Disastro di Viareggio, in Tribunale le cause dell’incidente
Si apre a Viareggio la maxi-udienza probatoria per l'incidente ferroviario del 29 giugno 2009. I periti stabiliranno le cause del deragliamento del treno cisterna 50325 che ha ucciso 32 persone e sventrato via Ponchielli. Rete Ferroviaria Italiana è la prima accusata: un picchetto pericoloso, troppo vicino ai binari, avrebbe causato l'esplosione del gpl. Dal 2001 una circolare interna ne “consiglia” la rimozione, invano.
La ricostruzione dell'incidente, da accertare oggi in aula, è drammatica. Il treno 50325, 14 ferrocisterne al seguito, arriva da Trecate, in provincia di Novara, e attraversa la stazione di Viareggio sul binario 4. Alle 23,48 si rompe, per logoramento, l'asse delle ruote anteriori del primo vagone, subito dietro la locomotiva. Il treno scavalca i binari e prosegue la corsa per 370 metri, poi si rovescia sul lato sinistro e si apre in due. Il gas liquido schizza fuori, e dopo meno di tre minuti prende fuoco ad un passo dalla strada. L'esplosione è assordante. Due palazzine crollano, altre 5 bruciano come torce. Metà delle vittime muore sul colpo, un'altra decina nel giro di una settimana a causa delle ustioni. L'ultima è Elisabeth Silva, 36 anni, morta in ospedale il 22 dicembre 2009, dopo 6 mesi di agonia.
Ora il Tribunale cerca di individuare il responsabile dell'incidente. Pochi gli elementi, molti i dubbi. Chi doveva controllare e verificare l'asse del primo vagone? L'ultimo controllo certo risale al 2008, eseguito ad Hannover dall'officina tedesca Jungenthal GmBh, di proprietà della società Gatx: non è chiaro se le verifiche sono state effettuate davvero. Il controllo agli ultrasuoni avrebbe dovuto rilevare le microlesioni che hanno portato alla rottura dell'asse.
Ma non basta. Nella cisterna si è aperto uno squarcio durante il deragliamento: o per impatto con uno scambio dei binari, o con un picchetto di regolazione delle curve. La prima ipotesi è sostenuta dalla commissione d'indagine interna di Rete Ferrovie Italia, ed escluderebbe ogni possibile responsabilità dell'azienda, in quanto non prevedibile e inevitabile. Se invece l'impatto fatale fosse avvenuto contro il picchetto di regolazione, come sostiene il perito della Procura di Lucca prof. Paolo Toni e la stessa Polizia Ferroviaria, Rfi sarebbe in un mare di guai.
Questi picchetti sono composti da due braccia metalliche seghettate a forma di T, con la base ad un metro e mezzo dal binario, ma il braccio sporgente a pochi centimetri dalla rotaia.Pericolosi e inutili, non servono da almeno 10 anni: una circolare tecnica del 18 dicembre 2001 della Rete Ferroviaria Italiana ne dispone la sostituzione graduale con sistemi satellitari. La specifica è rimasta lettera morta: solo lungo le nuove linee dell'alta velocità non ci sono picchetti. Secondo la Procura e Polfer, questo rappresenta una grave falla nelle misure di sicurezza di Rfi.
Le analisi sono state affidate a due periti, il professor Dario Vangi, professore associato di progettazione meccanica presso l'Università di Firenze, e l'ing. Riccardo Licciardelloricercatore nel settore Trasporti presso il dipartimento di Ingegneria Civile de La Sapienza di Roma. L'incidente probatorio non avverrà in Tribunale, ma nell'Area Fieristica di Lucca, nell'ex stabilimento Bertolli. Non per pubblicità ma per necessità: l'aula è sovraffollata.
Ci sono 38 indagati per incendio e disastro ferroviario colposi, lesioni e omicidio colposi e (a vario titolo) mancata valutazione dei rischi. Fra loro anche l'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti. Altre 8 aziende sono chiamate a rispondere di responsabilità amministrativa: in particolare la Gatx, proprietaria delle ferrocisterne coinvolte nell'incidente e dell'officina Junghental Gmbh, e il Gruppo Ferrovie dello Stato, insieme a Rfi e Trenitalia. Molte di più le parti offese, i parenti: 349. Cui vanno aggiunti periti di parte, avvocati, esperti a vario titolo convocati ad assistere alle analisi tecniche dei relitti del treno 50325.
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