Mafie: le balle dei politici sugli arresti
Domenica scorsa a “Niente di personale”, programma di Antonello Piroso (La7) è stato invitato come ospite Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, da oltre vent’anni in prima fila nella lotta contro la ‘Ndrangheta. “Dal 1977 non vado al cinema”, aveva raccontato durante l’intervista. Allora in sala trasmettevano “La febbre del sabato sera”. Altri tempi, altra epoca. “Perché, non le piace il cinema?”, chiede Piroso, anche se la risposta pareva ovvia per chiunque. Gratteri, accennando ad un sorriso e abbassando gli occhi, risponde che non era quello il motivo: si sentirebbe a disagio, con la scorta, in una grande sala cinematografica. Ed esporrebbe al rischio le persone presenti. Come a dire: da trent’anni non riesco a vivere come vorrei, perché la ‘Ndrangheta è sempre lì, in agguato. Silenzio in sala. Parlando di mafia, poi, Gratteri e Piroso arrivano anche alla politica, perché viene automatico sovrapporre i temi, per due motivi: la loro costante compenetrazione, e la lotta di questo governo alle mafie. “Il governo che più ha fatto contro la criminalità organizzata“, si dice. Lo strilla la Santanché ad Annozero, lo sbraita la Mussolini, presa forse da isterismo convulsivo (come la collega), a Otto e Mezzo, lo ribadisce Ignazio La Russa quando può, lo ricorda Berlusconi all’occorrenza. Poi Bondi, Cicchitto, Capezzone e tutti gli altri. Tutti estremamente convinti di ciò che dicono. E quando si ricorda al centrodestra che in Senato siede Dell’Utri, condannato in Appello per concorso esterno in associazione mafiosa e “mediatore” tra Cosa Nostra e Berlusconi per oltre trent’anni, dal ‘70 al ‘92, si sente rispondere (tipo dalla Mussolini): “la sentenza d’Appello mi fa rrridere, rrridere [massì, ridiamoci sopra e morta lì, ndr]! Abbiamo risposto con i fatti: dopo 14 anni che aspettiamo sono stati arrestati i più grossi latitanti”. Forse si riferiva all’arresto di Iovine. Anzitutto non si capisce che cosa c’entri la sentenza con l’operato del Governo, dato che il processo a Dell’Utri inizia nel 1996, cioè quattordici anni prima (l’ultimo governo Berlusconi nasce nel 2008). Ma soprattutto non si comprende bene cosa c’entrino gli arresti dei latitanti con la politica. Perché, insomma, Maroni, giulivo e scodinzolante, dovrebbe prendersi il merito dell’operato della polizia giudiziaria.
Che la Mussolini non conosca il principio costituzionale della Divisione dei Poteri, per cui chi arresta e dà la caccia ai criminali è la giustizia e non qualsivoglia governo, non mi sorprende. Mi sorprende invece che chi non comprende questa differenza possa sedere in Parlamento. Il procuratore aggiunto Gratteri, che a differenza del Ministro dell’Interno, e solo per il fatto di servire lo Stato, non siede al Cinema da trent’anni, si scalda quando Piroso tange l’argomento. Alza di poco la voce “la politica con l’arresto dei criminali, non c’entra niente”, e dondola sulla sedia. E racconta: un’indagine di mafia dura in media due anni; alla chiusura dell’indagine segue un altro anno per richiedere al gip la custodia cautelare del criminale da arrestare; il gip impiega un altro anno per rispondere. Ne passano dunque 4 soltanto per l’autorizzazione a procedere, poi si comincia la caccia. Dunque l’arresto di Iovine, ma comunque di tutti i latitanti, è il risultato della collaborazione tra vari uomini della polizia giudiziaria e della magistratura, in un periodo non meno lungo di 4 anni (Provenzano era ricercato da quarantatrè stagioni).
Seguono le manette al polso, i flash dei fotografi e il carcere duro. Poi, dal nulla, arriva il ministro di turno e si prende il merito. Le varie Santanché e Mussolini, e i vari Lupi, tutti dietro, applaudono, e in televisione si esaltano, strillano, e si attribuiscono il merito dei successi altrui. Ecco dunque la Divisione dei Poteri costituzionale secondo il partito azienda degli yes man, punto per punto: “a) quando la magistratura acciuffa i mafiosi è sempre una buona magistratura; b) quando lo stesso organo giudiziario chiede l’arresto dei politici collusi, è un organo inquisitore e deviato, dunque una cattiva magistratura. c) Delegittimare la magistratura è un dovere politico. d) In nessun caso la magistratura potrà difendersi dalle delegittimazioni del governo, altrimenti è ragionevole considerarla una lobby comunista. e) Frasi come “i giudici sono antropologicamente diversi dalla razza umana”, e come “all’interno della magistratura c’è un’associazione a delinquere”, sono universalmente accettabili, e non possono essere considerate delegittimazioni. f) Di contro, concetti come “Resistere, resistere, resistere” sono un attacco sfrontato alla Divisione dei Poteri e alla politica.
L’ultimo articolo, ma non per importanza, sarà il seguente ordine costituzionale:
g) i loro meriti sono i nostri meriti.
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Commenti
VIOLENZA DA PARTE DEL PERSONALE DELLA SCUOLA CRIMINALE
SALUTI DA ISCHIA ISOLA NAPOLI
ONORE invece a Nicola Gratteri, non credo ci sia altro da aggiungere.