Afghanistan, servilismo BIPARTISAN
I cablo di WikiLeaks pubblicati da Repubblica e L'Espresso non solo non svelano nulla di nuovo riguardo all'asservimento del governo Berlusconi all'alleato statunitense, ma celano una realtà scomoda per il gruppo editoriale di riferimento del Pd: ovvero che il precedente governo Prodi non fu da meno in termini di servilismo verso gli Usa, con l'aggravante che tutto veniva fatto in segreto.
Non era un mistero che il Cavaliere e il suo scudiero Ignazio, pur di non perdere il sostegno della Casa Bianca, siano stati più lealisti del re, mettendosi sull'attenti e rispondendo signorsì ad ogni ordine del Pentagono: lo si è sempre saputo.
PeaceReporter, come tutta la grande stampa nazionale, ha raccontato ogni tappa di questa triste storia.
Nel maggio 2008, il neo-insediato governo Berlusconi inviava un chiaro messaggio alla Casa Bianca, dove ancora sedeva Bush: ''L'Italia è pronta a discutere con la Nato la revisione dei caveat al fine di garantire una maggiore efficacia e flessibilità di impiego delle nostre truppe''.
Una ''accresciuta disponibilità'' dell'Italia a combattere per gli americani che veniva confermata un mese dopo, a giugno, in occasione della visita romana di Bush: Frattini e La Russa annunciavano il ''rafforzamento'' del contingente italiano e una maggiore ''flessibilità'' del loro impiego con la rimozione del caveat che prevedeva il preavviso di 72 ore per l'impiego bellico delle nostre truppe.
A novembre il governo annunciava l'invio in Afghanistan di quattro cacciabombardieri Tornado che verranno messi a disposizione del comando militare Usa e autorizzati a usare l'armamento di bordo (cannoni a rotazione, non bombe).
Nel dicembre, subito dopo la visita a Roma del generale David Petraeus, il governo Berlusconi annunciava l'invio di altre 500 truppe da combattimento al fronte e la decisione di rimuovere anche l'ultimo caveat, sulle regole d'ingaggio, per consentire alle nostre truppe di ''fare di più".
A febbraio 2009, Berlusconi lanciava un nuovo messaggio al nuovo inquilino della Casa Bianca: "Obama ha chiesto agli alleati di dare una mano agli Stati Uniti in Afghanistan e noi non ci tireremo indietro". Una promessa che verrà zelantemente nei mesi successivi.
A partire dal mese di giugno, infatti, le truppe italiane venivano impegnate in massicce operazioni offensive sui fronti di Farah e Bala Murghab, con centinaia di insorti (e anche diversi civili) uccisi dai parà della Folgore, dai mortai e dagli elicotteri da combattimento italiani.
A fine anno, il governo italiano annunciava l'invio al fronte di altri 1.200 soldati e di nuovi mezzi terrestri e aerei da combattimento, surclassando le stesse richieste che il Pentagono aveva avanzato il mese prima al vertice Nato di Bruxelles.
Nell'ottobre 2010, lo zelo italiano diventava tale da mettere in imbarazzo Washington: mentre gli Usa e la Nato discutevano della riduzione dei bombardamenti aerei in Afghanistan, il governo Berlusconi proponeva di armare di bombe i nostri caccia, cambiando idea solo dopo il ''no grazie'' di Karzai.
Quello che i cablogrammi di Repubblica e L'Espresso invece non raccontano è che il governo Prodi - D'Alema agli Esteri e Parisi alla Difesa - aveva agito con lo stesso zelo servile di quello Berlusconi, con la non trascurabile differenza che tutto avveniva nell'ombra, tenendo allo scuro l'opinione pubblica con una ferrea censura.
Sarebbe imbarazzante, per il Pd, leggere nei cablo di WikiLeaks del 2006-2008 l'apprezzamento della criminale amministrazione Bush per la guerra che il governo italiano di centro-sinistra aveva segretamente autorizzato in Afghanistan con una missione di forze speciali (l'operazione segreta 'Sarissa' della Task Force 45), con un progressivo impegno bellico delle nostre truppe (sempre negato dalla Difesa), con il primo impegno sul fronte 'caldo' meridionale (Farah) e con la decisione di incrementare le truppe da combattimento con la costituzione del primo 'Battle Group' italiano.
