esportatori di democrazia a caccia di bambini…
Martedì scorso nella Valle di Pech, provincia orientale di Kunar.
Hemad, 11 anni, era partito di mattina presto dal villaggio di Nangalam per andare a far legna nei boschi insieme ai suoi amici. Erano in dieci: alcuni di loronon erano ancora nati quando il loro paese è stato invaso nel 2001.
Hemad, 11 anni, era partito di mattina presto dal villaggio di Nangalam per andare a far legna nei boschi insieme ai suoi amici. Erano in dieci: alcuni di loronon erano ancora nati quando il loro paese è stato invaso nel 2001.
Camminando nella neve e nel fango, Hemad e gli altri bambini si sono inerpicati sulle montagne, ignari che poco lontano i talebani avevano appena lanciato dei razzi contro l’avamposto ‘Benedizione’ dell’esercito americano, ferendo un soldato.
”Avevamo quasi finito di raccogliere la legna quando abbiamo visto arrivare gli elicotteri”, ha raccontato Hemad a un reporter del New York Times. ”Erano due. Si sono avvicinati e abbiamo visto una luce verde, poi si sono allontanati e sono tornati di nuovo, iniziando asparare. Un razzo ha colpito un albero vicino a me e i suoi rami mi sono caduti addosso. Ero ferito ferito, ma mi sono salvato perché ero nascosto dai rami. Gli elicotteri hanno iniziato a sparare contro gli altri, colpendo uno dopo l’altro”.
Tra loro c’era anche Khalid, 14 anni, orfano di entrambi i genitori. Suo zio ha descritto la scena che si è trovato davanti quando a sera, assieme ad altri uomini del villaggio, è andato a cercare i bambini che non tornavano. ”I loro copri erano stati fatti a pezzi dai razzi. Ad alcuni mancava la testa, ad altri le gambe o le braccia. Abbiamo cercato di ricomporli e li abbiamo riportati al villaggio su un letto di corda”.
Dopo lo shock iniziale, a Nangalam è esplosa la rabbia. Gli abitanti, duecento persone in tutto, si sono riversati in strada, bruciando le coperte distribuite nei giorni precedenti dalle truppe americane e urlando ”Morte all’America!”, ”Morte a Obama e ai suoi amici!”.
Non potendo negare l’evidenza, i comandi americani di Isaf si sono assunti la piena responsabilità di questo ennesimo ‘tragico errore’. Scuse e condoglianze sono arrivate subito dal presidente Obama, dal generale Petraues e dal suo vice, il generale Rodriguez, prodottosi in un videomessaggio in cui assieme alle scuse si rivendica la ‘rarità’ di questi incidenti.
Affermazione che contrasta con le notizie di ‘tragici errori’ che continuamente giungono dall’Afghanistan – il 28 febbraio due bambini e tre adulti uccisi da elicotteri Usa mentre cacciavano sulle montagne di Kapisa per procurarsi cibo; il 17 febbraio sessantacinque civili massacrati in un raid aereo americano nella stessa provincia di Kunar – e con i dati delle organizzazioni per i diritti umani: nell’ultimo anno le forze Isaf hanno ucciso in media dieci civili a settimana.
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