Chi è più scemo: YouTube o la Lega?
Che cosa pensereste voi di un partito il cui organo di stampa diffonde messaggi tanto violenti da essere bannato da YouTube? Probabilmente pensereste che si tratta di una formazione sovversiva, tra il Ku Klux Klan e i Black Bloc.
Balle: è il partito che, in condominio con quello di Berlusconi, governa l’Italia. Leggere per credere.
Tutto inizia quando, nel suo consueto e prezioso lavoro di monitoraggio di quello che trasmette ogni giorno Radio Padania, il 19 dicembre scorso il blogger Daniele Sensi si imbatte in un audio in cui alcuni giovani conduttori leghisti in studio esprimono la loro opinione sulle manifestazioni studentesche di questi giorni, dando dei “bastardi zecche” ai frequentatori dei centri sociali e invitando le forze dell’ordine a “picchiare duro e spaccare un po’ di ossa”, “vogliamo sentire il crac delle ossicine del braccio che si rompono”.
Registrato il prezioso reperto, Daniele lo carica nel suo canale di YouTube (con un’immagine fissa, nera) e il titolo: “Delirio su Radio Padania: Giovani padani ai poliziotti: Picchiate duro, spaccate le ossa”.
Qualcuno segnala il video a YouTube come “inappropriato” perché “incita alla violenza” – quando fin dal titolo era evidente a chiunque che, al contrario, metteva alla berlina proprio chi incitava alla violenza. Ma a YouTube evidentemente i neuroni sono poco di casa, perché il team di verifica decide che sì, il video va cancellato, anzi già che ci sono cancellano l’intero canale di Sensi.
Appresa la vicenda dalla pagina Facebook di Daniele, oggi ho chiesto lumi all’ufficio stampa in Italia di Google (proprietaria di YouTube): tutta gente cortese e disponibile. Dopo aver verificato quanto accaduto, mi hanno confermato che il video era stato tolto su segnalazione di un utente e quindi giudicato da Yt stessa un incitamento alla violenza.
Ho provato a far notare che lo scopo del video era evidentemente quello opposto, e che bastava leggere il titolo per capirlo, ma mi hanno risposto che non ci sono mazzi, se il video incita alla violenza loro lo cancellano, non importa perché è stato caricato on line.
Gli ho fatto notare allora che i contenuti erano stati emessi da una radio di un partito che governa l’Italia, ma mi hanno detto che a loro questo non interessa, per loro il responsabile è chi carica il video. quindi Daniele Sensi.
Gli ho infine, disperatamente, fatto presente che con questa logica non si può nemmeno mettere su Yt un video che mostri i discorsi di Hitler – visto che come incitamento alla violenza il Fuhrer non scherzava – ma mi hanno replicato che no, quella è una testimonianza storica e quindi va bene.
Incapace di affrontare con l’ufficio stampa di Google una discussione sulla non secondaria valenza storica dei deliri della Lega, ho ringraziato e attaccato.
A chiosa, preciso che il gentile ufficio stampa di Google non mi ha saputo dire se qualcuno, nel team che ha deciso di cancellare il canale di Sensi, fosse in grado di parlare italiano (questi team sono tutti all’estero).
Onestamente, di tutta questa vicenda non so qual è il protagonista più grottesco. Se la Lega, la cui radio diffonde contenuti più censurabili dei discorsi di Hitler; o se Google, che non riesce a capire la differenza tra l’incitamento alla violenza e la denuncia di questo incitamento, applicando con una discreta idiozia regole burocratiche che nemmeno un ministero bulgaro durante il socialismo reale.
Questo è quanto. Ah, comunque il video in questione si può ritrovare qui, dove Daniele l’ha ripostato.
Update, 23 dicembre.
Mi ha richiamato l’ufficio stampa di Google, probabilmente dopo aver visto oltre al mio post anche quelli di Massimo e Vittorio, per specificarmi che:
1) i team di reviewers (cioè di quei signori chiamati da qualche parte nel mondo a decidere se togliere o no un video) solitamente parlano le lingue dei paese dei cui canali si occupano (ieri la versione era molto meno assertiva, in proposito);
2) in effetti i video di denuncia su violenza e razzismo etc non dovrebbero rientrare nella categoria dei bannabili, purché sia “chiaro e inequivocabile” l’intento di denuncia e non di supporto della violenza in questione;
3) Per rendere chiaro ai reviewers che il video è di denuncia e non di supporto bisogna scriverlo in modo esplicito nel titolo, nelle tag e nell’apposita finestrella “descrizione del video”, quella che appare quando si carica un video su Yt.
Ho nuovamente fatto notare che il titolo fornito da Sensi (”I deliri di radio Padania”) non doveva lasciare ai mitici reviewers molti dubbi – sempre che capissero davvero l’italiano – ma l’ufficio stampa mi ha ribadito che loro non entrano nei casi specifici, e comunque per non sbagliare bisogna sottolineare il concetto nelle tag (tipo “video denuncia”) e nella descrizione del video.
Insomma, è ufficiale: la libertà di espressione nei social network e nelle piattaforme di condivisione è in mano a dei cerebrolesi a cui bisogna parlare come se avessero tre anni, sennò non capiscono.
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