Non è stato solo Berlusconi a doversi mostrare devoto agli Usa per avere il loro sostegno incondizionato.
fonte
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Non era un mistero che il Cavaliere e il suo scudiero Ignazio, pur di non perdere il sostegno della Casa Bianca, siano stati più lealisti del re, mettendosi sull'attenti e rispondendo signorsì ad ogni ordine del Pentagono: lo si è sempre saputo.
PeaceReporter, come tutta la grande stampa nazionale, ha raccontato ogni tappa di questa triste storia.
Nel maggio 2008, il neo-insediato governo Berlusconi inviava un chiaro messaggio alla Casa Bianca, dove ancora sedeva Bush: ''L'Italia è pronta a discutere con la Nato la revisione dei caveat al fine di garantire una maggiore efficacia e flessibilità di impiego delle nostre truppe''.
Una ''accresciuta disponibilità'' dell'Italia a combattere per gli americani che veniva confermata un mese dopo, a giugno, in occasione della visita romana di Bush: Frattini e La Russa annunciavano il ''rafforzamento'' del contingente italiano e una maggiore ''flessibilità'' del loro impiego con la rimozione del caveat che prevedeva il preavviso di 72 ore per l'impiego bellico delle nostre truppe.
A novembre il governo annunciava l'invio in Afghanistan di quattro cacciabombardieri Tornado che verranno messi a disposizione del comando militare Usa e autorizzati a usare l'armamento di bordo (cannoni a rotazione, non bombe).
Nel dicembre, subito dopo la visita a Roma del generale David Petraeus, il governo Berlusconi annunciava l'invio di altre 500 truppe da combattimento al fronte e la decisione di rimuovere anche l'ultimo caveat, sulle regole d'ingaggio, per consentire alle nostre truppe di ''fare di più".
A febbraio 2009, Berlusconi lanciava un nuovo messaggio al nuovo inquilino della Casa Bianca: "Obama ha chiesto agli alleati di dare una mano agli Stati Uniti in Afghanistan e noi non ci tireremo indietro". Una promessa che verrà zelantemente nei mesi successivi.
A partire dal mese di giugno, infatti, le truppe italiane venivano impegnate in massicce operazioni offensive sui fronti di Farah e Bala Murghab, con centinaia di insorti (e anche diversi civili) uccisi dai parà della Folgore, dai mortai e dagli elicotteri da combattimento italiani.
A fine anno, il governo italiano annunciava l'invio al fronte di altri 1.200 soldati e di nuovi mezzi terrestri e aerei da combattimento, surclassando le stesse richieste che il Pentagono aveva avanzato il mese prima al vertice Nato di Bruxelles.
Nell'ottobre 2010, lo zelo italiano diventava tale da mettere in imbarazzo Washington: mentre gli Usa e la Nato discutevano della riduzione dei bombardamenti aerei in Afghanistan, il governo Berlusconi proponeva di armare di bombe i nostri caccia, cambiando idea solo dopo il ''no grazie'' di Karzai.
Quello che i cablogrammi di Repubblica e L'Espresso invece non raccontano è che il governo Prodi - D'Alema agli Esteri e Parisi alla Difesa - aveva agito con lo stesso zelo servile di quello Berlusconi, con la non trascurabile differenza che tutto avveniva nell'ombra, tenendo allo scuro l'opinione pubblica con una ferrea censura.
Sarebbe imbarazzante, per il Pd, leggere nei cablo di WikiLeaks del 2006-2008 l'apprezzamento della criminale amministrazione Bush per la guerra che il governo italiano di centro-sinistra aveva segretamente autorizzato in Afghanistan con una missione di forze speciali (l'operazione segreta 'Sarissa' della Task Force 45), con un progressivo impegno bellico delle nostre truppe (sempre negato dalla Difesa), con il primo impegno sul fronte 'caldo' meridionale (Farah) e con la decisione di incrementare le truppe da combattimento con la costituzione del primo 'Battle Group' italiano.
Non è stato solo Berlusconi a doversi mostrare devoto agli Usa per avere il loro sostegno incondizionato.
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