Le ragioni di Marchionne
Arricchirsi sulla pelle, sul sudore e sul sangue altrui. Senza sforzi, senza lavoro. Con il gioco del comando. E questa è la guerra, che a noi fa schifo
"Quello di Mirafiori è un modello che non va bene per descrivere il futuro", dice il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. (ipocrita)
Ma quanti sono gli imprenditori che attendono il risultato di Miriafiori per adeguarsi allo strappo del manager che da solo guadagna più di tutti gli operai di Mirafiori messi assieme e che paga le tasse in Svizzera e non in in Italia?
Il punto non è "chi vincerà". Le ragioni per votare no al "referendum" di Mirafiori sono tante e fortissime. E la stragrande maggioranza dei lavoratori Fiat le conosce e le sostiene.
Ma quando per sostenerle si deve mettere in gioco la propria vita e quella della propria famiglia allora non si tratta più di una scelta. Ma di un obbligo. Persino parlare di ricatto è generoso: qui, per molti, non c'è proprio scelta.
Il punto è che si è tollerato - da parte di tutti quelli che si dicono dalla parte del lavoro e dei lavoratori, solo la Fiom ha lanciato l'allarme - che Marchionne consumasse uno strappo irrimediabile. Uno strappo di cui non si sono calcolate le conseguenze, che potranno essere tragiche e che sono certamente drammatiche.
Si è tollerato che un signore, nel nome di profitti finanziari di borsa e non certo per salvaguardare alcunché di produttivo, gettasse alle ortiche più di cento anni di conquiste civili e sociali.
Solo i fessi e i disperati possono credere alla favola degli investimenti produttivi. Quali che saranno, non saranno nulla più che una mancia rispetto ai guadagni in borsa dei titoli Fiat. E non è certo per garantire l'occupazione o salvare gli stabilimenti che Marchionne ha forzato la mano.
Lo ha fatto per un puro cinico e baro calcolo: se spezzo le reni ai sindacati, il titolo volerà in borsa. Perché il modello industriale che ne uscirà (indipendentemente dalla sopravvivenza delle fabbriche di Torino e Pomigliano che non interessa ai padroni) sarà persino più arretrato di quello cinese. Ed è questo che piace a chi specula in borsa, oggi come ieri: arricchirsi sulla pelle, sul sudore e sul sangue altrui. Senza sforzi, senza lavoro. Con il gioco del comando. E questa è la guerra, che a noi fa schifo.
fonte
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"Quello di Mirafiori è un modello che non va bene per descrivere il futuro", dice il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. (ipocrita)
Ma quanti sono gli imprenditori che attendono il risultato di Miriafiori per adeguarsi allo strappo del manager che da solo guadagna più di tutti gli operai di Mirafiori messi assieme e che paga le tasse in Svizzera e non in in Italia?
Il punto non è "chi vincerà". Le ragioni per votare no al "referendum" di Mirafiori sono tante e fortissime. E la stragrande maggioranza dei lavoratori Fiat le conosce e le sostiene.
Ma quando per sostenerle si deve mettere in gioco la propria vita e quella della propria famiglia allora non si tratta più di una scelta. Ma di un obbligo. Persino parlare di ricatto è generoso: qui, per molti, non c'è proprio scelta.
Il punto è che si è tollerato - da parte di tutti quelli che si dicono dalla parte del lavoro e dei lavoratori, solo la Fiom ha lanciato l'allarme - che Marchionne consumasse uno strappo irrimediabile. Uno strappo di cui non si sono calcolate le conseguenze, che potranno essere tragiche e che sono certamente drammatiche.
Si è tollerato che un signore, nel nome di profitti finanziari di borsa e non certo per salvaguardare alcunché di produttivo, gettasse alle ortiche più di cento anni di conquiste civili e sociali.
Solo i fessi e i disperati possono credere alla favola degli investimenti produttivi. Quali che saranno, non saranno nulla più che una mancia rispetto ai guadagni in borsa dei titoli Fiat. E non è certo per garantire l'occupazione o salvare gli stabilimenti che Marchionne ha forzato la mano.
Lo ha fatto per un puro cinico e baro calcolo: se spezzo le reni ai sindacati, il titolo volerà in borsa. Perché il modello industriale che ne uscirà (indipendentemente dalla sopravvivenza delle fabbriche di Torino e Pomigliano che non interessa ai padroni) sarà persino più arretrato di quello cinese. Ed è questo che piace a chi specula in borsa, oggi come ieri: arricchirsi sulla pelle, sul sudore e sul sangue altrui. Senza sforzi, senza lavoro. Con il gioco del comando. E questa è la guerra, che a noi fa schifo.
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