucati al centro per far cadere le feci e l’urina, il ferro arrugginito e le lenzuola cambiate una volta ogni due settimane. Non ci sono infermieri, ma agenti penitenziari (l’unico istituto che fa eccezione è quello di Castiglione delle Stiviere, nel mantovano, dove sono rinchiuse anche 90 donne).
Da quando la commissione sta visitando (ogni settimana) gli Opg, delle 376 persone giudicate non socialmente pericolose, e che quindi potrebbero essere prese in cura dalle Asl, ne sono uscite soltanto 65. Ma cosa impedisce a un uomo di uscire da una struttura che è peggio del carcere iracheno di Abu Ghraib? “Prima del nostro intervento, l’inedia – spiega il senatore Marino –: i pazienti venivano tenuti dentro attraverso il meccanismo delle proroghe, che venivano fotocopiate senza che neanche si aggiornasse lo stato di salute. Adesso c’è chi non è disponibile ad accoglierli: le Asl ci rispondono spesso di non aver i fondi necessari e i giudici di sorveglianzasono costretti a firmare le proroghe perchè mancano le misure alternative. Siamo riusciti a sbloccare i 5 milioni di euro stanziati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri nel 2008, fondi che adesso verrano distribuiti alla Regioni. Ma abbiamo bisogno che tutti conoscano queste realtà”.
“Tortura, di questo si tratta”, racconta ancora Marino mostrando il video. Eppure nessuno dei parenti di queste persone ha pensato (ancora) di fare causa allo Stato, perché “ancor più che nelle carceri – spiega Iacona – gli Opg sono una discarica sociale”. Chi ha i soldi per pagarsi un buon avvocato, certo non finisce di trascorrere i suoi giorni in un ergastolo bianco. Ma forse è anche per questo che la vita delle circa 1500 persone sepolte lì dentro non interessa quasi a nessuno.
Da Il Fatto Quotidiano del 17 marzo 2011
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